La stele di Xi’an, le cui iscrizioni attestano che il nestorianesimo fu introdotto in Cina sotto i primi Tang, fu tenuta in grande considerazione dai gesuiti, che per dimostrare che nel ‘celeste impero’ la diffusione del cristianesimo risaliva ad epoche lontane, sin da quando fu rinvenuta nel secondo decennio del sec.XVII ne fecero copie e le inviarono a Roma, provocando aspre reazioni da parte dei loro denigratori che dal 1652 in poi cominciarono a dire che la stele era un solo un falso architettato dai religiosi. Che una pregevole copia fosse conservata a Bologna, inserita in un incartamento anonimo della Biblioteca Universitaria, lo si ignorava, fino a quando lo segnalai nel 1992. In tale incartamento vi sono vari documenti (manoscritti e a stampa) riguardanti la Cina, che più o meno risalenti alla metà del sec.XVIII sono accumunati dal fatto di rappresentare materiale scomodo, e un manuale, in cui è assemblato materiale eterogeneo che li concerne. Una carta geografica dell’impero cinese, calcografata, è attribuibile all’abate ebolitano Matteo Ripa, che diventato in Cina un abile calcografo, nel 1724 era tornato in Europa, il quale, anche se non l’ha mai citata nelle sue memorie, è verosimilmente anche l’artefice della riproduzione della stele. Secondo quanto attestato per iscritto attorno al 1732 dal dotto maronita Assemani, infatti l’abate della stele gliene aveva fatta una copia, di cui in seguito però, una volta donata da Gabriel Hawwa a Benedetto XIII, se ne erano perse le tracce. Poiché rendere noto di averla riprodotta, avvalorandone l’esistenza, sarebbe stata una mossa dalle conseguenze sotto molti aspetti non positive, ho ipotizzato che, per sottrarla all’attenzione dei dotti europei, Benedetto XIV l’abbia inviata in forma anonima alla biblioteca di Bologna che in quel periodo faceva parte dell’Istituto di Scienze, che prima di assurgere al soglio papale, quando era ancora il cardinale Lambertini, aveva diretto dal 1731 al 1740, con la quale anche in seguito aveva continuato a mantenere strettissimi rapporti.

La stele nestoriana in Cina e la copia scoperta a Bologna

ALBANESE, ANDREINA
2013

Abstract

La stele di Xi’an, le cui iscrizioni attestano che il nestorianesimo fu introdotto in Cina sotto i primi Tang, fu tenuta in grande considerazione dai gesuiti, che per dimostrare che nel ‘celeste impero’ la diffusione del cristianesimo risaliva ad epoche lontane, sin da quando fu rinvenuta nel secondo decennio del sec.XVII ne fecero copie e le inviarono a Roma, provocando aspre reazioni da parte dei loro denigratori che dal 1652 in poi cominciarono a dire che la stele era un solo un falso architettato dai religiosi. Che una pregevole copia fosse conservata a Bologna, inserita in un incartamento anonimo della Biblioteca Universitaria, lo si ignorava, fino a quando lo segnalai nel 1992. In tale incartamento vi sono vari documenti (manoscritti e a stampa) riguardanti la Cina, che più o meno risalenti alla metà del sec.XVIII sono accumunati dal fatto di rappresentare materiale scomodo, e un manuale, in cui è assemblato materiale eterogeneo che li concerne. Una carta geografica dell’impero cinese, calcografata, è attribuibile all’abate ebolitano Matteo Ripa, che diventato in Cina un abile calcografo, nel 1724 era tornato in Europa, il quale, anche se non l’ha mai citata nelle sue memorie, è verosimilmente anche l’artefice della riproduzione della stele. Secondo quanto attestato per iscritto attorno al 1732 dal dotto maronita Assemani, infatti l’abate della stele gliene aveva fatta una copia, di cui in seguito però, una volta donata da Gabriel Hawwa a Benedetto XIII, se ne erano perse le tracce. Poiché rendere noto di averla riprodotta, avvalorandone l’esistenza, sarebbe stata una mossa dalle conseguenze sotto molti aspetti non positive, ho ipotizzato che, per sottrarla all’attenzione dei dotti europei, Benedetto XIV l’abbia inviata in forma anonima alla biblioteca di Bologna che in quel periodo faceva parte dell’Istituto di Scienze, che prima di assurgere al soglio papale, quando era ancora il cardinale Lambertini, aveva diretto dal 1731 al 1740, con la quale anche in seguito aveva continuato a mantenere strettissimi rapporti.
2013
Orientalisti Italiani e aspetti dell'Orientalismo in Italia, in memoria di Mirella Galletti
60
68
A. Albanese
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