Per anni, l’incidenza delle fonti sovranazionali sull’ordinamento penale è apparso fenomeno quiescente o futuribile, e comunque periferico: ma oggi è a tutti chiaro che il diritto penale non è più padrone in casa propria. Da un lato il diritto dell’Unione europea, la cui progressiva invadenza è giunta ad annettere – dopo il Trattato di Lisbona - significativi ambiti di competenza anche in materia penale; dall’altro, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, il cui protagonismo è ormai conclamato specie nelle aule giudiziarie; senza contare le molte ulteriori fonti che possono essere tratte dalle orbite più remote della costellazione sovranazionale, e che non di rado sono portate all’attenzione di chi deve giudicare questioni penali. Proprio il ruolo del giudice, al cospetto della “frantumazione stellare” delle fonti, appare ormai profondamente trasfigurato: la sua opera quotidiana assomiglia a quella di un rapsodo o, meglio, di un bricoleur, coprotagonista del legislatore nella tessitura di una trama normativa sempre più poliedrica, complessa ed articolata. Così, chi giudica ha spesso la sensazione di trovarsi imprigionato in un “labirinto”: per uscirne, deve tentare di ripercorrere le geometrie sconnesse dell’“interpretazione conforme”, dialogando costantemente con le Corti sovranazionali, intarsiando precetti e sanzioni, soppesando obblighi e diritti, operando persino un difficile découpage della normativa interna, “disapplicando” o rivolgendosi alla Corte costituzionale. In questo libro si cerca appunto di illustrare una prima, pur provvisoria “mappa” del “labirinto penale”; tentando anche di offrire qualche indicazione per ritrovare la strada.

Il giudice nel labirinto. Profili delle intersezioni tra diritto penale e fonti sovranazionali.

MANES, VITTORIO
2012

Abstract

Per anni, l’incidenza delle fonti sovranazionali sull’ordinamento penale è apparso fenomeno quiescente o futuribile, e comunque periferico: ma oggi è a tutti chiaro che il diritto penale non è più padrone in casa propria. Da un lato il diritto dell’Unione europea, la cui progressiva invadenza è giunta ad annettere – dopo il Trattato di Lisbona - significativi ambiti di competenza anche in materia penale; dall’altro, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, il cui protagonismo è ormai conclamato specie nelle aule giudiziarie; senza contare le molte ulteriori fonti che possono essere tratte dalle orbite più remote della costellazione sovranazionale, e che non di rado sono portate all’attenzione di chi deve giudicare questioni penali. Proprio il ruolo del giudice, al cospetto della “frantumazione stellare” delle fonti, appare ormai profondamente trasfigurato: la sua opera quotidiana assomiglia a quella di un rapsodo o, meglio, di un bricoleur, coprotagonista del legislatore nella tessitura di una trama normativa sempre più poliedrica, complessa ed articolata. Così, chi giudica ha spesso la sensazione di trovarsi imprigionato in un “labirinto”: per uscirne, deve tentare di ripercorrere le geometrie sconnesse dell’“interpretazione conforme”, dialogando costantemente con le Corti sovranazionali, intarsiando precetti e sanzioni, soppesando obblighi e diritti, operando persino un difficile découpage della normativa interna, “disapplicando” o rivolgendosi alla Corte costituzionale. In questo libro si cerca appunto di illustrare una prima, pur provvisoria “mappa” del “labirinto penale”; tentando anche di offrire qualche indicazione per ritrovare la strada.
2012
199
9788858201619
V. Manes
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/271311
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