L’idea secondo la quale la memoria non è un qualcosa di “già dato”, bensì il risultato di un processo di costruzione – un’idea condivisa da tutti gli attuali studi di scienze sociali – non è nata in seno alle discipline antropologiche, ma nell’ambito della psicologia sociale. È infatti a Maurice Halbwachs che dobbiamo l’approfondita elaborazione del concetto di “memoria collettiva”, e lo studio dei rapporti tra questa e la memoria individuale, nonché l’analisi dei processi di attivazione della memoria presso differenti gruppi sociali. Nei lavori di Halbwachs vi è però una questione irrisolta; il mancato riconoscimento del fatto che tecnologie differenti (adottate per la fissazione, la comunicazione e la trasmissione del passato) danno luogo a concezioni molto diverse dell’importanza e del senso attribuiti all’attività del ricordare. Questi temi sono stati invece al centro della riflessione antropologica, soprattutto a partire dai lavori di Jack Goody, il quale ha sottolineato la necessità di considerare le implicazioni che l’adozione di differenti mezzi di comunicazione comporta nelle culture dell’oralità e in quelle della scrittura. Tale necessità è anche al centro della riflessione dell’egittologo Jan Assmann, figura di spicco nell’ambito dell’attuale dibattito sulla memoria. Occorre interrogarsi sulla produttività del modello assmanniano qualora lo si applichi all’analisi antropologica. La distinzione tra memoria comunicativa e memoria culturale è indubbiamente utile sul piano metodologico, ma è indispensabile rammentare che i materiali su cui Assmann conduce le proprie analisi sono tratti prevalentemente da culture di tradizione scritta – in cui l’oralità rappresenta uno stadio storicamente precedente – e quindi a queste maggiormente si adattano.

Il concetto di memoria: una lettura antropologica

NATALI, CRISTIANA
2012

Abstract

L’idea secondo la quale la memoria non è un qualcosa di “già dato”, bensì il risultato di un processo di costruzione – un’idea condivisa da tutti gli attuali studi di scienze sociali – non è nata in seno alle discipline antropologiche, ma nell’ambito della psicologia sociale. È infatti a Maurice Halbwachs che dobbiamo l’approfondita elaborazione del concetto di “memoria collettiva”, e lo studio dei rapporti tra questa e la memoria individuale, nonché l’analisi dei processi di attivazione della memoria presso differenti gruppi sociali. Nei lavori di Halbwachs vi è però una questione irrisolta; il mancato riconoscimento del fatto che tecnologie differenti (adottate per la fissazione, la comunicazione e la trasmissione del passato) danno luogo a concezioni molto diverse dell’importanza e del senso attribuiti all’attività del ricordare. Questi temi sono stati invece al centro della riflessione antropologica, soprattutto a partire dai lavori di Jack Goody, il quale ha sottolineato la necessità di considerare le implicazioni che l’adozione di differenti mezzi di comunicazione comporta nelle culture dell’oralità e in quelle della scrittura. Tale necessità è anche al centro della riflessione dell’egittologo Jan Assmann, figura di spicco nell’ambito dell’attuale dibattito sulla memoria. Occorre interrogarsi sulla produttività del modello assmanniano qualora lo si applichi all’analisi antropologica. La distinzione tra memoria comunicativa e memoria culturale è indubbiamente utile sul piano metodologico, ma è indispensabile rammentare che i materiali su cui Assmann conduce le proprie analisi sono tratti prevalentemente da culture di tradizione scritta – in cui l’oralità rappresenta uno stadio storicamente precedente – e quindi a queste maggiormente si adattano.
2012
Miscellanea Orientalia
79
96
Natali C
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