Nell’Alto Adriatico, le Alpi orientali e quelle dinariche non hanno mai rappresentato una barriera insormontabile al passaggio dalla pianura veneto-friulana a quelle danubiano- carpatica e balcanica; anche il sistema idrografico non ha costituito un ostacolo fra i due versanti. La povertà dei suoli carsici, d’altra parte, ha permesso uno scarso popolamento permanente o temporaneo nelle aree più favorevoli, che si sono configurate come zone di transito. Ne è derivato un relativo isolamento delle varie popolazioni qui insediate nel corso dei secoli, specialmente italiani, tedeschi e slavi, ed una loro forte frammentazione culturale. Inoltre si è conservata una grande differenza fra le zone costiere e quelle interne, specialmente dove i rilievi sono collocati immediatamente a ridosso del litorale. Nel corso della storia, inoltre, questi territori hanno vissuto una condizione di perifericità rispetto ai centri da cui dipendevano, prima Roma e Bisanzio, poi Venezia, Vienna e Budapest, infine Roma, Lubiana e Zagabria. E’ soprattutto nelle città, come Gorizia, Trieste, Fiume, nonché nei centri costieri della penisola istriana, che si possono osservare in modo più puntuale le modalità di convivenza sviluppatesi in questi territori, fra le diverse componenti etniche e linguistiche della popolazione. La marginalità geografica, si è attenuata in alcuni periodi, in particolare nei decenni fra Otto e Novecento, quando all’interno dell’Impero austro-ungarico, alcune di questi centri, specialmente Trieste, Fiume e Pola, hanno goduto di notevoli investimenti esterni per incentivare il loro sviluppo portuale e militare a servizio di territori più vasti. Contemporaneamente si sono potute esprimere al meglio le potenzialità positive della multiculturalità dei loro abitanti. Queste realtà urbane subiscono profonde trasformazioni nel momento della costruzione degli stati nazionali, in particolare a seguito delle due guerre mondiali, che portano nuovi assetti nei confini e nelle appartenenze nazionali. Mentre le vicende di Trieste sono affrontate in un apposito capitolo del volume, nei paragrafi successivi si esaminano le città di Gorizia, di Fiume e dell’Istria, per inquadrare sul lungo periodo i modi in cui hanno vissuto la loro condizione di luoghi di contatto e di confronto fra popolazioni diverse, nonché le modificazioni intervenute per effetto dei nuovi confini politici nazionali.

M.Marchi (2014). Città di frontiera nell'Alto Adriatico: Gorizia, Fiume, centri dell'Istria. Bologna : Bonomia University Pres.

Città di frontiera nell'Alto Adriatico: Gorizia, Fiume, centri dell'Istria

MARCHI, MARZIA
2014

Abstract

Nell’Alto Adriatico, le Alpi orientali e quelle dinariche non hanno mai rappresentato una barriera insormontabile al passaggio dalla pianura veneto-friulana a quelle danubiano- carpatica e balcanica; anche il sistema idrografico non ha costituito un ostacolo fra i due versanti. La povertà dei suoli carsici, d’altra parte, ha permesso uno scarso popolamento permanente o temporaneo nelle aree più favorevoli, che si sono configurate come zone di transito. Ne è derivato un relativo isolamento delle varie popolazioni qui insediate nel corso dei secoli, specialmente italiani, tedeschi e slavi, ed una loro forte frammentazione culturale. Inoltre si è conservata una grande differenza fra le zone costiere e quelle interne, specialmente dove i rilievi sono collocati immediatamente a ridosso del litorale. Nel corso della storia, inoltre, questi territori hanno vissuto una condizione di perifericità rispetto ai centri da cui dipendevano, prima Roma e Bisanzio, poi Venezia, Vienna e Budapest, infine Roma, Lubiana e Zagabria. E’ soprattutto nelle città, come Gorizia, Trieste, Fiume, nonché nei centri costieri della penisola istriana, che si possono osservare in modo più puntuale le modalità di convivenza sviluppatesi in questi territori, fra le diverse componenti etniche e linguistiche della popolazione. La marginalità geografica, si è attenuata in alcuni periodi, in particolare nei decenni fra Otto e Novecento, quando all’interno dell’Impero austro-ungarico, alcune di questi centri, specialmente Trieste, Fiume e Pola, hanno goduto di notevoli investimenti esterni per incentivare il loro sviluppo portuale e militare a servizio di territori più vasti. Contemporaneamente si sono potute esprimere al meglio le potenzialità positive della multiculturalità dei loro abitanti. Queste realtà urbane subiscono profonde trasformazioni nel momento della costruzione degli stati nazionali, in particolare a seguito delle due guerre mondiali, che portano nuovi assetti nei confini e nelle appartenenze nazionali. Mentre le vicende di Trieste sono affrontate in un apposito capitolo del volume, nei paragrafi successivi si esaminano le città di Gorizia, di Fiume e dell’Istria, per inquadrare sul lungo periodo i modi in cui hanno vissuto la loro condizione di luoghi di contatto e di confronto fra popolazioni diverse, nonché le modificazioni intervenute per effetto dei nuovi confini politici nazionali.
2014
Geografie dell'Adriatico orientale nel Novecento. Città, popolazioni, confini.
19
57
M.Marchi (2014). Città di frontiera nell'Alto Adriatico: Gorizia, Fiume, centri dell'Istria. Bologna : Bonomia University Pres.
M.Marchi
File in questo prodotto:
Eventuali allegati, non sono esposti

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/404971
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact