Se il pensiero di Leibniz rappresenta il momento più alto di ricezione e sviluppo della monadologia antica e rinascimentale alle soglie della contemporaneità, che ne fissa i tratti fondamentali e verrà ripreso fino al Kant precritico (Monadologia Physica) lasciando traccia nei sistemi ottocenteschi che fanno variamente riferimento alla monade come elemento ultimo e indivisibile (per esempio, il microcosmo di Lotze e il materialismo di Lange), è con il passaggio tra Ottocento e Novecento che l’apparato concettuale e metaforico collegato alla monade viene mobilitato e trasposto all’ambito sociale per contribuire alla definizione dell’oggetto di ricerca della nascente sociologia. In particolare, con l’opera di Georg Simmel e, soprattutto, con l’opera di Gabriel Tarde ci troviamo di fronte alla nascita di una monadologia sociale vera e propria, che produrrà lungo l’ultimo secolo una serie di emergenze carsiche e si proporrà, da ultimo, come uno degli strumenti privilegiati per la comprensione dei fenomeni di comunicazione e conoscenza nell’età digitale e delle nuove forme di soggettivazione che al loro interno hanno luogo. Entro un tale più ampio contesto di ricerca, la prima fase della sua realizzazione si propone pertanto di circoscrivere la fase genetica della monadologia sociale, attraverso un disamina del suo ruolo all’interno del lavoro dei due pensatori scelti come riferimento principale, e di tracciare poi in breve le linee dei suoi svolgimenti ulteriori. Il percorso dell’“atomismo speculativo” simmeliano, dalla dissertazione su Das Wesen der Materie nach Kants physischer Monadologie (1881) al saggio Individualismus (1917), passa dalla constatazione che l’individualità di un essere umano non poggia su una sostanza spirituale, bensì è basata sulla differenziazione sociale, e che la sociologia, in quanto scienza di secondo grado, si occupa di atomi che non sono semplici, a una concezione secondo la quale è possibile cogliere, al di là di ogni forma di socializzazione, l’elemento individuale che vive in base a una propria “legge individuale”, una monade priva di finestre dalla cui postura discende una visione del mondo specifica in problematico raccordo con quella delle altre monadi. In modo più stringente è però Monadologie et sociologie (1895) di Tarde a segnare l’ingresso dell’apparato leibniziano nell’indagine sociale. A partire dagli assunti di base del pensiero monadologico – il mondo consiste di monadi, cioè di entità non ulteriormente analizzabili, improntate a credenza e desiderio, percezione e appercezione, che tendono perciò a realizzarsi – Tarde desume una serie di implicazioni sociali originali, in primis quella per la quale ciò che siamo portati a considerare un microfenomeno, il cervello o l’individuo umano, è in realtà composto a sua volta da una molteplicità di monadi, e, in secundis, la triplice conseguenza per la quale (1) ogni cosa è una società e la sociologia si può applicare a qualsiasi fenomeno, (2) occorre prendere le mosse non da macrostrutture o leggi sociali ma da piccole entità e dal modo in cui esse danno luogo a forme temporanee di legalità, (3) non si perviene così a una forma di psicologismo o individualismo metodologico bensì alla rinuncia all’individuo autosufficiente senza perdere per questo la percezione della sua singolarità. La persistenza dell’approccio monadologico, qui soltanto delineata, troverà spunti importanti in Theodor W. Adorno e Walter Benjamin, fino alla sua ripresa in grande stile attorno all’ultimo volgere di secolo con Gilles Deleuze, Bruno Latour, Peter Sloterdijk e Christoph Türcke.
A. Borsari (2013). Sulla genesi della monadologia sociale: Gabriel Tarde e Georg Simmel. Firenze : Firenze University Press.
Sulla genesi della monadologia sociale: Gabriel Tarde e Georg Simmel
BORSARI, ANDREA
2013
Abstract
Se il pensiero di Leibniz rappresenta il momento più alto di ricezione e sviluppo della monadologia antica e rinascimentale alle soglie della contemporaneità, che ne fissa i tratti fondamentali e verrà ripreso fino al Kant precritico (Monadologia Physica) lasciando traccia nei sistemi ottocenteschi che fanno variamente riferimento alla monade come elemento ultimo e indivisibile (per esempio, il microcosmo di Lotze e il materialismo di Lange), è con il passaggio tra Ottocento e Novecento che l’apparato concettuale e metaforico collegato alla monade viene mobilitato e trasposto all’ambito sociale per contribuire alla definizione dell’oggetto di ricerca della nascente sociologia. In particolare, con l’opera di Georg Simmel e, soprattutto, con l’opera di Gabriel Tarde ci troviamo di fronte alla nascita di una monadologia sociale vera e propria, che produrrà lungo l’ultimo secolo una serie di emergenze carsiche e si proporrà, da ultimo, come uno degli strumenti privilegiati per la comprensione dei fenomeni di comunicazione e conoscenza nell’età digitale e delle nuove forme di soggettivazione che al loro interno hanno luogo. Entro un tale più ampio contesto di ricerca, la prima fase della sua realizzazione si propone pertanto di circoscrivere la fase genetica della monadologia sociale, attraverso un disamina del suo ruolo all’interno del lavoro dei due pensatori scelti come riferimento principale, e di tracciare poi in breve le linee dei suoi svolgimenti ulteriori. Il percorso dell’“atomismo speculativo” simmeliano, dalla dissertazione su Das Wesen der Materie nach Kants physischer Monadologie (1881) al saggio Individualismus (1917), passa dalla constatazione che l’individualità di un essere umano non poggia su una sostanza spirituale, bensì è basata sulla differenziazione sociale, e che la sociologia, in quanto scienza di secondo grado, si occupa di atomi che non sono semplici, a una concezione secondo la quale è possibile cogliere, al di là di ogni forma di socializzazione, l’elemento individuale che vive in base a una propria “legge individuale”, una monade priva di finestre dalla cui postura discende una visione del mondo specifica in problematico raccordo con quella delle altre monadi. In modo più stringente è però Monadologie et sociologie (1895) di Tarde a segnare l’ingresso dell’apparato leibniziano nell’indagine sociale. A partire dagli assunti di base del pensiero monadologico – il mondo consiste di monadi, cioè di entità non ulteriormente analizzabili, improntate a credenza e desiderio, percezione e appercezione, che tendono perciò a realizzarsi – Tarde desume una serie di implicazioni sociali originali, in primis quella per la quale ciò che siamo portati a considerare un microfenomeno, il cervello o l’individuo umano, è in realtà composto a sua volta da una molteplicità di monadi, e, in secundis, la triplice conseguenza per la quale (1) ogni cosa è una società e la sociologia si può applicare a qualsiasi fenomeno, (2) occorre prendere le mosse non da macrostrutture o leggi sociali ma da piccole entità e dal modo in cui esse danno luogo a forme temporanee di legalità, (3) non si perviene così a una forma di psicologismo o individualismo metodologico bensì alla rinuncia all’individuo autosufficiente senza perdere per questo la percezione della sua singolarità. La persistenza dell’approccio monadologico, qui soltanto delineata, troverà spunti importanti in Theodor W. Adorno e Walter Benjamin, fino alla sua ripresa in grande stile attorno all’ultimo volgere di secolo con Gilles Deleuze, Bruno Latour, Peter Sloterdijk e Christoph Türcke.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


