Nei primi anni Ottanta, appena insignito del Nobel, Czesław Miłosz fu chiamato a Harvard a presentare, in sei lezioni, le sue idee sulla poesia presso la Charles E. Norton Chair of Poetry. Tra le funzioni ad essa proprie, Miłosz decise di esporre nelle sue Norton Lectures quella per lui più importante: non quella estetica, e neppure quella etica, ma quella conoscitiva, la capacità, cioè, di offrire dati - una testimonianza - sulla condizione antropologica dell’epoca in cui è stata scritta. “I posteri – affermava Miłosz - ci leggeranno nel tentativo di comprendere che cosa è stato il Novecento”. Tutti i grandi temi dell’opera di questo grande testimone del Novecento trovano qui una formulazione metapoetica, discorsiva, fornendoci al contempo una chiave originale per capire l’epoca in cui il nostro oggi affonda le sue radici. La peculiarità di questo testo è che esso esiste in due versioni d’autore, scritte e pubblicate in due lingue diverse. La versione inglese è infatti una “autotraduzione” della versione polacca, il che rende problematico applicare al testo la semplice categorizzazione binaria “originale-traduzione” con tutto ciò che essa implica. L’articolo analizza dunque la dialettica tra identità e alterità che caratterizza le due versioni, soffermandosi in particolare su quel sovrappiù che, solo, è proprio dell’autotraduzione, quella differenza che, invisibile e taciuta sotto l’apparenza della “copia perfetta” qual è una versione d’autore nell’immaginario comune, deriva invece proprio dalla dimensione autoriale del processo traduttivo. Nel corso del processo traduttivo lo status autoriale dell’operazione rende infatti possibile e legittima una riattivazione del processo creativo, che può alternarsi - in maniera più o meno frequente e cospicua - con quello normalmente ri-creativo specifico del tradurre. L’analisi comparativa condotta sulle due versioni permette di osservare un vasto campionario di modifiche - aggiunte, tagli, inversioni, sostituzioni - riconducibili all’arbitrio dell’autore. L’articolo si concentra sui due macrogruppi di interventi più interessanti, che riguardano le strategie testuali relative all’autore implicito e al lettore implicito. Miłosz in sostanza si presenta in modo un po’ diverso al lettore americano e al lettore polacco, e, al tempo stesso, nelle sue argomentazioni adatta la dimensione della “inventio” allo specifico destinatario. Tra gli interventi emersi dall’analisi non si registrano, rispetto alle strategie testuali generali, cambiamenti sostanziali, tali da indurre a parlare di due testi diversi, ma piuttosto aggiustamenti, sia pure consistenti per numero e dimensioni, finalizzati alla precisazione delle coordinate spazio-temporali della cultura dell’autore, all’accentuazione della valenza rappresentativa delle sue vedute, all’attenuazione dell’elemento soggettivo, all’adattamento del discorso all’orizzonte ricettivo del destinatario, al miglioramento di aspetti strutturali, redazionali e stilistici. Tutto ciò induce a concludere che non siamo di fronte a una semplice traduzione, e neppure a due testi diversi, bensì a due varianti – alloglotte – di un unico testo bilingue.
Andrea, C. (2014). Tekst dwujęzyczny i jego różnice: Świadectwo poezji alias The Witness of Poetry. Krakow : Wydawnictwo Uniwersytetu Jagiellonskiego.
Tekst dwujęzyczny i jego różnice: Świadectwo poezji alias The Witness of Poetry
CECCHERELLI, ANDREA
2014
Abstract
Nei primi anni Ottanta, appena insignito del Nobel, Czesław Miłosz fu chiamato a Harvard a presentare, in sei lezioni, le sue idee sulla poesia presso la Charles E. Norton Chair of Poetry. Tra le funzioni ad essa proprie, Miłosz decise di esporre nelle sue Norton Lectures quella per lui più importante: non quella estetica, e neppure quella etica, ma quella conoscitiva, la capacità, cioè, di offrire dati - una testimonianza - sulla condizione antropologica dell’epoca in cui è stata scritta. “I posteri – affermava Miłosz - ci leggeranno nel tentativo di comprendere che cosa è stato il Novecento”. Tutti i grandi temi dell’opera di questo grande testimone del Novecento trovano qui una formulazione metapoetica, discorsiva, fornendoci al contempo una chiave originale per capire l’epoca in cui il nostro oggi affonda le sue radici. La peculiarità di questo testo è che esso esiste in due versioni d’autore, scritte e pubblicate in due lingue diverse. La versione inglese è infatti una “autotraduzione” della versione polacca, il che rende problematico applicare al testo la semplice categorizzazione binaria “originale-traduzione” con tutto ciò che essa implica. L’articolo analizza dunque la dialettica tra identità e alterità che caratterizza le due versioni, soffermandosi in particolare su quel sovrappiù che, solo, è proprio dell’autotraduzione, quella differenza che, invisibile e taciuta sotto l’apparenza della “copia perfetta” qual è una versione d’autore nell’immaginario comune, deriva invece proprio dalla dimensione autoriale del processo traduttivo. Nel corso del processo traduttivo lo status autoriale dell’operazione rende infatti possibile e legittima una riattivazione del processo creativo, che può alternarsi - in maniera più o meno frequente e cospicua - con quello normalmente ri-creativo specifico del tradurre. L’analisi comparativa condotta sulle due versioni permette di osservare un vasto campionario di modifiche - aggiunte, tagli, inversioni, sostituzioni - riconducibili all’arbitrio dell’autore. L’articolo si concentra sui due macrogruppi di interventi più interessanti, che riguardano le strategie testuali relative all’autore implicito e al lettore implicito. Miłosz in sostanza si presenta in modo un po’ diverso al lettore americano e al lettore polacco, e, al tempo stesso, nelle sue argomentazioni adatta la dimensione della “inventio” allo specifico destinatario. Tra gli interventi emersi dall’analisi non si registrano, rispetto alle strategie testuali generali, cambiamenti sostanziali, tali da indurre a parlare di due testi diversi, ma piuttosto aggiustamenti, sia pure consistenti per numero e dimensioni, finalizzati alla precisazione delle coordinate spazio-temporali della cultura dell’autore, all’accentuazione della valenza rappresentativa delle sue vedute, all’attenuazione dell’elemento soggettivo, all’adattamento del discorso all’orizzonte ricettivo del destinatario, al miglioramento di aspetti strutturali, redazionali e stilistici. Tutto ciò induce a concludere che non siamo di fronte a una semplice traduzione, e neppure a due testi diversi, bensì a due varianti – alloglotte – di un unico testo bilingue.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.