Il modello Garbage Can di Cohen, March e Olsen occupa un posto di rilievo nelle teorie dell’organizzazione, in quanto si propone di derivare proposizioni descrittive dell’azione collettiva a partire da componenti più semplici quali i problemi, le soluzioni, le opportunità di utilizzarle e, ovviamente, i partecipanti a un’organizzazione. Il modello Garbage Can, insieme ad un forte radicamento all’interno degli studi organizzativi, presenta anche numerosi legami con ambiti disciplinari diversi che non sempre sono stati colti. A questo proposito, notevole è il fatto che fin dalla sua prima versione esso sia stato presentato in parte come teoria verbale e in parte come modello computazionale. Contrariamente a molte utilizzazioni del calcolatore nelle scienze sociali, in questo caso la simulazione non è finalizzata alla mera riproduzione di concetti già espressi verbalmente ma è parte integrante del modello stesso, indispensabile sia nella concezione delle ipotesi che nell’analisi delle implicazioni. Precorrendo di molti decenni un concetto che solo ora trova ampia diffusione, il modello Garbage Can utilizza il calcolatore come mezzo per applicare le regole della logica a proposizioni qualitative piuttosto che per eseguire dei calcoli numerici. Per il Garbage Can quindi la simulazione al calcolatore non è stata un’aggiunta apportata da studi successivi, ma una parte integrante della teoria originaria, uno strumento senza il quale essa non sarebbe stata espressa compiutamente. Quanto moderna è la concezione del modello Garbage Can, tanto stridente è il contrasto tra il suo impianto teorico e l’architettura del suo modello di simulazione. Infatti le tecniche di programmazione disponibili negli anni ’70 imponevano di descrivere un’organizzazione mediante un unico grande algoritmo in grado di decidere quanti e quali problemi, soluzioni, opportunità di decisione e partecipanti all’organizzazione si dovessero incontrare. In questo modo, la spontaneità delle interazioni tra le componenti della decisione veniva sacrificata ad una visione centralizzata dei processi organizzativi di azione e decisione. Ciò implicava che le proprietà del modello decisionale Garbage Can non potessero essere derivate dai suoi assunti teorici, ma dovessero piuttosto essere imposte per mezzo di ipotesi ad hoc che sono state giustamente criticate. Il quadro concettuale del modello Garbage Can trova invece una cornice ideale nella scrittura di programmi “a oggetti” sviluppatasi a partire dagli anni ’90. La programmazione a oggetti permette di inserire attori dotati di propri obiettivi in un ambiente virtuale nel quale essi sono liberi di interagire. Nel nostro caso gli attori potrebbero essere le soluzioni, i problemi, le opportunità e i partecipanti che interagiscono all’interno dell’organizzazione. Nel libro si potrà constatare come l’utilizzazione di una tecnica di simulazione più appropriata permetta di formulare con maggiore precisione le ipotesi del modello Garbage Can, di esaminarne con completezza le conseguenze e di distinguere le conclusioni generalmente valide da quelle spurie, introdotte nella formulazione originaria da una tecnica non appropriata.

Garbage Can: Un modello di decisioni organizzative / G. Fioretti. - STAMPA. - (2006).

Garbage Can: Un modello di decisioni organizzative.

FIORETTI, GUIDO
2006

Abstract

Il modello Garbage Can di Cohen, March e Olsen occupa un posto di rilievo nelle teorie dell’organizzazione, in quanto si propone di derivare proposizioni descrittive dell’azione collettiva a partire da componenti più semplici quali i problemi, le soluzioni, le opportunità di utilizzarle e, ovviamente, i partecipanti a un’organizzazione. Il modello Garbage Can, insieme ad un forte radicamento all’interno degli studi organizzativi, presenta anche numerosi legami con ambiti disciplinari diversi che non sempre sono stati colti. A questo proposito, notevole è il fatto che fin dalla sua prima versione esso sia stato presentato in parte come teoria verbale e in parte come modello computazionale. Contrariamente a molte utilizzazioni del calcolatore nelle scienze sociali, in questo caso la simulazione non è finalizzata alla mera riproduzione di concetti già espressi verbalmente ma è parte integrante del modello stesso, indispensabile sia nella concezione delle ipotesi che nell’analisi delle implicazioni. Precorrendo di molti decenni un concetto che solo ora trova ampia diffusione, il modello Garbage Can utilizza il calcolatore come mezzo per applicare le regole della logica a proposizioni qualitative piuttosto che per eseguire dei calcoli numerici. Per il Garbage Can quindi la simulazione al calcolatore non è stata un’aggiunta apportata da studi successivi, ma una parte integrante della teoria originaria, uno strumento senza il quale essa non sarebbe stata espressa compiutamente. Quanto moderna è la concezione del modello Garbage Can, tanto stridente è il contrasto tra il suo impianto teorico e l’architettura del suo modello di simulazione. Infatti le tecniche di programmazione disponibili negli anni ’70 imponevano di descrivere un’organizzazione mediante un unico grande algoritmo in grado di decidere quanti e quali problemi, soluzioni, opportunità di decisione e partecipanti all’organizzazione si dovessero incontrare. In questo modo, la spontaneità delle interazioni tra le componenti della decisione veniva sacrificata ad una visione centralizzata dei processi organizzativi di azione e decisione. Ciò implicava che le proprietà del modello decisionale Garbage Can non potessero essere derivate dai suoi assunti teorici, ma dovessero piuttosto essere imposte per mezzo di ipotesi ad hoc che sono state giustamente criticate. Il quadro concettuale del modello Garbage Can trova invece una cornice ideale nella scrittura di programmi “a oggetti” sviluppatasi a partire dagli anni ’90. La programmazione a oggetti permette di inserire attori dotati di propri obiettivi in un ambiente virtuale nel quale essi sono liberi di interagire. Nel nostro caso gli attori potrebbero essere le soluzioni, i problemi, le opportunità e i partecipanti che interagiscono all’interno dell’organizzazione. Nel libro si potrà constatare come l’utilizzazione di una tecnica di simulazione più appropriata permetta di formulare con maggiore precisione le ipotesi del modello Garbage Can, di esaminarne con completezza le conseguenze e di distinguere le conclusioni generalmente valide da quelle spurie, introdotte nella formulazione originaria da una tecnica non appropriata.
2006
127
8849126948
Garbage Can: Un modello di decisioni organizzative / G. Fioretti. - STAMPA. - (2006).
G. Fioretti
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/36017
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