La parte monografica del numero 100 della rivista "Sociologia urbana e rurale" (classificata in Fascia A e caratterizzata da una procedura di doppio referaggio cieco) è dedicata al turismo urbano ed alla sua ambivalenza. Essa sembra infatti attraversare da sempre le innumerevoli forme di questo turismo, come peraltro emerge dai tre articoli presentati, pur riferendosi a prodotti molto diversi tra loro. Il turismo urbano emerge quindi nei suoi aspetti di opportunità ed in quelli di rischio. Sembra un’ambivalenza da cui non si può uscire, ma tra la tesi-opportunità e l’antitesi-rischio c’è forse una “sintesi”, che emerge in modi diversi nei tre contributi: il ritorno all’ambiente, al territorio e soprattutto la ricerca di sostenibilità. Molti movimenti hanno preso coscienza del problema e crescono in numero ed importanza, nel campo turistico in generale e in quello urbano in particolare. Cocco e Sabatino, così come Corvo, ricordano che le città devono trovare forme di collaborazione, ma queste non possono prescindere dalla sostenibilità e dalla valorizzazione dell’ambiente naturale. La città adriatica può trovare nuovo appeal, a patto però di essere «green, smart and slow». La green city deve favorire orti urbani, farmer market, negozi di prossimità, parchi e greenways; tutte pratiche che cambiano il concetto del vivere quotidiano, che valorizzano il benessere e la qualità della vita. Lipari parla poi di una “resistenza” alla turistizzazione in alcune zone di Firenze, più differenziate nella loro offerta commerciale e immagine di un territorio che comunque non si dà per vinto, trovando anzi nuove forme e nuove espressioni. La sostenibilità, d’altra parte, ha sempre più richiamo per chi vive e visita la città. Basti pensare al cosiddetto turismo della lentezza e all’idea di vacanza che lo sottende, un’idea che “sconfina” in un vero e proprio stile di vita. Slow Food è un caso emblematico di questa tendenza e, nello specifico, l’esperienza di Cittàslow è molto significativa per i risultati nel valorizzare il territorio e creare collaborazioni a vari livelli istituzionali (De Salvo, 2011). Tutte queste tendenze, forse, rappresentano un’occasione storica per superare l’idea di turismo come mero commercio, rivalutandolo come strumento per una migliore qualità della vita per tutte le popolazioni urbane, con il valore aggiunto della varietà e della serendipity che la città offre. Senza questa attenzione al territorio e alla sostenibilità, quindi, l’impressione è che il fascino turistico sia inevitabilmente destinato a calare e che i vantaggi del settore rimangano di pochi a scapito di molti.
Manella G (2013). Ambivalenze del turismo urbano. Milano : Edizioni Franco Angeli.
Ambivalenze del turismo urbano
MANELLA, GABRIELE
2013
Abstract
La parte monografica del numero 100 della rivista "Sociologia urbana e rurale" (classificata in Fascia A e caratterizzata da una procedura di doppio referaggio cieco) è dedicata al turismo urbano ed alla sua ambivalenza. Essa sembra infatti attraversare da sempre le innumerevoli forme di questo turismo, come peraltro emerge dai tre articoli presentati, pur riferendosi a prodotti molto diversi tra loro. Il turismo urbano emerge quindi nei suoi aspetti di opportunità ed in quelli di rischio. Sembra un’ambivalenza da cui non si può uscire, ma tra la tesi-opportunità e l’antitesi-rischio c’è forse una “sintesi”, che emerge in modi diversi nei tre contributi: il ritorno all’ambiente, al territorio e soprattutto la ricerca di sostenibilità. Molti movimenti hanno preso coscienza del problema e crescono in numero ed importanza, nel campo turistico in generale e in quello urbano in particolare. Cocco e Sabatino, così come Corvo, ricordano che le città devono trovare forme di collaborazione, ma queste non possono prescindere dalla sostenibilità e dalla valorizzazione dell’ambiente naturale. La città adriatica può trovare nuovo appeal, a patto però di essere «green, smart and slow». La green city deve favorire orti urbani, farmer market, negozi di prossimità, parchi e greenways; tutte pratiche che cambiano il concetto del vivere quotidiano, che valorizzano il benessere e la qualità della vita. Lipari parla poi di una “resistenza” alla turistizzazione in alcune zone di Firenze, più differenziate nella loro offerta commerciale e immagine di un territorio che comunque non si dà per vinto, trovando anzi nuove forme e nuove espressioni. La sostenibilità, d’altra parte, ha sempre più richiamo per chi vive e visita la città. Basti pensare al cosiddetto turismo della lentezza e all’idea di vacanza che lo sottende, un’idea che “sconfina” in un vero e proprio stile di vita. Slow Food è un caso emblematico di questa tendenza e, nello specifico, l’esperienza di Cittàslow è molto significativa per i risultati nel valorizzare il territorio e creare collaborazioni a vari livelli istituzionali (De Salvo, 2011). Tutte queste tendenze, forse, rappresentano un’occasione storica per superare l’idea di turismo come mero commercio, rivalutandolo come strumento per una migliore qualità della vita per tutte le popolazioni urbane, con il valore aggiunto della varietà e della serendipity che la città offre. Senza questa attenzione al territorio e alla sostenibilità, quindi, l’impressione è che il fascino turistico sia inevitabilmente destinato a calare e che i vantaggi del settore rimangano di pochi a scapito di molti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.