“Forse sono i luoghi che raccontano le storie nella maniera giusta”. Da questa frase pronunciata dal narratore all’inizio del film di Davide Ferrario Dopo mezzanotte, prende l’avvio un’indagine, che si sviluppa e si snoda intorno a una serie di suggestioni letterarie, visive e sonore, sulle storie raccontate dai luoghi: luoghi sempre illusori, ma che possono apparire più reali del reale; luoghi che giustificano i personaggi e le loro azioni; luoghi in cui i protagonisti spesso si trovano spiazzati, dislocati, alla ricerca di una collocazione, di un’identità, di una casa, ovvero di uno spazio creato dal sentimento, inventato dalla necessità di trasformare la propria esperienza di sradicamento in metafora e visione. Dalla Londra dickensiana a quella dei migranti postcoloniali, dalla Brooklyn delle brownstone oggetto del desiderio di intere comunità di immigrati a quella della gentrification di fine Novecento, passando attraverso la Manhattan degli yuppies e la furia metropolitana di inizio millennio, l’autrice approda alle città invisibili della narrativa fantastica contemporanea, mondi di fiaba e realtà parallele accostati nell’ambigua consapevolezza che la strada senza meta di cui costituiscono l’improbabile sbocco non è un cammino conosciuto in sogno – o paventato in un incubo, ma sta in questo mondo, l’unico che conosciamo.
S. Albertazzi (2006). In questo mondo, ovvero quando i luoghi raccontano le storie. ROMA : Meltemi.
In questo mondo, ovvero quando i luoghi raccontano le storie
ALBERTAZZI, SILVIA
2006
Abstract
“Forse sono i luoghi che raccontano le storie nella maniera giusta”. Da questa frase pronunciata dal narratore all’inizio del film di Davide Ferrario Dopo mezzanotte, prende l’avvio un’indagine, che si sviluppa e si snoda intorno a una serie di suggestioni letterarie, visive e sonore, sulle storie raccontate dai luoghi: luoghi sempre illusori, ma che possono apparire più reali del reale; luoghi che giustificano i personaggi e le loro azioni; luoghi in cui i protagonisti spesso si trovano spiazzati, dislocati, alla ricerca di una collocazione, di un’identità, di una casa, ovvero di uno spazio creato dal sentimento, inventato dalla necessità di trasformare la propria esperienza di sradicamento in metafora e visione. Dalla Londra dickensiana a quella dei migranti postcoloniali, dalla Brooklyn delle brownstone oggetto del desiderio di intere comunità di immigrati a quella della gentrification di fine Novecento, passando attraverso la Manhattan degli yuppies e la furia metropolitana di inizio millennio, l’autrice approda alle città invisibili della narrativa fantastica contemporanea, mondi di fiaba e realtà parallele accostati nell’ambigua consapevolezza che la strada senza meta di cui costituiscono l’improbabile sbocco non è un cammino conosciuto in sogno – o paventato in un incubo, ma sta in questo mondo, l’unico che conosciamo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.