Abstract. La biomeccanica dell’osso è stata ampiamente studiata in passato sia con esperimenti in vitro, che con modelli numerici. Nella maggior parte dei casi viene scelto uno dei due approcci, senza sfruttare le sinergie. Sia gli esperimenti che i modelli numerici soffrono di limitazioni relative alla loro accuratezza e ai rispettivi campi di applicazione. Gli esperimenti in vitro sono in grado di migliorare i modelli numerici tramite: (i) l’individuazione dei più importanti scenari di fallimento, (ii) identificazione del modello con le proprietà dei materiali misurati sperimentalmente, (iii) validazione quantitativa basata sulle proprietà meccaniche (deformazione, spostamenti) misurate direttamente da campioni fisici da testare in parallelo all’attività modellazione. Analogamente, i modelli numerici possono migliorare gli esperimenti in vitro: (i) identificando le più rilevanti configurazioni di carico tra un certo numero di compiti motori che non possono essere replicati in vitro, (ii) identificando semplificazioni accettabili per la simulazione in vitro; (iii) ottimizzando l’uso di trasduttori per minimizzare gli errori e fornire misurazioni nei punti più rilevanti, (iv) esplorando una varietà di condizioni diverse (proprietà dei materiali, interfaccia, ecc), che richiederebbe un enorme sforzo sperimentale. Prendendo ad esempio uno studio del femore, si mostra come una combinazione di modellazione numerica ed esperimenti controllati all’interno dello stesso gruppo di ricerca può essere progettato per creare un circolo virtuoso in cui vengono utilizzati i modelli per migliorare gli esperimenti, gli esperimenti sono utilizzati per migliorare i modelli, e la loro combinazione offre in sinergia risultati più dettagliati e più affidabili di quanto possa ottenersi utilizzando singolarmente uno dei due approcci.
Luca Cristofolini (2013). Integrazione di metodi numerici e sperimentali: una prospettiva biomeccanica. Bologna : Società Editrice Esculapio.
Integrazione di metodi numerici e sperimentali: una prospettiva biomeccanica
CRISTOFOLINI, LUCA
2013
Abstract
Abstract. La biomeccanica dell’osso è stata ampiamente studiata in passato sia con esperimenti in vitro, che con modelli numerici. Nella maggior parte dei casi viene scelto uno dei due approcci, senza sfruttare le sinergie. Sia gli esperimenti che i modelli numerici soffrono di limitazioni relative alla loro accuratezza e ai rispettivi campi di applicazione. Gli esperimenti in vitro sono in grado di migliorare i modelli numerici tramite: (i) l’individuazione dei più importanti scenari di fallimento, (ii) identificazione del modello con le proprietà dei materiali misurati sperimentalmente, (iii) validazione quantitativa basata sulle proprietà meccaniche (deformazione, spostamenti) misurate direttamente da campioni fisici da testare in parallelo all’attività modellazione. Analogamente, i modelli numerici possono migliorare gli esperimenti in vitro: (i) identificando le più rilevanti configurazioni di carico tra un certo numero di compiti motori che non possono essere replicati in vitro, (ii) identificando semplificazioni accettabili per la simulazione in vitro; (iii) ottimizzando l’uso di trasduttori per minimizzare gli errori e fornire misurazioni nei punti più rilevanti, (iv) esplorando una varietà di condizioni diverse (proprietà dei materiali, interfaccia, ecc), che richiederebbe un enorme sforzo sperimentale. Prendendo ad esempio uno studio del femore, si mostra come una combinazione di modellazione numerica ed esperimenti controllati all’interno dello stesso gruppo di ricerca può essere progettato per creare un circolo virtuoso in cui vengono utilizzati i modelli per migliorare gli esperimenti, gli esperimenti sono utilizzati per migliorare i modelli, e la loro combinazione offre in sinergia risultati più dettagliati e più affidabili di quanto possa ottenersi utilizzando singolarmente uno dei due approcci.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.