L’ipotesi di fondo è che la condizione lavorativa sia stata la condizione sociale determinante per l’ampliamento della sfera dei diritti di cittadinanza, femminile in particolare, e che, soprattutto nel contesto bolognese del secondo dopoguerra, proprio la cultura del lavoro abbia costituito una delle matrici profonde tanto dell’agire politico delle donne quanto, più precisamente, delle lotte sociali da loro ingaggiate. La cultura del lavoro femminile, formatasi nel Bolognese prevalentemente nel mondo contadino (mezzadrile soprattutto), prese forma non solo grazie ad un’elevata partecipazione delle donne alla sfera produttiva. Essa si sostanziò di quella cultura e tradizione del conflitto che affondava le sue radici nella stagione di forte conflittualità sociale e nel processo di auto-organizzazione delle masse contadine e operaie di fine ’800-primo ’900 e che, in Emilia-Romagna, non rimase sopita dopo il biennio rosso, come dimostrano alcuni studi sulle lotte condotte da donne bolognesi delle campagne in pieno regime fascista. L’incessante e sempre più imponente travaso di manodopera dall’agricoltura all’industria, nel secondo dopoguerra, contribuì a trasmettere tale cultura del lavoro femminile ad altri contesti, prevalentemente urbani ed operai, nei quali venne rielaborata. E questa stessa cultura del lavoro femminile portò le donne bolognesi a rivendicare pubblicamente e ripetutamente il lavoro non solo come mezzo di sostentamento, secondo la visione tardo ottocentesca-primo novecentesca di matrice cattolico-paternalista, bensì come diritto in quanto tale e strumento per la stessa emancipazione dalla condizione di sudditanza sociale.

Donne e diritti del lavoro tra ricostruzione e anni '50. L'esperienza bolognese

BETTI, ELOISA
2011

Abstract

L’ipotesi di fondo è che la condizione lavorativa sia stata la condizione sociale determinante per l’ampliamento della sfera dei diritti di cittadinanza, femminile in particolare, e che, soprattutto nel contesto bolognese del secondo dopoguerra, proprio la cultura del lavoro abbia costituito una delle matrici profonde tanto dell’agire politico delle donne quanto, più precisamente, delle lotte sociali da loro ingaggiate. La cultura del lavoro femminile, formatasi nel Bolognese prevalentemente nel mondo contadino (mezzadrile soprattutto), prese forma non solo grazie ad un’elevata partecipazione delle donne alla sfera produttiva. Essa si sostanziò di quella cultura e tradizione del conflitto che affondava le sue radici nella stagione di forte conflittualità sociale e nel processo di auto-organizzazione delle masse contadine e operaie di fine ’800-primo ’900 e che, in Emilia-Romagna, non rimase sopita dopo il biennio rosso, come dimostrano alcuni studi sulle lotte condotte da donne bolognesi delle campagne in pieno regime fascista. L’incessante e sempre più imponente travaso di manodopera dall’agricoltura all’industria, nel secondo dopoguerra, contribuì a trasmettere tale cultura del lavoro femminile ad altri contesti, prevalentemente urbani ed operai, nei quali venne rielaborata. E questa stessa cultura del lavoro femminile portò le donne bolognesi a rivendicare pubblicamente e ripetutamente il lavoro non solo come mezzo di sostentamento, secondo la visione tardo ottocentesca-primo novecentesca di matrice cattolico-paternalista, bensì come diritto in quanto tale e strumento per la stessa emancipazione dalla condizione di sudditanza sociale.
2011
Luoghi d'Europa. Spazio, genere, memoria
92
105
Eloisa Betti
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