Lo sviluppo di biofuel cells che catalizzano la conversione dell*energia chimica, conservata in enormi quantità di scarti agro-alimentari come i residui della lavorazione dell*uva, delle olive e dei cereali, ad energia elettrica costituisce un importante obiettivo della bioelettrochimica nel settore della produzione di energia da fonti rinnovabili. I prodotti derivati dal trattamento della biomassa come il glucosio o l*etanolo possono essere utilizzati come un substrato ossidabile (fuel) all*anodo mentre l*acqua ossigenata e, preferibilmente, l*ossigeno molecolare possono essere utilizzati come prodotti riducibili al catodo (ossidanti). Gli enzimi o le cellule intere trovano applicazione come biocatalizzatori sia per generare il substrato partendo dalla biomassa attraverso trasformazioni enzimatiche o processi metabolici che per partecipare al meccanismo di trasferimento elettronico nella biofuel cell catalizzando l*ossidazione del substrato all*anodo e/o la riduzione dell*ossidante al catodo. La maggior parte degli enzimi redox mancano di una diretta comunicazione elettrica con l*elettrodo di supporto per cui vari mediatori sono stati utilizzati per migliorare il contatto elettrico del biocatalizzatore con l*elettrodo. Sebbene il voltaggio della cella dipende in linea teorica dalla differenza dei potenziali formali del substrato e dell*ossidante, perdite irreversibili del voltaggio della cella è il risultato di limitazioni cinetiche del trasferimento di carica, di resistenze ohmiche e gradienti di concentrazione nella cella. Inoltre la corrente elettrica nella cella è controllata dalle dimensioni dell*elettrodo, dalla permeabilità degli ioni e dal trasporto attraverso la membrana che separa il compartimento del catodo e dell*anodo. Uno dei maggiori problemi è legato all*area superficiale degli elettrodi all*interno della cella che influenza direttamente l*intensità della corrente elettrica generata dalla biofuel cell. Recentemente Akers et al (2005) hanno riportato una alcool/O2 biofuel cell avente una densità di potenza di circa 1-2 mW/cm2. E* evidente che lo spessore degli elettrodi diventa quindi uno dei target da perseguire al fine di aumentare la densità degli elettrodi per volume di cella. Negli ultimi due anni abbiamo sviluppato due tipologie di biosensori di terza generazione realizzati attraverso tecnologia ink-jet avendo sviluppato inchiostri elettronici di PEDOT/PSS ed inchiostri biologici contenenti glucosio ossidasi (GOD) e per ossidasi da ravanello (POD). Tale tecnologia permette di sviluppare dispositivi bioelettronici su strato sottile che permettono di realizzare biofuel cell ad elevata densità di elettrodi e quindi elevata area superficiale. Lo sviluppo di elettrodi sottile permette di diminuire notevolmente il peso della biofuel cell

Nuovi dispositivi bioelettrochimici per lo sviluppo di biofuel cells / L. Setti. - (2005).

Nuovi dispositivi bioelettrochimici per lo sviluppo di biofuel cells

SETTI, LEONARDO
2005

Abstract

Lo sviluppo di biofuel cells che catalizzano la conversione dell*energia chimica, conservata in enormi quantità di scarti agro-alimentari come i residui della lavorazione dell*uva, delle olive e dei cereali, ad energia elettrica costituisce un importante obiettivo della bioelettrochimica nel settore della produzione di energia da fonti rinnovabili. I prodotti derivati dal trattamento della biomassa come il glucosio o l*etanolo possono essere utilizzati come un substrato ossidabile (fuel) all*anodo mentre l*acqua ossigenata e, preferibilmente, l*ossigeno molecolare possono essere utilizzati come prodotti riducibili al catodo (ossidanti). Gli enzimi o le cellule intere trovano applicazione come biocatalizzatori sia per generare il substrato partendo dalla biomassa attraverso trasformazioni enzimatiche o processi metabolici che per partecipare al meccanismo di trasferimento elettronico nella biofuel cell catalizzando l*ossidazione del substrato all*anodo e/o la riduzione dell*ossidante al catodo. La maggior parte degli enzimi redox mancano di una diretta comunicazione elettrica con l*elettrodo di supporto per cui vari mediatori sono stati utilizzati per migliorare il contatto elettrico del biocatalizzatore con l*elettrodo. Sebbene il voltaggio della cella dipende in linea teorica dalla differenza dei potenziali formali del substrato e dell*ossidante, perdite irreversibili del voltaggio della cella è il risultato di limitazioni cinetiche del trasferimento di carica, di resistenze ohmiche e gradienti di concentrazione nella cella. Inoltre la corrente elettrica nella cella è controllata dalle dimensioni dell*elettrodo, dalla permeabilità degli ioni e dal trasporto attraverso la membrana che separa il compartimento del catodo e dell*anodo. Uno dei maggiori problemi è legato all*area superficiale degli elettrodi all*interno della cella che influenza direttamente l*intensità della corrente elettrica generata dalla biofuel cell. Recentemente Akers et al (2005) hanno riportato una alcool/O2 biofuel cell avente una densità di potenza di circa 1-2 mW/cm2. E* evidente che lo spessore degli elettrodi diventa quindi uno dei target da perseguire al fine di aumentare la densità degli elettrodi per volume di cella. Negli ultimi due anni abbiamo sviluppato due tipologie di biosensori di terza generazione realizzati attraverso tecnologia ink-jet avendo sviluppato inchiostri elettronici di PEDOT/PSS ed inchiostri biologici contenenti glucosio ossidasi (GOD) e per ossidasi da ravanello (POD). Tale tecnologia permette di sviluppare dispositivi bioelettronici su strato sottile che permettono di realizzare biofuel cell ad elevata densità di elettrodi e quindi elevata area superficiale. Lo sviluppo di elettrodi sottile permette di diminuire notevolmente il peso della biofuel cell
2005
Nuovi dispositivi bioelettrochimici per lo sviluppo di biofuel cells / L. Setti. - (2005).
L. Setti
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