Nel capitolo precedente è stato detto come le credenze spesso diffuse nelle organizzazioni riguardo all’effetto negativo dell’età sulla performance possano essere fugati grazie agli studi che hanno mostrato come attraverso l’expertise i lavoratori senior possano mantenere un’alta qualità della prestazione, compensando l’eventuale decadimento cognitivo e fisico, ma che dire riguardo alla convinzione altrettanto diffusa che il lavoratore senior oltre ad essere poco abile sia anche un lavoratore scarsamente motivato? Anche in questo caso le ricerche in campo psicologico ci vengono in aiuto nello smentire questo pregiudizio. Il lavoratore senior non appare infatti un lavoratore scarsamente motivato bensì, potremmo dire, un lavoratore “diversamente motivato”, ovvero meno sensibile alle ricompense estrinseche e più alle gratificazioni di tipo intrinseco, in quanto queste rispondono al bisogno di generativity che riguarda il sentimento di orgoglio che le persone di età matura provano nel trasmettere il proprio bagaglio di esperienza alle giovani generazioni e nel vedere riconosciuto il valore del proprio contributo, dalla società in generale e nel contesti di lavoro nello specifico. Perché il lavoratore anziano sia dunque motivato è indispensabile che esso veda riconosciuto il suo valore, ma, lo vedremo tra poco, è altrettanto importante che esso riconosca per primo le sue capacità. Questo capitolo si centrerà dunque sul concetto di autoefficacia personale, ovvero sulle credenze nutrite dalla persona a proposito delle proprie capacità di attuare i comportamenti necessari per raggiungere determinati risultati e obiettivi, e sugli effetti che tali credenze possono avere sugli atteggiamenti e i comportamenti lavorativi del personale senior.
CHiesa R. (2014). L'autoefficacia come leva per lo sviluppo del coinvolgimento lavorativo. Milano : FRANCO ANGELI.
L'autoefficacia come leva per lo sviluppo del coinvolgimento lavorativo
CHIESA, RITA
2014
Abstract
Nel capitolo precedente è stato detto come le credenze spesso diffuse nelle organizzazioni riguardo all’effetto negativo dell’età sulla performance possano essere fugati grazie agli studi che hanno mostrato come attraverso l’expertise i lavoratori senior possano mantenere un’alta qualità della prestazione, compensando l’eventuale decadimento cognitivo e fisico, ma che dire riguardo alla convinzione altrettanto diffusa che il lavoratore senior oltre ad essere poco abile sia anche un lavoratore scarsamente motivato? Anche in questo caso le ricerche in campo psicologico ci vengono in aiuto nello smentire questo pregiudizio. Il lavoratore senior non appare infatti un lavoratore scarsamente motivato bensì, potremmo dire, un lavoratore “diversamente motivato”, ovvero meno sensibile alle ricompense estrinseche e più alle gratificazioni di tipo intrinseco, in quanto queste rispondono al bisogno di generativity che riguarda il sentimento di orgoglio che le persone di età matura provano nel trasmettere il proprio bagaglio di esperienza alle giovani generazioni e nel vedere riconosciuto il valore del proprio contributo, dalla società in generale e nel contesti di lavoro nello specifico. Perché il lavoratore anziano sia dunque motivato è indispensabile che esso veda riconosciuto il suo valore, ma, lo vedremo tra poco, è altrettanto importante che esso riconosca per primo le sue capacità. Questo capitolo si centrerà dunque sul concetto di autoefficacia personale, ovvero sulle credenze nutrite dalla persona a proposito delle proprie capacità di attuare i comportamenti necessari per raggiungere determinati risultati e obiettivi, e sugli effetti che tali credenze possono avere sugli atteggiamenti e i comportamenti lavorativi del personale senior.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.