L’insegnamento di Relazioni Internazionali (RI) entra negli ordinamenti didattici delle università italiane alla fine degli anni sessanta. Giovanni Sartori, Nicola Matteucci e Norberto Bobbio sostengono la sua inclusione tra gli insegnamenti di scienza politica dell’ordinamento didattico della riformata Facoltà di Scienze Politiche che entra in vigore nell’anno accademico 1968-1969. In Italia, quindi, insegnamento e ricerca di RI sono giunti tardi. Per conquistare uno spazio nel mondo accademico, infatti, le RI hanno condiviso la battaglia della scienza politica (contro il predominio dello storicismo nella vita intellettuale italiana e contro la natura fortemente ideologica di quest’ultima nel secondo dopoguerra) ed hanno dovuto promuoversi all’interno di un Paese che non ha molto interesse per la politica internazionale per ragioni sia storiche (assenza di un passato recente e almeno parzialmente positivo di tipo «imperiale») sia strutturali (legate alla struttura del sistema internazionale che per un quarantennio ha posto forti limitazioni alle scelte di politica estera del paese) [Attinà 1989b; Bonanate 1990; Lucarelli e Menotti 2002; Petito e Brighi 2008]. Tutto ciò per lungo tempo ha rappresentato un vincolo alla piena affermazione della disciplina in Italia, tanto che nel 1990 Luigi Bonanate poteva scrivere che la «fase pioneristica» della disciplina non si era ancora conclusa. Ancora un decennio fa, il numero degli internazionalisti italiani e la loro presenza nel dibattito internazionale erano limitati [Lucarelli e Menotti 2002; Friedrichs 2004]. Tuttavia, se durante la lunga «fase pioneristica» la disciplina aveva messo radici, radicandosi in scuole legate a professori ordinari di riferimento (Luigi Bonanate a Torino, Umberto Gori a Firenze, Antonio Papisca a Padova, Fulvio Attinà a Catania, Carlo Maria Santoro a Milano) e affermandosi come insegnamento nella maggiori università italiane, nell’ultimo decennio le radici hanno portato a una più piena fioritura: il numero degli internazionalisti è aumentato [Andreatta e Zambernardi 2010], assieme alla loro presenza sulla Rivista italiana di scienza politica [Clementi 2011a] e alla varietà di temi e approcci di ricerca. Il contributo italiano al dibattito mondiale di RI resta, tuttavia, limitato seppur in linea con quello degli studiosi di RI di altri (non tutti) paesi europei [Tickner e Waever 2009]. Quello della scarsa internazionalizzazione, tuttavia, pare essere un problema abbastanza generalizzato della scienza politica italiana. Questo capitolo fornisce un quadro delle principali linee di evoluzione della disciplina che, per esigenze di spazio, non potrà includere tutti gli autori e le opere che pure meriterebbero di essere indicate in uno studio di questo genere.

Relazioni internazionali / Fulvio Attinà; Sonia Lucarelli. - STAMPA. - (2013), pp. 219-233.

Relazioni internazionali

LUCARELLI, SONIA
2013

Abstract

L’insegnamento di Relazioni Internazionali (RI) entra negli ordinamenti didattici delle università italiane alla fine degli anni sessanta. Giovanni Sartori, Nicola Matteucci e Norberto Bobbio sostengono la sua inclusione tra gli insegnamenti di scienza politica dell’ordinamento didattico della riformata Facoltà di Scienze Politiche che entra in vigore nell’anno accademico 1968-1969. In Italia, quindi, insegnamento e ricerca di RI sono giunti tardi. Per conquistare uno spazio nel mondo accademico, infatti, le RI hanno condiviso la battaglia della scienza politica (contro il predominio dello storicismo nella vita intellettuale italiana e contro la natura fortemente ideologica di quest’ultima nel secondo dopoguerra) ed hanno dovuto promuoversi all’interno di un Paese che non ha molto interesse per la politica internazionale per ragioni sia storiche (assenza di un passato recente e almeno parzialmente positivo di tipo «imperiale») sia strutturali (legate alla struttura del sistema internazionale che per un quarantennio ha posto forti limitazioni alle scelte di politica estera del paese) [Attinà 1989b; Bonanate 1990; Lucarelli e Menotti 2002; Petito e Brighi 2008]. Tutto ciò per lungo tempo ha rappresentato un vincolo alla piena affermazione della disciplina in Italia, tanto che nel 1990 Luigi Bonanate poteva scrivere che la «fase pioneristica» della disciplina non si era ancora conclusa. Ancora un decennio fa, il numero degli internazionalisti italiani e la loro presenza nel dibattito internazionale erano limitati [Lucarelli e Menotti 2002; Friedrichs 2004]. Tuttavia, se durante la lunga «fase pioneristica» la disciplina aveva messo radici, radicandosi in scuole legate a professori ordinari di riferimento (Luigi Bonanate a Torino, Umberto Gori a Firenze, Antonio Papisca a Padova, Fulvio Attinà a Catania, Carlo Maria Santoro a Milano) e affermandosi come insegnamento nella maggiori università italiane, nell’ultimo decennio le radici hanno portato a una più piena fioritura: il numero degli internazionalisti è aumentato [Andreatta e Zambernardi 2010], assieme alla loro presenza sulla Rivista italiana di scienza politica [Clementi 2011a] e alla varietà di temi e approcci di ricerca. Il contributo italiano al dibattito mondiale di RI resta, tuttavia, limitato seppur in linea con quello degli studiosi di RI di altri (non tutti) paesi europei [Tickner e Waever 2009]. Quello della scarsa internazionalizzazione, tuttavia, pare essere un problema abbastanza generalizzato della scienza politica italiana. Questo capitolo fornisce un quadro delle principali linee di evoluzione della disciplina che, per esigenze di spazio, non potrà includere tutti gli autori e le opere che pure meriterebbero di essere indicate in uno studio di questo genere.
2013
Quaranta anni di scienza politica in Italia
219
233
Relazioni internazionali / Fulvio Attinà; Sonia Lucarelli. - STAMPA. - (2013), pp. 219-233.
Fulvio Attinà; Sonia Lucarelli
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