La novità di questi ultimi anni, dunque, è che c’è una moda cinese. E’ nuova come lo è ogni moda e si rinnova nel suo rapporto con le altre mode nel mondo. Non si tratta di un inizio e nemmeno di un “ricominciare daccapo”, come spesso viene detto, riducendo il “made in China” a moda a basso costo e bassa qualità e il concetto di “styled in China”, nella migliore delle ipotesi, a curioso ossimoro. Le peculiari premesse storiche della moda cinese, tuttavia, ne contraddistinguono in modo originale il processo di riconoscimento nel sistema della moda globalizzata (Segre Reinach 2011). Mentre in Occidente, tra gli anni ’60 e ’70, la visione antiborghese della moda dava avvio alle anti-mode giovanili, presupposto per l’emergere della moderna, in Cina negli stessi anni produceva l’abolizione della moda tout court quale retaggio borghese, secondo l’ideologia della rivoluzione culturale (1967-1976). Per un decennio la cosiddetta “divisa del soldato” resta sostanzialmente l’unico abito (attire) a disposizione degli uomini delle donne cinesi. Con la ripresa degli scambi con l’occidente e con altre parti dell’Asia la Open Door Policy (1978) crea i presupposti, per una ricostruzione della moda in Cina e la creazione di una moda cinese. Questo paper intende rendere conto della disseminazione delle idee sulla moda cinese che hanno portato a tale evento nella complessità dei suoi aspetti tangibili e intangibili. Il quadro è necessariamente incompleto, ma spero che sia rappresentativo delle molte idee che hanno accompagnato e per molti aspetti anche stabilito, le direttrici e le caratteristiche identitarie della moda cinese come industria manufatturiera, e come industria culturale.

La nuova moda cinese tra arte, commercio e stato

SEGRE REINACH, SIMONA MARIA
2010

Abstract

La novità di questi ultimi anni, dunque, è che c’è una moda cinese. E’ nuova come lo è ogni moda e si rinnova nel suo rapporto con le altre mode nel mondo. Non si tratta di un inizio e nemmeno di un “ricominciare daccapo”, come spesso viene detto, riducendo il “made in China” a moda a basso costo e bassa qualità e il concetto di “styled in China”, nella migliore delle ipotesi, a curioso ossimoro. Le peculiari premesse storiche della moda cinese, tuttavia, ne contraddistinguono in modo originale il processo di riconoscimento nel sistema della moda globalizzata (Segre Reinach 2011). Mentre in Occidente, tra gli anni ’60 e ’70, la visione antiborghese della moda dava avvio alle anti-mode giovanili, presupposto per l’emergere della moderna, in Cina negli stessi anni produceva l’abolizione della moda tout court quale retaggio borghese, secondo l’ideologia della rivoluzione culturale (1967-1976). Per un decennio la cosiddetta “divisa del soldato” resta sostanzialmente l’unico abito (attire) a disposizione degli uomini delle donne cinesi. Con la ripresa degli scambi con l’occidente e con altre parti dell’Asia la Open Door Policy (1978) crea i presupposti, per una ricostruzione della moda in Cina e la creazione di una moda cinese. Questo paper intende rendere conto della disseminazione delle idee sulla moda cinese che hanno portato a tale evento nella complessità dei suoi aspetti tangibili e intangibili. Il quadro è necessariamente incompleto, ma spero che sia rappresentativo delle molte idee che hanno accompagnato e per molti aspetti anche stabilito, le direttrici e le caratteristiche identitarie della moda cinese come industria manufatturiera, e come industria culturale.
2010
Abito e Identità Vol.X
255
270
Segre Reinach S
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/382567
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