L'articolo è stato pubblicato nel secondo volume della Collana "La responsabilità civile e penale negli sport del turismo", diretta da Gabriele Fornasari, Umberto Izzo, Leonardo Lenti e Francesco Morandi, che si prefigge di offrire una trattazione analitica delle regole di sicurezza e degli scenari di responsabilità civile e penale che possono scaturire dalle attività ludico-sportive che, implicando il librarsi nell'aria, hanno il loro minimo comune denominatore in questo elemento naturale. Quale che sia lo strumento impiegato, il volo – a motore e non, da diporto o sportivo, effettuato con il paracadute, il deltaplano, il parapendio, etc. – reca con sé un livello di rischio non azzerabile, suscettibile di tradursi in costi sociali, con effetti importanti e sistemici sul comparto turistico e sulle professioni e gli attori economici che dallo sviluppo di questo comparto dipendono. Quanto alla tematica oggetto dell'articolo, la riforma della Parte seconda del codice della navigazione, dedicata alla navigazione aerea, ha inciso profondamente sull’identificazione delle aree ed infrastrutture dedicate all’atterraggio e decollo di aeromobili ed apparecchi per il volo da turismo, diporto o sportivo, modificando la disciplina fino ad allora contenuta in numerose leggi speciali, succedutesi negli anni fino a formare un quadro normativo che in alcune parti risente della sua formazione stratificata nel tempo e non coordinata in un originario disegno unitario. L’articolo procede ad identificare le varie categorie di infrastrutture o aree atte al decollo ed all’atterraggio degli aeromobili ed apparecchi per il volo da turismo, da diporto e sportivo, ricostruendo (anche alla luce della pertinente normativa dell’Unione Europea ed in un’ottica comparatistica) il quadro normativo della disciplina applicabile a ciascuna tipologia di infrastruttura o area, incluso il regime di responsabilità dei diversi soggetti a vario titolo coinvolti, nell’ambito di un quadro normativo privo di organicità, sistematicità, chiarezza ed esaustività (da cui la difficoltà della ricerca), tanto che alcune aree, come i c.d. campi di volo, non paiono sussumibili nelle tipologie ora contemplate dal legislatore italiano, per quanto si siano riscontrati riferimenti ad essi a livello della legislazione regionale, dei provvedimenti ed atti di alcune PP.AA. e nella prassi. Laddove non si tratti di aerodromi o strutture istituzionalmente o funzionalmente preordinate al decollo od atterraggio di aeromobili (che quindi possano rinvenire una propria specifica disciplina, anche in base al criterio dell’analogia legis), il contributo ha evidenziato che la stessa si può desumere dall’interpretazione delle norme di diritto comune (in primis quelle del codice civile), onde accertare, innanzitutto, l’effettiva possibilità di configurare delle eventuali forme di responsabilità del gestore o del proprietario della struttura o area, nonché, in caso di risposta affermativa alla prima questione giuridica, individuare il regime di responsabilità che appare ragionevolmente compatibile con l’ordinamento giuridico nazionale. Sulla tematica non constano precedenti recenti. Anche gli articoli più risalenti non risultano avere la stessa sistematicità ed ampiezza di indagine.

Elena Orru (2014). Forme di responsabilità del gestore e del proprietario delle infrastrutture e degli impianti. Torino : G GIAPPICHELLI EDITORE.

Forme di responsabilità del gestore e del proprietario delle infrastrutture e degli impianti

ORRU', ELENA
2014

Abstract

L'articolo è stato pubblicato nel secondo volume della Collana "La responsabilità civile e penale negli sport del turismo", diretta da Gabriele Fornasari, Umberto Izzo, Leonardo Lenti e Francesco Morandi, che si prefigge di offrire una trattazione analitica delle regole di sicurezza e degli scenari di responsabilità civile e penale che possono scaturire dalle attività ludico-sportive che, implicando il librarsi nell'aria, hanno il loro minimo comune denominatore in questo elemento naturale. Quale che sia lo strumento impiegato, il volo – a motore e non, da diporto o sportivo, effettuato con il paracadute, il deltaplano, il parapendio, etc. – reca con sé un livello di rischio non azzerabile, suscettibile di tradursi in costi sociali, con effetti importanti e sistemici sul comparto turistico e sulle professioni e gli attori economici che dallo sviluppo di questo comparto dipendono. Quanto alla tematica oggetto dell'articolo, la riforma della Parte seconda del codice della navigazione, dedicata alla navigazione aerea, ha inciso profondamente sull’identificazione delle aree ed infrastrutture dedicate all’atterraggio e decollo di aeromobili ed apparecchi per il volo da turismo, diporto o sportivo, modificando la disciplina fino ad allora contenuta in numerose leggi speciali, succedutesi negli anni fino a formare un quadro normativo che in alcune parti risente della sua formazione stratificata nel tempo e non coordinata in un originario disegno unitario. L’articolo procede ad identificare le varie categorie di infrastrutture o aree atte al decollo ed all’atterraggio degli aeromobili ed apparecchi per il volo da turismo, da diporto e sportivo, ricostruendo (anche alla luce della pertinente normativa dell’Unione Europea ed in un’ottica comparatistica) il quadro normativo della disciplina applicabile a ciascuna tipologia di infrastruttura o area, incluso il regime di responsabilità dei diversi soggetti a vario titolo coinvolti, nell’ambito di un quadro normativo privo di organicità, sistematicità, chiarezza ed esaustività (da cui la difficoltà della ricerca), tanto che alcune aree, come i c.d. campi di volo, non paiono sussumibili nelle tipologie ora contemplate dal legislatore italiano, per quanto si siano riscontrati riferimenti ad essi a livello della legislazione regionale, dei provvedimenti ed atti di alcune PP.AA. e nella prassi. Laddove non si tratti di aerodromi o strutture istituzionalmente o funzionalmente preordinate al decollo od atterraggio di aeromobili (che quindi possano rinvenire una propria specifica disciplina, anche in base al criterio dell’analogia legis), il contributo ha evidenziato che la stessa si può desumere dall’interpretazione delle norme di diritto comune (in primis quelle del codice civile), onde accertare, innanzitutto, l’effettiva possibilità di configurare delle eventuali forme di responsabilità del gestore o del proprietario della struttura o area, nonché, in caso di risposta affermativa alla prima questione giuridica, individuare il regime di responsabilità che appare ragionevolmente compatibile con l’ordinamento giuridico nazionale. Sulla tematica non constano precedenti recenti. Anche gli articoli più risalenti non risultano avere la stessa sistematicità ed ampiezza di indagine.
2014
L'Aria
317
356
Elena Orru (2014). Forme di responsabilità del gestore e del proprietario delle infrastrutture e degli impianti. Torino : G GIAPPICHELLI EDITORE.
Elena Orru
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/309113
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