“Tracce di emozioni” è un libro davvero fuori dal coro, che costringe a riflettere sulla obsolescenza, o forse sullo sfinimento, che provoca la visione tradizionale delle tossicodipendenze. Come se il mondo fosse distinto tra quelli che si fanno e quelli che non si fanno. Il mondo, fortunatamente, è uguale per tutti. Certo, se il pensiero ricorrente, l’idea prevalente, è puntato sulle sostanze, allora le cose possono continuare ad essere viste come in passato. Potremmo, così, continuare ad avvitarci su quale quantità di principio attivo di una sostanza consideriamo per parlare di dipendenza, su quali sono le soglie, su quali le tabelle. L’esperienza di oltre trent’anni ha, purtroppo, finito col trasmettere una immagine diversa in cui, chi più chi meno, molti sono coinvolti in derive di dipendenze, con o senza sostanze. Abbiamo finito, ancora, per dimenticare che parlare di dipendenze patologiche significa, in prima istanza, parlare di salute pubblica, se ci riferiamo al sistema pubblico, e di benessere, salute e qualità della vita dei cittadini se ci riferiamo ai singoli sistemi biopsichici. Il volume porta testimonianza, preziosa, del lavoro di e in comunità. In comunità c'è accoglienza, incontro, condivisione; la comunità è il luogo dei legami ove ognuno può trovare riferimento non come persona (ciò che appare) ma come individuo. Vi è, in comunità, soprattutto un'azione educativa in cui non vi è distinzione alcuna, se non eventualmente funzionale, tra chi educa e chi è educato. Il destinatario dell'azione educativa è come me, nella comunità. Sono le pratiche comunitarie a far capire come orientare gli interventi. In comunità è la nozione e la pratica di empatia a poter costituire il grimaldello che fa aprire la porta del degrado, della decomposizione e dell'abbandono del Sé che attanagliano chi si rivolge ad esse. Accoglienza e condivisione sono i prerequisiti di ogni comunità, ma è l'empatia, una calda corrente di vissuti, che domina nella comunità. Le rotture biografiche possono essere combattute attraverso una rivitalizzazione solidaristica ed egualitaria dei rapporti umani in cui la comunità gioca un ruolo decisivo e determinante. Solo in situazioni comunitarie può esserci una gestione collettiva della crisi della presenza e questo non può essere delegato a nessun altro che non sia la comunità. L'esperienza delle comunità insegna, ed il volume fa comprendere, che in giro c'è bisogno di comunità, che la gente non ce la fa da sola, e che pertanto la comunità va rivitalizzata con coraggio. Ciò per garantire anche a chi sperimenta forme di emarginazione grave, il diritto alla vita. Ciò si capisce solo empaticamente entro la comunità, tramite ascolto e condivisione. Le esperienze riportate prospettano, non a parole bensì in termini di testimonianza, la possibilità di valorizzare la vita in quanto tale, al di là di modelli imposti da rispettare ad ogni costo. Se i soggetti qui considerati, lasciati a se stessi, sembrano perdere progressivamente attaccamento alla vita, la comunità si muove in un’ottica che può ri-attaccare alla vita i soggetti. Essa infatti non sembra spesso mirare ad un intervento individualistico ma appare offrire, a ben guardare, almeno possibilità di socializzazione e anche qualcosa di ben più profondo, a volte: un senso di appartenenza, la condivisione di esperienze di gruppo. In altre parole, tutti dobbiamo essere supportati e sopportati, tutti zoppichiamo (di più, di meno), tutti abbiamo bisogno di affetto, di rassicurazione. La nostra vita, la vita di tutti noi, è, per sua intima insondabile caratteristica, fatta di alti e bassi. E' la vita, sicuramente un et-et piuttosto che un aut - aut. La comunità appartiene in pieno al mondo della vita (lebenswelt) incline a valorizzare ogni qualsiasi vita senza curarsi della valutazione gerarchica che essa assume nel sociale e a battersi per tutelarla, ad ogni costo. E’ qui il significato profondo del volume ed è da qui che bisogna ripartire.

Prefazione

PIERETTI, GIOVANNI
2014

Abstract

“Tracce di emozioni” è un libro davvero fuori dal coro, che costringe a riflettere sulla obsolescenza, o forse sullo sfinimento, che provoca la visione tradizionale delle tossicodipendenze. Come se il mondo fosse distinto tra quelli che si fanno e quelli che non si fanno. Il mondo, fortunatamente, è uguale per tutti. Certo, se il pensiero ricorrente, l’idea prevalente, è puntato sulle sostanze, allora le cose possono continuare ad essere viste come in passato. Potremmo, così, continuare ad avvitarci su quale quantità di principio attivo di una sostanza consideriamo per parlare di dipendenza, su quali sono le soglie, su quali le tabelle. L’esperienza di oltre trent’anni ha, purtroppo, finito col trasmettere una immagine diversa in cui, chi più chi meno, molti sono coinvolti in derive di dipendenze, con o senza sostanze. Abbiamo finito, ancora, per dimenticare che parlare di dipendenze patologiche significa, in prima istanza, parlare di salute pubblica, se ci riferiamo al sistema pubblico, e di benessere, salute e qualità della vita dei cittadini se ci riferiamo ai singoli sistemi biopsichici. Il volume porta testimonianza, preziosa, del lavoro di e in comunità. In comunità c'è accoglienza, incontro, condivisione; la comunità è il luogo dei legami ove ognuno può trovare riferimento non come persona (ciò che appare) ma come individuo. Vi è, in comunità, soprattutto un'azione educativa in cui non vi è distinzione alcuna, se non eventualmente funzionale, tra chi educa e chi è educato. Il destinatario dell'azione educativa è come me, nella comunità. Sono le pratiche comunitarie a far capire come orientare gli interventi. In comunità è la nozione e la pratica di empatia a poter costituire il grimaldello che fa aprire la porta del degrado, della decomposizione e dell'abbandono del Sé che attanagliano chi si rivolge ad esse. Accoglienza e condivisione sono i prerequisiti di ogni comunità, ma è l'empatia, una calda corrente di vissuti, che domina nella comunità. Le rotture biografiche possono essere combattute attraverso una rivitalizzazione solidaristica ed egualitaria dei rapporti umani in cui la comunità gioca un ruolo decisivo e determinante. Solo in situazioni comunitarie può esserci una gestione collettiva della crisi della presenza e questo non può essere delegato a nessun altro che non sia la comunità. L'esperienza delle comunità insegna, ed il volume fa comprendere, che in giro c'è bisogno di comunità, che la gente non ce la fa da sola, e che pertanto la comunità va rivitalizzata con coraggio. Ciò per garantire anche a chi sperimenta forme di emarginazione grave, il diritto alla vita. Ciò si capisce solo empaticamente entro la comunità, tramite ascolto e condivisione. Le esperienze riportate prospettano, non a parole bensì in termini di testimonianza, la possibilità di valorizzare la vita in quanto tale, al di là di modelli imposti da rispettare ad ogni costo. Se i soggetti qui considerati, lasciati a se stessi, sembrano perdere progressivamente attaccamento alla vita, la comunità si muove in un’ottica che può ri-attaccare alla vita i soggetti. Essa infatti non sembra spesso mirare ad un intervento individualistico ma appare offrire, a ben guardare, almeno possibilità di socializzazione e anche qualcosa di ben più profondo, a volte: un senso di appartenenza, la condivisione di esperienze di gruppo. In altre parole, tutti dobbiamo essere supportati e sopportati, tutti zoppichiamo (di più, di meno), tutti abbiamo bisogno di affetto, di rassicurazione. La nostra vita, la vita di tutti noi, è, per sua intima insondabile caratteristica, fatta di alti e bassi. E' la vita, sicuramente un et-et piuttosto che un aut - aut. La comunità appartiene in pieno al mondo della vita (lebenswelt) incline a valorizzare ogni qualsiasi vita senza curarsi della valutazione gerarchica che essa assume nel sociale e a battersi per tutelarla, ad ogni costo. E’ qui il significato profondo del volume ed è da qui che bisogna ripartire.
2014
Tracce di emozioni. L'ascolto e la parola nella Comunità Terapeutica Educativa
9
14
Giovanni Pieretti
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/345915
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