Il progetto parte dalla constatazione che in Gallia, dopo la seconda metà del II secolo a.C. e per circa due secoli e mezzo, giunsero enormi quantità di vino italico in anfore dalle forme e dai timbri caratteristici, che permettono di seguire i percorsi di tale commercio. Una serie molto importante caratterizzata da una pasta specifica è stata assegnata alla località di Albinia, in provincia di Grosseto, alle foci dell'Albegna. L'importanza di tale località è segnalata da numerosi specialisti italiani, francesi e inglesi. Dal 2000 ho preso la direzione delle ricerche archeologiche ad Albinia e nono solo abbiamo individuato un enorme impianto produttivo di anfore, ma abbiamo anche individuato centinaia di migliaia di frammenti di anfore di scarto e di loro frammenti riutilizzati in consolildamenti o in strutture murarie. Un corpus di 511 bolli è pronto per la stampa a cura di D. Vitali, F, Laubenheimer (CNRS), e L. Benquet (INRAP). Il potenziale insito in Albinia e nei suoi ateliers mi ha dunque incitato a costruire un'equipe multidisciplinare nella quale agli archeologi si associassero i paleobotanici, i petrografi e mineralogisti, i geofisici: le università di Genova con due unità di ricerca e di Bologna con altre due unità di ricerca si sono associati in un unico PRIN che in un bilancio tirato in occasione del seminario internazionale di Ravenna della fine maggio 2006 ha mostrato che il lavoro fatto è stato eccellente e che è opportuno rilanciare la ricerca. Questa volta insistendo per avere risorse adeguate, anzichè pochi spiccioli. I risultati: 17 impianti a fornaci individuati; una sovrapposizione di fornaci che scandiscono la storia del sito; una evoluzione delle forme delle anfore nel tempo, dalle fasi iniziali dell'atelier fino alle sue fasi finali; una serie di altre produzioni complementari (vasellame domestico, terrecotte architettoniche). Un repertorio di nomi di addetti all'atelier: generalmente servi/ schiavi di provenienza greca. Un quadro delle strutture ancora sottoterra dovuto alle prospezioni dei geofisici, che permette di conoscere senza lo scavo la complessità e la natura del costruito; questo consente anche di attaccare con le ricerche in zone strategiche e non alla cieca. L'inesauribile quantità di argilla del sottosuolo dovuto anche alle alluvioni dell'Albegna fu la materia prima usata per fabbricare le anfore; i petrografi di Genova hanno incrementato l'archivio di pasta delle anfore che rappresenta ormai tutta la serie di siti produttivi costieri del medio e alto tirreno. Albinia risulta caratterizzata da paste proprie. Uno studio delle cave di pietra sfruttate per costruire i muri degli edifici dell'atelier e in generale delle altre strutture, ha permesso di localizzare le aree di provenienza del pietrame, talvolta riutilizzato o recuperato da altre costruzioni (talvolta sommerse). L'apporto dei paleobotanici ha caratterizzato la natura dei combustibili (generalmente quercia) e delle altre essenze arboree utilizzate per consolidare i terreni umidi delle aree lavorative. Una tipologia delle anfore prodotta è ora completata ed entra nel volume degli atti del seminario di Ravenna. Gli specialisti messe a punto le caratteristiche delle anfore di albinia - ancorate alla scala del tempo- seguono le rotte seguite per raggiungere i porti del sud della Gallia o ancora più ad occidente e infine i percorsi fluviali/ terrestri seguiti per raggiungere le località di consumo (uno dei principali quello del Rodano- Saona fino agli Edui di Bibracte).

Fabbricanti di anfore e produttori di vino: archeologia ed economia del vino tra l'Etruria romana e il Mondo gallico

VITALI, DANIELE
2004

Abstract

Il progetto parte dalla constatazione che in Gallia, dopo la seconda metà del II secolo a.C. e per circa due secoli e mezzo, giunsero enormi quantità di vino italico in anfore dalle forme e dai timbri caratteristici, che permettono di seguire i percorsi di tale commercio. Una serie molto importante caratterizzata da una pasta specifica è stata assegnata alla località di Albinia, in provincia di Grosseto, alle foci dell'Albegna. L'importanza di tale località è segnalata da numerosi specialisti italiani, francesi e inglesi. Dal 2000 ho preso la direzione delle ricerche archeologiche ad Albinia e nono solo abbiamo individuato un enorme impianto produttivo di anfore, ma abbiamo anche individuato centinaia di migliaia di frammenti di anfore di scarto e di loro frammenti riutilizzati in consolildamenti o in strutture murarie. Un corpus di 511 bolli è pronto per la stampa a cura di D. Vitali, F, Laubenheimer (CNRS), e L. Benquet (INRAP). Il potenziale insito in Albinia e nei suoi ateliers mi ha dunque incitato a costruire un'equipe multidisciplinare nella quale agli archeologi si associassero i paleobotanici, i petrografi e mineralogisti, i geofisici: le università di Genova con due unità di ricerca e di Bologna con altre due unità di ricerca si sono associati in un unico PRIN che in un bilancio tirato in occasione del seminario internazionale di Ravenna della fine maggio 2006 ha mostrato che il lavoro fatto è stato eccellente e che è opportuno rilanciare la ricerca. Questa volta insistendo per avere risorse adeguate, anzichè pochi spiccioli. I risultati: 17 impianti a fornaci individuati; una sovrapposizione di fornaci che scandiscono la storia del sito; una evoluzione delle forme delle anfore nel tempo, dalle fasi iniziali dell'atelier fino alle sue fasi finali; una serie di altre produzioni complementari (vasellame domestico, terrecotte architettoniche). Un repertorio di nomi di addetti all'atelier: generalmente servi/ schiavi di provenienza greca. Un quadro delle strutture ancora sottoterra dovuto alle prospezioni dei geofisici, che permette di conoscere senza lo scavo la complessità e la natura del costruito; questo consente anche di attaccare con le ricerche in zone strategiche e non alla cieca. L'inesauribile quantità di argilla del sottosuolo dovuto anche alle alluvioni dell'Albegna fu la materia prima usata per fabbricare le anfore; i petrografi di Genova hanno incrementato l'archivio di pasta delle anfore che rappresenta ormai tutta la serie di siti produttivi costieri del medio e alto tirreno. Albinia risulta caratterizzata da paste proprie. Uno studio delle cave di pietra sfruttate per costruire i muri degli edifici dell'atelier e in generale delle altre strutture, ha permesso di localizzare le aree di provenienza del pietrame, talvolta riutilizzato o recuperato da altre costruzioni (talvolta sommerse). L'apporto dei paleobotanici ha caratterizzato la natura dei combustibili (generalmente quercia) e delle altre essenze arboree utilizzate per consolidare i terreni umidi delle aree lavorative. Una tipologia delle anfore prodotta è ora completata ed entra nel volume degli atti del seminario di Ravenna. Gli specialisti messe a punto le caratteristiche delle anfore di albinia - ancorate alla scala del tempo- seguono le rotte seguite per raggiungere i porti del sud della Gallia o ancora più ad occidente e infine i percorsi fluviali/ terrestri seguiti per raggiungere le località di consumo (uno dei principali quello del Rodano- Saona fino agli Edui di Bibracte).
2004
D. Vitali
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/38366
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