Dalla duplice via della ricostruzione interna alla sua opera e del raffronto su singoli aspetti con pensatori come Hans Blumenberg, Claude Lévi-Strauss, Jürgen Habermas, Helmut Schelsky o René Girard, emerge la rilevanza del plesso tematico della mimesis nel pensiero di Arnold Gehlen. Oltre al peso nella costituzione del legame sociale, in termini genetici e in termini di sostegno permanente (insieme alla relativa distinzione tra imitazione diretta e mediata), l’imitazione ha mostrato di svolgere un ruolo decisivo sia nello sviluppo infantile e nell’apprendimento (ontogenesi) sia nel processo di ominazione attraverso la raffigurazione imitativa, l’oggettivazione e il trasporsi in altro del totemismo e il sorgere delle istituzioni (filogenesi). All’imitazione fanno poi capo una serie di lemmi e snodi descrittivi o concettuali legati al comportamento raffigurativo (la scansione e la danza ritmiche e mimiche, il comportamento responsivo, la raffigurazione mimica “in vivo” e “in materia”, l’imitazione reciproca tra i membri di un gruppo e l’imitazione di qualcosa di esterno al gruppo stesso, il contagio sociale, il carattere linguistico-espressivo dell’azione ritmica stilizzata, la raffigurazione in immagine e il rito davanti all’immagine di culto, la configurazione culturale dei principi vitali, l’identificazione e la differenziazione di sé e altro, la metamorfosi che ne consegue e la rende possibile) che sconsigliano di assumere la nozione di imitazione come pura costruzione provvisoria, per quanto fondamentale, da ritenersi superata nello sviluppo della storia umana, e ne fanno una connotazione permanente, una sorta di costante antropologica nella visione gehleniana, che svolge una funzione non surrogabile nel sostegno delle “finzioni istituzionali” e delle formazioni simboliche. Tutti motivi che portano non solo a raccomandare la portata euristica del “totem” e della “caverna” gehleniani per la discussione di una gamma di problemi della teoria sociale, della filosofia politica, e della riflessione filosofica e morale tout court, che va – come pure si è visto – dal rapporto tra concetti e immagini, alle istituzioni del senso, alle forme simbolico-espressive della raffigurazione e della ritualità nella sfera pubblica, alle ragioni della potenza dell’impotenza, fino alla concezione dell’uomo e dei rapporti tra natura e storia, ma anche, richiamando infine l’angolo visuale più specifico che ha orientato l’intera esposizione, alla ridefinizione del campo di interesse per la mimesis.
A. Borsari (2005). Totemismo e raffigurazione imitativa. Su alcuni aspetti della “teoria delle istituzioni” di Arnold Gehlen. Milano-Udine : Mimesis Edizioni.
Totemismo e raffigurazione imitativa. Su alcuni aspetti della “teoria delle istituzioni” di Arnold Gehlen
BORSARI, ANDREA
2005
Abstract
Dalla duplice via della ricostruzione interna alla sua opera e del raffronto su singoli aspetti con pensatori come Hans Blumenberg, Claude Lévi-Strauss, Jürgen Habermas, Helmut Schelsky o René Girard, emerge la rilevanza del plesso tematico della mimesis nel pensiero di Arnold Gehlen. Oltre al peso nella costituzione del legame sociale, in termini genetici e in termini di sostegno permanente (insieme alla relativa distinzione tra imitazione diretta e mediata), l’imitazione ha mostrato di svolgere un ruolo decisivo sia nello sviluppo infantile e nell’apprendimento (ontogenesi) sia nel processo di ominazione attraverso la raffigurazione imitativa, l’oggettivazione e il trasporsi in altro del totemismo e il sorgere delle istituzioni (filogenesi). All’imitazione fanno poi capo una serie di lemmi e snodi descrittivi o concettuali legati al comportamento raffigurativo (la scansione e la danza ritmiche e mimiche, il comportamento responsivo, la raffigurazione mimica “in vivo” e “in materia”, l’imitazione reciproca tra i membri di un gruppo e l’imitazione di qualcosa di esterno al gruppo stesso, il contagio sociale, il carattere linguistico-espressivo dell’azione ritmica stilizzata, la raffigurazione in immagine e il rito davanti all’immagine di culto, la configurazione culturale dei principi vitali, l’identificazione e la differenziazione di sé e altro, la metamorfosi che ne consegue e la rende possibile) che sconsigliano di assumere la nozione di imitazione come pura costruzione provvisoria, per quanto fondamentale, da ritenersi superata nello sviluppo della storia umana, e ne fanno una connotazione permanente, una sorta di costante antropologica nella visione gehleniana, che svolge una funzione non surrogabile nel sostegno delle “finzioni istituzionali” e delle formazioni simboliche. Tutti motivi che portano non solo a raccomandare la portata euristica del “totem” e della “caverna” gehleniani per la discussione di una gamma di problemi della teoria sociale, della filosofia politica, e della riflessione filosofica e morale tout court, che va – come pure si è visto – dal rapporto tra concetti e immagini, alle istituzioni del senso, alle forme simbolico-espressive della raffigurazione e della ritualità nella sfera pubblica, alle ragioni della potenza dell’impotenza, fino alla concezione dell’uomo e dei rapporti tra natura e storia, ma anche, richiamando infine l’angolo visuale più specifico che ha orientato l’intera esposizione, alla ridefinizione del campo di interesse per la mimesis.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.