Dal punto di vista storico, il manifestarsi di un’evidente specificità disciplinare sul tema dei giovani si può far risalire, in Italia, al secondo dopoguerra, con alcuni contributi che, andando oltre la tradizionale relazione individuata tra problemi della scuola ed esigenze giovanili di tipo studentesco (già da tempo oggetto di riflessione accademica ed istituzionale), cominciavano ad affrontare il tema rapportandolo alle potenzialità innovatrici o addirittura rivoluzionarie dei movimenti giovanili, nonché alle modificazioni dei rapporti intergenerazionali e delle aspettative socio-economiche nel pieno della maturità della società industriale. Da allora lo studio della condizione giovanile ha accumulato numerosi contributi di taglio sia teorico-concettuale sia empirico. La processualità, da un lato, e la non ancora raggiunta univocità, dall’altro, dei criteri definitori relativi all’ampiezza dell’intervallo temporale più adatto a definire i ‘giovani’, poggia tuttavia sulla raggiunta e condivisa acquisizione di un’effettiva e sostanziale differenza tra diverse popolazioni presenti nello stesso tempo in una società. In altre parole, a partire dal secondo dopoguerra, all’interno delle società occidentali si è preso atto definitivamente - tematizzandolo come aspetto non riducibile ad altri - di un ulteriore livello distintivo tra diversi gruppi sociali: quello basato, in termini sociologici, sull’età e sull’appartenenza generazionale. Se, dunque, sin dai tempi delle formazioni sociali antiche e pre-moderne era evidente che i giovani mostravano diritti e doveri specifici rispetto agli adulti ed agli anziani e se, peraltro, in tempi più recenti si è riconosciuto che i giovani di una determinata epoca esprimono caratteristiche, aspettative, valori e comportamenti diversi da quelli dei giovani di un’epoca precedente e successiva, le scienze sociali hanno ormai provveduto ad affermare la piena legittimità di una lettura differenziata delle generazioni che ‘abitano’ contemporaneamente uno stesso periodo storico. In questi termini appare possibile e sufficientemente giustificato parlare della presenza di un’autonoma e specifica cultura giovanile, più o meno accentuata a seconda delle chiavi di lettura adottate e delle tematiche affrontate. Certamente tale cultura si caratterizza per la sua ambivalenza di fondo, nonché per l’esistenza di molteplici volti della condizione giovanile, tanto da consigliare cautela nel trattarla come entità riconoscibile e compatta. Il contributo effettua una ricognizione delle principali posizioni emerse da indagini empiriche e riflessioni sociologiche sulla condizione giovanile dagli anni Cinquanta ad oggi.
A. Martelli (2006). Prologo. Uno sguardo sociologico sui giovani in Italia. MILANO : FrancoAngeli.
Prologo. Uno sguardo sociologico sui giovani in Italia
MARTELLI, ALESSANDRO
2006
Abstract
Dal punto di vista storico, il manifestarsi di un’evidente specificità disciplinare sul tema dei giovani si può far risalire, in Italia, al secondo dopoguerra, con alcuni contributi che, andando oltre la tradizionale relazione individuata tra problemi della scuola ed esigenze giovanili di tipo studentesco (già da tempo oggetto di riflessione accademica ed istituzionale), cominciavano ad affrontare il tema rapportandolo alle potenzialità innovatrici o addirittura rivoluzionarie dei movimenti giovanili, nonché alle modificazioni dei rapporti intergenerazionali e delle aspettative socio-economiche nel pieno della maturità della società industriale. Da allora lo studio della condizione giovanile ha accumulato numerosi contributi di taglio sia teorico-concettuale sia empirico. La processualità, da un lato, e la non ancora raggiunta univocità, dall’altro, dei criteri definitori relativi all’ampiezza dell’intervallo temporale più adatto a definire i ‘giovani’, poggia tuttavia sulla raggiunta e condivisa acquisizione di un’effettiva e sostanziale differenza tra diverse popolazioni presenti nello stesso tempo in una società. In altre parole, a partire dal secondo dopoguerra, all’interno delle società occidentali si è preso atto definitivamente - tematizzandolo come aspetto non riducibile ad altri - di un ulteriore livello distintivo tra diversi gruppi sociali: quello basato, in termini sociologici, sull’età e sull’appartenenza generazionale. Se, dunque, sin dai tempi delle formazioni sociali antiche e pre-moderne era evidente che i giovani mostravano diritti e doveri specifici rispetto agli adulti ed agli anziani e se, peraltro, in tempi più recenti si è riconosciuto che i giovani di una determinata epoca esprimono caratteristiche, aspettative, valori e comportamenti diversi da quelli dei giovani di un’epoca precedente e successiva, le scienze sociali hanno ormai provveduto ad affermare la piena legittimità di una lettura differenziata delle generazioni che ‘abitano’ contemporaneamente uno stesso periodo storico. In questi termini appare possibile e sufficientemente giustificato parlare della presenza di un’autonoma e specifica cultura giovanile, più o meno accentuata a seconda delle chiavi di lettura adottate e delle tematiche affrontate. Certamente tale cultura si caratterizza per la sua ambivalenza di fondo, nonché per l’esistenza di molteplici volti della condizione giovanile, tanto da consigliare cautela nel trattarla come entità riconoscibile e compatta. Il contributo effettua una ricognizione delle principali posizioni emerse da indagini empiriche e riflessioni sociologiche sulla condizione giovanile dagli anni Cinquanta ad oggi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.