I principati romeni di Moldavia e Valacchia rappresentano un importante tassello della storia letteraria slavo-ecclesiastica. Che essi abbiano condiviso per secoli la liturgia e la lingua letteraria delle popolazioni slave ortodosse è un fatto ben noto, ma l’effettivo apporto che queste formazioni politiche tardo-medievali diedero alla civiltà letteraria slavo-ecclesiastica è spesso sottostimato, se non addirittura misconosciuto: situate al crocevia tra l’Europa occidentale e settentrionale e i principali porti del Mar Nero (e le rotte commerciali che da lì dipartivano per l’Oriente), queste terre rappresentavano una tappa obbligata per profughi o viaggiatori, in particolare per i patriarchi e i presuli ortodossi diretti verso la Rutenia e la Moscovia. Il presente articolo analizza uno tra i più raffinati prodotti degli scriptoria moldavi, ovvero il Vangelo di Elisavetgrad, un tetraevangelo riccamente miniato che in genere viene ricondotto allo scriptorium di Atanasie Crimca, il vescovo destinato a passare alla storia come “l’ultimo animatore delle lettere slave in Moldavia” , negli anni che precedettero la stampa e la diffusione di opere in volgare. Il testo del Vangelo di Elisavetgrad viene studiato utilizzando il corpus di 467 nodi testuali elaborato per il testo greco dei vangeli presso l’Institut für neutestamentliche Forschung di Münster e finalizzato alla scelta dei testimoni per l’apparato dell’Editio Critica Maior del Nuovo Testamento. Dall’analisi emerge anzitutto come il Vangelo di Elisavetgrad contenga un ‘testo atonita’ ancora in via di formazione, meno stabile di quello che – di norma – si può leggere nei codici risalenti alla fine del secolo XVI o all’inizio del XVII. Questo dato può indicare che la datazione comunemente accettata per questo manoscritto (l’anno 1600 circa) sia in effetti troppo recente, e che siano invece nel giusto quegli studiosi, come Pokrovskij e Turdeanu, che la anticipano di un secolo e oltre. Inoltre, quando il Vangelo di Elisavetgrad si discosta in modo più marcato dalla tradizione atonita, il suo testo mostra interessanti punti di contatto con il Nuovo Testamento Čudovskij e con la tradizione glagolitica croata. Per esigue che siano, queste varianti sembrano riflettere le due grandi direttrici sulle quali transitava la cultura moldava nei secoli XIV-XVII, oltre a quella prioritaria, che collegava il principato all’Athos e ai monasteri bulgari; come abbiamo visto, queste due direttrici conducevano da un lato in Rutenia e Moscovia – grazie agli imparentamenti dinastici e alla comunanza di interessi politici –, ma dall’altro portavano fin nell’Occidente latino – per il tramite polacco o più direttamente per l’attività delle diocesi cattoliche della regione; proprio quest’ampiezza ed eterogeneità nei contatti, unite a un’apertura al dialogo rara per quei tempi, fecero della Moldavia bassomedievale il paese ortodosso dalla cultura più ‘internazionale’, e al tempo stesso ne consolidarono l’insostituibile ruolo di ‘cerniera’ tra i Balcani e l’emergente potenza moscovita.
Alberto Alberti (2013). Gli scriptoria moldavi e la tradizione medio-bulgara. Il caso del Vangelo di Elisavetgrad. Firenze : Firenze Univerity Press.
Gli scriptoria moldavi e la tradizione medio-bulgara. Il caso del Vangelo di Elisavetgrad
ALBERTI, ALBERTO
2013
Abstract
I principati romeni di Moldavia e Valacchia rappresentano un importante tassello della storia letteraria slavo-ecclesiastica. Che essi abbiano condiviso per secoli la liturgia e la lingua letteraria delle popolazioni slave ortodosse è un fatto ben noto, ma l’effettivo apporto che queste formazioni politiche tardo-medievali diedero alla civiltà letteraria slavo-ecclesiastica è spesso sottostimato, se non addirittura misconosciuto: situate al crocevia tra l’Europa occidentale e settentrionale e i principali porti del Mar Nero (e le rotte commerciali che da lì dipartivano per l’Oriente), queste terre rappresentavano una tappa obbligata per profughi o viaggiatori, in particolare per i patriarchi e i presuli ortodossi diretti verso la Rutenia e la Moscovia. Il presente articolo analizza uno tra i più raffinati prodotti degli scriptoria moldavi, ovvero il Vangelo di Elisavetgrad, un tetraevangelo riccamente miniato che in genere viene ricondotto allo scriptorium di Atanasie Crimca, il vescovo destinato a passare alla storia come “l’ultimo animatore delle lettere slave in Moldavia” , negli anni che precedettero la stampa e la diffusione di opere in volgare. Il testo del Vangelo di Elisavetgrad viene studiato utilizzando il corpus di 467 nodi testuali elaborato per il testo greco dei vangeli presso l’Institut für neutestamentliche Forschung di Münster e finalizzato alla scelta dei testimoni per l’apparato dell’Editio Critica Maior del Nuovo Testamento. Dall’analisi emerge anzitutto come il Vangelo di Elisavetgrad contenga un ‘testo atonita’ ancora in via di formazione, meno stabile di quello che – di norma – si può leggere nei codici risalenti alla fine del secolo XVI o all’inizio del XVII. Questo dato può indicare che la datazione comunemente accettata per questo manoscritto (l’anno 1600 circa) sia in effetti troppo recente, e che siano invece nel giusto quegli studiosi, come Pokrovskij e Turdeanu, che la anticipano di un secolo e oltre. Inoltre, quando il Vangelo di Elisavetgrad si discosta in modo più marcato dalla tradizione atonita, il suo testo mostra interessanti punti di contatto con il Nuovo Testamento Čudovskij e con la tradizione glagolitica croata. Per esigue che siano, queste varianti sembrano riflettere le due grandi direttrici sulle quali transitava la cultura moldava nei secoli XIV-XVII, oltre a quella prioritaria, che collegava il principato all’Athos e ai monasteri bulgari; come abbiamo visto, queste due direttrici conducevano da un lato in Rutenia e Moscovia – grazie agli imparentamenti dinastici e alla comunanza di interessi politici –, ma dall’altro portavano fin nell’Occidente latino – per il tramite polacco o più direttamente per l’attività delle diocesi cattoliche della regione; proprio quest’ampiezza ed eterogeneità nei contatti, unite a un’apertura al dialogo rara per quei tempi, fecero della Moldavia bassomedievale il paese ortodosso dalla cultura più ‘internazionale’, e al tempo stesso ne consolidarono l’insostituibile ruolo di ‘cerniera’ tra i Balcani e l’emergente potenza moscovita.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.