La supremazia della famiglia Medici a Firenze inizia da Cosimo ‘il Vecchio’, che governa la città nel trentennio 1434-64, e tocca un apice assoluto sotto Lorenzo ‘il Magnifico’ (1469-92). La politica del Magnifico fu dura e repressiva, ma l’immagine sapientemente costruita dal suo entourage di intellettuali rimandava invece a quella del governo saggio, munifico e pacificatore. Gli undici canti carnascialeschi scritti da Lorenzo si inquadrano nel suo preciso disegno politico, che tendeva a emarginare le casate fiorentine più in vista e a favorire, invece, una solida alleanza col ceto medio cittadino. L’ampio utilizzo del doppio senso osceno, rintracciabile nelle continue e sottese metafore a sfondo sessuale, è sempre sapientemente scaltro e raffinato. Agevolato dalle azioni manuali descritte nei canti carnascialeschi dei mestieri, il double entendre diventa il fulcro letterario di questi poemetti laurenziani, funzionali al fine perseguito dal Magnifico: guadagnare al suo casato, che non vantava nobiltà d’origine, la solidale complicità dei borghesi fiorentini.
“Cuoce un poco: pazienza!”: canti carnascialeschi nella Firenze di Lorenzo il Magnifico
FILOCAMO, GIOIA
2013
Abstract
La supremazia della famiglia Medici a Firenze inizia da Cosimo ‘il Vecchio’, che governa la città nel trentennio 1434-64, e tocca un apice assoluto sotto Lorenzo ‘il Magnifico’ (1469-92). La politica del Magnifico fu dura e repressiva, ma l’immagine sapientemente costruita dal suo entourage di intellettuali rimandava invece a quella del governo saggio, munifico e pacificatore. Gli undici canti carnascialeschi scritti da Lorenzo si inquadrano nel suo preciso disegno politico, che tendeva a emarginare le casate fiorentine più in vista e a favorire, invece, una solida alleanza col ceto medio cittadino. L’ampio utilizzo del doppio senso osceno, rintracciabile nelle continue e sottese metafore a sfondo sessuale, è sempre sapientemente scaltro e raffinato. Agevolato dalle azioni manuali descritte nei canti carnascialeschi dei mestieri, il double entendre diventa il fulcro letterario di questi poemetti laurenziani, funzionali al fine perseguito dal Magnifico: guadagnare al suo casato, che non vantava nobiltà d’origine, la solidale complicità dei borghesi fiorentini.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.