La teoria imitativa, come tutte le teorie classiche sulla moda, nasce da una riflessione delle dinamiche della società borghese europea. Collegata al tema della distinzione e alla formazione del gusto, la teoria dell’imitazione, nell’interpretazione di Bourdieu, ha una valenza sociale, quale espressione di conflitti tra diverse fazioni della borghesia europea, in un arco temporale che va dalla seconda metà dell’Ottocento fino al secondo dopoguerra. Nella nostra epoca la moda, da pratica della distinzione è divenuta essenzialmente espressiva e comunicativa. Imitazione e distinzione tuttavia offrono ancora chiavi di lettura e spunti interpretativi di notevole interesse negli attuali contesti globalizzati. Come ho potuto riscontrare nel lavoro sul campo svolto nel periodo 2002-2008 in Italia e in Cina, copiare in assenza di creatività, come nell’apologo del sarto cinese di fine Ottocento, si può dire che abbia costituito il motivo ricorrente di molte interviste agli italiani che, in diverso modo e a diversi livelli, condividono con i cinesi un business nel campo del tessile/moda/abbigliamento. L’assunto può essere sintetizzato come segue: gli italiani sono naturalmente portati per lo stile e per la moda e i cinesi, al contario, non lo sono, sono soltanto dei bravi esecutori. Gli italiani sono autori e “hanno gusto”, i cinesi copiano e non hanno creatività, hanno “cattivo gusto”. Questa evidente manipolazione della realtà, perché possa essere efficace, cioè possa inserirsi in un contesto specifico che influenza i rapporti di lavoro, occorre che poggi su un’ideologia in qualche misura condivisa, benché conflittuale e in continua trasformazione. E, al di là della semplificazione, italiani creativi e cinesi esecutori, la riattualizzazione del vecchio stereotipo di stampo colonialista offre spunti interessanti per analizzare il ruolo della autorialità creativa nelle economie globalizzate e del ruolo del consumo di moda come possibile agente di cambiamento.

Stereotipi e cultura della moda

SEGRE REINACH, SIMONA MARIA
2008

Abstract

La teoria imitativa, come tutte le teorie classiche sulla moda, nasce da una riflessione delle dinamiche della società borghese europea. Collegata al tema della distinzione e alla formazione del gusto, la teoria dell’imitazione, nell’interpretazione di Bourdieu, ha una valenza sociale, quale espressione di conflitti tra diverse fazioni della borghesia europea, in un arco temporale che va dalla seconda metà dell’Ottocento fino al secondo dopoguerra. Nella nostra epoca la moda, da pratica della distinzione è divenuta essenzialmente espressiva e comunicativa. Imitazione e distinzione tuttavia offrono ancora chiavi di lettura e spunti interpretativi di notevole interesse negli attuali contesti globalizzati. Come ho potuto riscontrare nel lavoro sul campo svolto nel periodo 2002-2008 in Italia e in Cina, copiare in assenza di creatività, come nell’apologo del sarto cinese di fine Ottocento, si può dire che abbia costituito il motivo ricorrente di molte interviste agli italiani che, in diverso modo e a diversi livelli, condividono con i cinesi un business nel campo del tessile/moda/abbigliamento. L’assunto può essere sintetizzato come segue: gli italiani sono naturalmente portati per lo stile e per la moda e i cinesi, al contario, non lo sono, sono soltanto dei bravi esecutori. Gli italiani sono autori e “hanno gusto”, i cinesi copiano e non hanno creatività, hanno “cattivo gusto”. Questa evidente manipolazione della realtà, perché possa essere efficace, cioè possa inserirsi in un contesto specifico che influenza i rapporti di lavoro, occorre che poggi su un’ideologia in qualche misura condivisa, benché conflittuale e in continua trasformazione. E, al di là della semplificazione, italiani creativi e cinesi esecutori, la riattualizzazione del vecchio stereotipo di stampo colonialista offre spunti interessanti per analizzare il ruolo della autorialità creativa nelle economie globalizzate e del ruolo del consumo di moda come possibile agente di cambiamento.
2008
Visioni di moda
69
73
Segre Reinach S
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