Il complesso archeologico di Kafir Kala (dall’arabo “fortezza degli infedeli”) è uno dei monumenti storico-archeologici più importanti della regione di Samarcanda. Si tratta di un complesso interamente costruito in argilla cruda che si estende per oltre 20 ha sulla sponda sinistra del Dargom, 11,5 km a sud-est di Afrasiab, in una posizione strategica per raggiungere Samarcanda provenendo da sud e ben difesa naturalmente da diversi corsi d’acqua. L’insediamento di Kafir Kala risulta articolato in diverse parti: al centro si trova la cittadella, circondata da un fossato che la separa dal quartiere residenziale (shahristan); nel fossato vi sono i resti di sei torrette costruite a difesa della cittadella; ad ovest, un secondo fossato separa lo shahristan da quello che viene comunemente considerato il rabat, ovvero la sede delle truppe militari predisposte al controllo dell’insediamento. A sud del complesso, all’esterno delle mura, si trovava una grande necropoli mentre ad est, oltre l’Ilonsai, vi era un importante quartiere artigianale con numerose fornaci per la produzione ceramica. Purtroppo, sia la necropoli che le fornaci sono state ampiamente sbancate nei decenni scorsi durante la conversione agricola di quest’area. Il sito è stato oggetto di molteplici ricerche dagli inizi del XX secolo ma i primi scavi sistematici risalgono agli inizi degli anni ’90 per opera dell’Istituto di Archeologia dell’Accademia delle Scienze dell’Uzbekistan. Le indagini, concentrate nel torrione dell’angolo nord-ovest, portarono alla luce strutture architettoniche e reperti di eccezionale valore, come calzari in pelle, stoviglie e posate in legno, frammenti di ceramica e di stucchi decorati. Con l’inizio del Progetto Archeologico Italo-Uzbeko nel 2001, gli scavi furono ampliati allo scopo di aprire in maniera estensiva la sommità della cittadella e, attraverso una serie di saggi stratigrafici mirati, comprendere meglio la morfologia del sito ed il rapporto tra questo e il Dargom. I sondaggi hanno permesso di stabilire che l’intero complesso sorge su un rilievo naturale, appositamente livellato per consentire la costruzione in elevato di case ed edifici, oppure scavato per creare i fossati e per reperire la materia prima (argilla) necessaria per la realizzazione di mattoni crudi e di blocchi di argilla, messi poi in opera secondo la consueta tecnica costruttiva del pakhsa, tuttora ampiamente utilizzata nelle zone rurali dell’Asia Centrale. Gli scavi sulla cittadella hanno portato, nell’area antistante l’arco d’ingresso, all’eccezionale rinvenimento di oltre 500 cretule, impronte di sigilli su piccoli ritagli di argilla cruda utilizzate per marcare documenti amministrativi, corrispondenze private. Le cretule erano sparse su un pavimento in battuto, databile dai frammenti ceramici al VII secolo d.C., coperto da uno spesso strato di travi lignee bruciate, cenere e carboni, interpretabile come il risultato di un evento traumatico, forse un incendio avvenuto durante la conquista araba di Samarcanda nel 712 d.C. Sullo stesso pavimento sono state scoperte anche le numerose basi di colonna, di forma quadrangolare e alcune con ancora i frammenti carbonizzati di legno in situ, che indicano la presenza di un porticato che formava una coorte centrale interna. La presenza di un numero così cospicuo di cretule, diverse tra loro per cronologia e raffigurazioni stilistiche, indicano la presenza di un importante archivio amministrativo, e di conseguenza un ruolo di primo piano di Kafir Kala nel panorama politico-sociale della Samarcanda altomedievale, da mettere in relazione sia con il controllo delle rotte locali della Via della Seta lungo l’asse sud-nord, sia allo sfruttamento agricolo del comparto meridionale dell’oasi di Samarcanda ampiamente irrigato dal Dargom. Le indagini condotte negli anni seguenti hanno permesso di identificare una successiva fase di occupazione, databile all’epoca islamica (VIII-X secolo d.C), caratterizzata dal reimpiego delle strutture murarie principali, come il corridoio occidentale e gli ambienti a nord, e la ripartizione degli ambienti precedenti in spazi di dimensioni minori. Nonostante la presenza di un tesoretto di 133 monete proveniente dall’Ambiente 2, per lo più dirhams in argento coniati alla fine dell’VIII secolo d.C., l’architettura approssimativa delle murature e la presenza di numerose strutture da fuoco impiegate per attività domestiche indicano che, in questo periodo, il sito viene occupato prevalentemente per scopi residenziali e non più amministrativi.
MANTELLINI S. (2011). Impronte di sigillo: le cretule di Kafir Kala (Sogdiana). Milano : Electa.
Impronte di sigillo: le cretule di Kafir Kala (Sogdiana)
MANTELLINI, SIMONE
2011
Abstract
Il complesso archeologico di Kafir Kala (dall’arabo “fortezza degli infedeli”) è uno dei monumenti storico-archeologici più importanti della regione di Samarcanda. Si tratta di un complesso interamente costruito in argilla cruda che si estende per oltre 20 ha sulla sponda sinistra del Dargom, 11,5 km a sud-est di Afrasiab, in una posizione strategica per raggiungere Samarcanda provenendo da sud e ben difesa naturalmente da diversi corsi d’acqua. L’insediamento di Kafir Kala risulta articolato in diverse parti: al centro si trova la cittadella, circondata da un fossato che la separa dal quartiere residenziale (shahristan); nel fossato vi sono i resti di sei torrette costruite a difesa della cittadella; ad ovest, un secondo fossato separa lo shahristan da quello che viene comunemente considerato il rabat, ovvero la sede delle truppe militari predisposte al controllo dell’insediamento. A sud del complesso, all’esterno delle mura, si trovava una grande necropoli mentre ad est, oltre l’Ilonsai, vi era un importante quartiere artigianale con numerose fornaci per la produzione ceramica. Purtroppo, sia la necropoli che le fornaci sono state ampiamente sbancate nei decenni scorsi durante la conversione agricola di quest’area. Il sito è stato oggetto di molteplici ricerche dagli inizi del XX secolo ma i primi scavi sistematici risalgono agli inizi degli anni ’90 per opera dell’Istituto di Archeologia dell’Accademia delle Scienze dell’Uzbekistan. Le indagini, concentrate nel torrione dell’angolo nord-ovest, portarono alla luce strutture architettoniche e reperti di eccezionale valore, come calzari in pelle, stoviglie e posate in legno, frammenti di ceramica e di stucchi decorati. Con l’inizio del Progetto Archeologico Italo-Uzbeko nel 2001, gli scavi furono ampliati allo scopo di aprire in maniera estensiva la sommità della cittadella e, attraverso una serie di saggi stratigrafici mirati, comprendere meglio la morfologia del sito ed il rapporto tra questo e il Dargom. I sondaggi hanno permesso di stabilire che l’intero complesso sorge su un rilievo naturale, appositamente livellato per consentire la costruzione in elevato di case ed edifici, oppure scavato per creare i fossati e per reperire la materia prima (argilla) necessaria per la realizzazione di mattoni crudi e di blocchi di argilla, messi poi in opera secondo la consueta tecnica costruttiva del pakhsa, tuttora ampiamente utilizzata nelle zone rurali dell’Asia Centrale. Gli scavi sulla cittadella hanno portato, nell’area antistante l’arco d’ingresso, all’eccezionale rinvenimento di oltre 500 cretule, impronte di sigilli su piccoli ritagli di argilla cruda utilizzate per marcare documenti amministrativi, corrispondenze private. Le cretule erano sparse su un pavimento in battuto, databile dai frammenti ceramici al VII secolo d.C., coperto da uno spesso strato di travi lignee bruciate, cenere e carboni, interpretabile come il risultato di un evento traumatico, forse un incendio avvenuto durante la conquista araba di Samarcanda nel 712 d.C. Sullo stesso pavimento sono state scoperte anche le numerose basi di colonna, di forma quadrangolare e alcune con ancora i frammenti carbonizzati di legno in situ, che indicano la presenza di un porticato che formava una coorte centrale interna. La presenza di un numero così cospicuo di cretule, diverse tra loro per cronologia e raffigurazioni stilistiche, indicano la presenza di un importante archivio amministrativo, e di conseguenza un ruolo di primo piano di Kafir Kala nel panorama politico-sociale della Samarcanda altomedievale, da mettere in relazione sia con il controllo delle rotte locali della Via della Seta lungo l’asse sud-nord, sia allo sfruttamento agricolo del comparto meridionale dell’oasi di Samarcanda ampiamente irrigato dal Dargom. Le indagini condotte negli anni seguenti hanno permesso di identificare una successiva fase di occupazione, databile all’epoca islamica (VIII-X secolo d.C), caratterizzata dal reimpiego delle strutture murarie principali, come il corridoio occidentale e gli ambienti a nord, e la ripartizione degli ambienti precedenti in spazi di dimensioni minori. Nonostante la presenza di un tesoretto di 133 monete proveniente dall’Ambiente 2, per lo più dirhams in argento coniati alla fine dell’VIII secolo d.C., l’architettura approssimativa delle murature e la presenza di numerose strutture da fuoco impiegate per attività domestiche indicano che, in questo periodo, il sito viene occupato prevalentemente per scopi residenziali e non più amministrativi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.