I farmaci analgesici oppiacei rappresentano fino ad oggi lo strumento più potente nella terapia del dolore ed esplicano la loro azione terapeutica mimando sostanze endogene, i peptidi oppioidi, ligandi naturali dei recettori oppioidi. Essi interagiscono con specifici recettori, fisiologicamente presenti a livello centrale e periferico, per modulare differenti funzioni. Accanto alla più nota funzione a carico della sensibilità nocicettiva, questo sistema è anche coinvolto nella regolazione di funzioni gastrointestinali, endocrine ed autonome, nei meccanismi di gratificazione e dipendenza, nonché nei processi di memoria ed apprendimento. Dal punto di vista terminologico, la parola oppiaceo si riferisce a tutte le sostanze naturali contenute nell’oppio e a quelle di sintesi correlate chimicamente alla morfina, capostipite degli analgesici narcotici: il termine, ora desueto, è stato sostituito genericamente da oppiacei e ancor più recentemente, ma non correttamente, da oppioidi. Infatti, secondo lo sviluppo cronologico delle conoscenze sugli analgesici di questo tipo, intorno agli anni ‘80 si fece la distinzione tra oppiacei (i farmaci esogeni) ed oppioidi (le sostanze endogene che rappresentano i naturali ligandi dei recettori per gli oppioidi); da alcuni anni la terminologia anglosassone usa indistintamente opioids per indicare i farmaci che più giustamente si dovrebbero definire opiates e quindi oppiacei. Brevemente, nel 1973 si ottennero le prime evidenze sperimentali di specifici siti di legame per gli oppiacei nel cervello;1 nel 1975 furono identificate le prime due sostanze endogene (la met- e la leu-enkefalina) capaci di legare tali siti recettoriali.2 Immediatamente dopo furono identificate due ulteriori famiglie di peptidi oppioidi: le endorfine e le dinorfine. Nel 1976 venne pubblicata la prima classificazione farmacologica dei recettori oppioidi che proponeva sostanzialmente tre tipi designati con le lettere greche: μ (mu), k (kappa) e d (delta).3 Intorno al 1982 furono clonati i geni che codificano per i tre precursori dei peptidi oppioidi4 e che delinearono con precisione che tutti i peptidi oppioidi si possono ricondurre a tre famiglie, corrispondenti ai tre precursori clonati. Negli anni 1992-93 si clonarono infine i recettori oppioidi5 6 7 e si chiarì in maniera fino ad oggi inconfutabile che solo tre sono i recettori, appunto i μ, i k e i d. Nel corso degli anni precedenti, infatti, erano stati proposti come oppioidi altri tipi recettoriali: l’epsilon, mai clonato; il sigma, successivamente clonato in due sottotipi, ma da considerarsi recettori non oppioidi. Infine, nel 1994 è stato clonato un altro recettore oppioide, inizialmente definito ORL-1 o recettore orfano, 8 per il quale fu immediatamente dopo isolato il ligando endogeno, cioè il peptide orfanina FQ o nocicettina,9 10 derivato da un precursore il cui gene fu clonato un anno più tardi.11 La nomenclatura ufficiale più recente riporta la denominazione di: MOP, DOP, KOP per indicare rispettivamente i recettori μ, d e k, e quella di NOP per il recettore del peptide nocicettina, più recentemente identificato. Indice 1. Introduzione 1 I peptidi oppiodi endogeni 2 I recettori oppioidi 5 2. Effetti degli oppiacei 11 Analgesia 12 Alterazioni dell’umore e proprietà gratificanti 13 Altri effetti centrali 13 Sistema cardiovascolare 16 Apparato gastrointestinale 16 Ureteri e vescica urinaria 17 Cute 18 Sistema immunitario 18 3. Tolleranza e dipendenza fisica 19 4. Analgesici oppiacei 21 Morfina e oppiacei strutturalmente correlati 21 Altri agonisti del recettore μ 27 Agonisti parziali e agonisti/antagonisti 30 Antagonisti oppiacei 32 Uso terapeutico degli analgesici oppiacei 33 5. Conclusioni 35 Bibliografia 37
S.Candeletti, P. Romualdi (2004). Farmacologia degli analgesici oppiacei. ROMA : Il Pensiero Scientifico Editore.
Farmacologia degli analgesici oppiacei
CANDELETTI, SANZIO;ROMUALDI, PATRIZIA
2004
Abstract
I farmaci analgesici oppiacei rappresentano fino ad oggi lo strumento più potente nella terapia del dolore ed esplicano la loro azione terapeutica mimando sostanze endogene, i peptidi oppioidi, ligandi naturali dei recettori oppioidi. Essi interagiscono con specifici recettori, fisiologicamente presenti a livello centrale e periferico, per modulare differenti funzioni. Accanto alla più nota funzione a carico della sensibilità nocicettiva, questo sistema è anche coinvolto nella regolazione di funzioni gastrointestinali, endocrine ed autonome, nei meccanismi di gratificazione e dipendenza, nonché nei processi di memoria ed apprendimento. Dal punto di vista terminologico, la parola oppiaceo si riferisce a tutte le sostanze naturali contenute nell’oppio e a quelle di sintesi correlate chimicamente alla morfina, capostipite degli analgesici narcotici: il termine, ora desueto, è stato sostituito genericamente da oppiacei e ancor più recentemente, ma non correttamente, da oppioidi. Infatti, secondo lo sviluppo cronologico delle conoscenze sugli analgesici di questo tipo, intorno agli anni ‘80 si fece la distinzione tra oppiacei (i farmaci esogeni) ed oppioidi (le sostanze endogene che rappresentano i naturali ligandi dei recettori per gli oppioidi); da alcuni anni la terminologia anglosassone usa indistintamente opioids per indicare i farmaci che più giustamente si dovrebbero definire opiates e quindi oppiacei. Brevemente, nel 1973 si ottennero le prime evidenze sperimentali di specifici siti di legame per gli oppiacei nel cervello;1 nel 1975 furono identificate le prime due sostanze endogene (la met- e la leu-enkefalina) capaci di legare tali siti recettoriali.2 Immediatamente dopo furono identificate due ulteriori famiglie di peptidi oppioidi: le endorfine e le dinorfine. Nel 1976 venne pubblicata la prima classificazione farmacologica dei recettori oppioidi che proponeva sostanzialmente tre tipi designati con le lettere greche: μ (mu), k (kappa) e d (delta).3 Intorno al 1982 furono clonati i geni che codificano per i tre precursori dei peptidi oppioidi4 e che delinearono con precisione che tutti i peptidi oppioidi si possono ricondurre a tre famiglie, corrispondenti ai tre precursori clonati. Negli anni 1992-93 si clonarono infine i recettori oppioidi5 6 7 e si chiarì in maniera fino ad oggi inconfutabile che solo tre sono i recettori, appunto i μ, i k e i d. Nel corso degli anni precedenti, infatti, erano stati proposti come oppioidi altri tipi recettoriali: l’epsilon, mai clonato; il sigma, successivamente clonato in due sottotipi, ma da considerarsi recettori non oppioidi. Infine, nel 1994 è stato clonato un altro recettore oppioide, inizialmente definito ORL-1 o recettore orfano, 8 per il quale fu immediatamente dopo isolato il ligando endogeno, cioè il peptide orfanina FQ o nocicettina,9 10 derivato da un precursore il cui gene fu clonato un anno più tardi.11 La nomenclatura ufficiale più recente riporta la denominazione di: MOP, DOP, KOP per indicare rispettivamente i recettori μ, d e k, e quella di NOP per il recettore del peptide nocicettina, più recentemente identificato. Indice 1. Introduzione 1 I peptidi oppiodi endogeni 2 I recettori oppioidi 5 2. Effetti degli oppiacei 11 Analgesia 12 Alterazioni dell’umore e proprietà gratificanti 13 Altri effetti centrali 13 Sistema cardiovascolare 16 Apparato gastrointestinale 16 Ureteri e vescica urinaria 17 Cute 18 Sistema immunitario 18 3. Tolleranza e dipendenza fisica 19 4. Analgesici oppiacei 21 Morfina e oppiacei strutturalmente correlati 21 Altri agonisti del recettore μ 27 Agonisti parziali e agonisti/antagonisti 30 Antagonisti oppiacei 32 Uso terapeutico degli analgesici oppiacei 33 5. Conclusioni 35 Bibliografia 37I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.