Nella convivenza millenaria delle popolazioni costiere con il mare, fatta insieme di rispetto e di lotta, di volontà di affrontarlo e di paura, si è venuto creando un rapporto costante che ha permesso nel succedersi dei secoli la sedimentazione di un patrimonio di conoscenze e il perpetuarsi di comportamenti e tradizioni quasi senza mutamento. L'esame di varie fonti (archeologiche, archivistiche, letterarie, antropologiche, etnografiche ecc.) permette di inseguire nel lungo periodo, con la storia della navigazione e delle società di marinai, naviganti e pescatori, la serie ininterrotta di relazioni, che vanno dalla natura all'uomo e dall'uomo alla natura, su cui si fonda la costruzione del sapere marinaresco mediterraneo connaturandone anche uno specifico linguaggio . Fino a tempi relativamente recenti più che una riserva alimentare il mare ha rappresentato una "superficie di trasporto" e fra i diversi mari del Mediterraneo, l’Adriatico in questa funzione si prefigura ab antiquo come la grande arteria del collegamento dell’Europa con le terre del Levante. Orientata da nord.ovest a sud est nel medioevo diventa la rotta dei grandi traffici, mantenendo però l’infinità di itinerari minori determinati dai collegamenti fra le due sponde e da quelli di derivazione dalle rotte di lungo raggio, rappresentati dalla spola incessante degli allibi e del piccolo cabotaggio, praticato da una moltitudine di piccole “barche processionarie”. Come “in tutti i mari stretti il cabotaggio è indubbiamente un fatto ordinario, indispensabile alla vita delle grandi correnti commerciali”, animando una densità di collegamenti marittimi che permettono di riconoscere, come s’è detto, nel Golfo di Venezia una via di comunicazione antichissima, seconda, per importanza nella navigazione antica, forse solo alla rete di comunicazioni d’acqua definitasi fin dai primordi della sperimentazione del mare, nell’Egeo, quell’ “Arcipelago” mediterraneo, forte della nutritissima costellazione di isole che, offrendo continui punti di appoggio nella lunga navigazione, permettevano contatti con terre lontane anche ai piccoli legni. La nave perdeva di vista la costa solo quando era sospinta al largo dalla tempesta o quando, durante la buona stagione si immetteva sulle rotte di una navigazione d’altura già sperimentata e frequentata da molto tempo. L’itinerario marittimo assumeva quasi l’aspetto di un fiume tanto era forte il “predominio del litorale” e non sorprende perciò che i manuali per la navigazione e i trattati sull’“arte di navigare” diano spazio soprattutto alla descrizione delle coste, con le relative segnalazioni sui punti del litorale di maggiore pericolosità, vuoi per la natura dei fondali, vuoi per la presenza di gorghi causati dallo scontro delle correnti, vuoi per l’insidia dei venti locali. Le marinerie mediterranee, specie quelle dotate di piccole e medie imbarcazioni, non praticavano d’abitudine le acque d’altura e per orientarsi nel viaggio, anziché ricorrere alla bussola o ad altre strumentazioni nautiche, si affidavano principalmente al filo conduttore della costa sempre in vista. Nelle pagine di questo libro, attraverso le ‘prove di fortuna’ restituite dalla ricerca effettuata principalmente negli archivi di stato di Ravenna, Rimini, Pesaro e Ancona, si dà voce a oltre 300 capitani marittimi vissuti nel Sei e Settecento che ci portano a conoscenza della loro vita sul mare. Nei loro testimoniali, tesi a dimostrare le cause naturali del sinistro per non essere riconosciuti colpevoli, per incompetenze professionali o manchevolezze di vario genere, della perdita del carico, del naufragio e, a volte, della morte di marinai e passeggeri, si percepisce spesso la loro propensione al rischio, per rispettare i tempi di consegna delle merci, velocizzare e rendere più remunerativi i viaggi, calcolando l’opportunità di scali strategici lungo la rotta di destinazione. inserimento nello spazio ambiente integralmente capito, rispettato e temuto. Si ...

La Speranza. Piloti pratici, naufragi, prove di fortuna nell'Adriatico del Sei e Settecento / M.L. De Nicolò. - STAMPA. - (2006).

La Speranza. Piloti pratici, naufragi, prove di fortuna nell'Adriatico del Sei e Settecento

DE NICOLO', MARIA LUCIA
2006

Abstract

Nella convivenza millenaria delle popolazioni costiere con il mare, fatta insieme di rispetto e di lotta, di volontà di affrontarlo e di paura, si è venuto creando un rapporto costante che ha permesso nel succedersi dei secoli la sedimentazione di un patrimonio di conoscenze e il perpetuarsi di comportamenti e tradizioni quasi senza mutamento. L'esame di varie fonti (archeologiche, archivistiche, letterarie, antropologiche, etnografiche ecc.) permette di inseguire nel lungo periodo, con la storia della navigazione e delle società di marinai, naviganti e pescatori, la serie ininterrotta di relazioni, che vanno dalla natura all'uomo e dall'uomo alla natura, su cui si fonda la costruzione del sapere marinaresco mediterraneo connaturandone anche uno specifico linguaggio . Fino a tempi relativamente recenti più che una riserva alimentare il mare ha rappresentato una "superficie di trasporto" e fra i diversi mari del Mediterraneo, l’Adriatico in questa funzione si prefigura ab antiquo come la grande arteria del collegamento dell’Europa con le terre del Levante. Orientata da nord.ovest a sud est nel medioevo diventa la rotta dei grandi traffici, mantenendo però l’infinità di itinerari minori determinati dai collegamenti fra le due sponde e da quelli di derivazione dalle rotte di lungo raggio, rappresentati dalla spola incessante degli allibi e del piccolo cabotaggio, praticato da una moltitudine di piccole “barche processionarie”. Come “in tutti i mari stretti il cabotaggio è indubbiamente un fatto ordinario, indispensabile alla vita delle grandi correnti commerciali”, animando una densità di collegamenti marittimi che permettono di riconoscere, come s’è detto, nel Golfo di Venezia una via di comunicazione antichissima, seconda, per importanza nella navigazione antica, forse solo alla rete di comunicazioni d’acqua definitasi fin dai primordi della sperimentazione del mare, nell’Egeo, quell’ “Arcipelago” mediterraneo, forte della nutritissima costellazione di isole che, offrendo continui punti di appoggio nella lunga navigazione, permettevano contatti con terre lontane anche ai piccoli legni. La nave perdeva di vista la costa solo quando era sospinta al largo dalla tempesta o quando, durante la buona stagione si immetteva sulle rotte di una navigazione d’altura già sperimentata e frequentata da molto tempo. L’itinerario marittimo assumeva quasi l’aspetto di un fiume tanto era forte il “predominio del litorale” e non sorprende perciò che i manuali per la navigazione e i trattati sull’“arte di navigare” diano spazio soprattutto alla descrizione delle coste, con le relative segnalazioni sui punti del litorale di maggiore pericolosità, vuoi per la natura dei fondali, vuoi per la presenza di gorghi causati dallo scontro delle correnti, vuoi per l’insidia dei venti locali. Le marinerie mediterranee, specie quelle dotate di piccole e medie imbarcazioni, non praticavano d’abitudine le acque d’altura e per orientarsi nel viaggio, anziché ricorrere alla bussola o ad altre strumentazioni nautiche, si affidavano principalmente al filo conduttore della costa sempre in vista. Nelle pagine di questo libro, attraverso le ‘prove di fortuna’ restituite dalla ricerca effettuata principalmente negli archivi di stato di Ravenna, Rimini, Pesaro e Ancona, si dà voce a oltre 300 capitani marittimi vissuti nel Sei e Settecento che ci portano a conoscenza della loro vita sul mare. Nei loro testimoniali, tesi a dimostrare le cause naturali del sinistro per non essere riconosciuti colpevoli, per incompetenze professionali o manchevolezze di vario genere, della perdita del carico, del naufragio e, a volte, della morte di marinai e passeggeri, si percepisce spesso la loro propensione al rischio, per rispettare i tempi di consegna delle merci, velocizzare e rendere più remunerativi i viaggi, calcolando l’opportunità di scali strategici lungo la rotta di destinazione. inserimento nello spazio ambiente integralmente capito, rispettato e temuto. Si ...
2006
348
La Speranza. Piloti pratici, naufragi, prove di fortuna nell'Adriatico del Sei e Settecento / M.L. De Nicolò. - STAMPA. - (2006).
M.L. De Nicolò
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