Siamo certamente abituati a raccontare la vita di un edificio attraverso scritti, documenti storici, materiali iconografici ed iconologici, immagini fotografiche. Certamente meno usuale è la narrazione dell’architettura attraverso il disegno, che pure è lo strumento principe per comunicare questa disciplina, scientifica ed umanistica al tempo stesso. In genere il disegno di una architettura esistente viene realizzato con finalità specifiche che possono essere quelle del rilievo metrico, del quadro diagnostico dei materiali, della percezione poetica, della rappresentazione strutturale e tecnologica, oltre che, naturalmente, della progettazione nell’accezione più ampia del termine e della più generale divulgazione dell’immagine della costruzione. Tutti questi disegni, quindi, vengono elaborati per un lettore specifico; lo studente, l’ingegnere strutturista, il tecnico impiantista, l’architetto, lo storico. Ognuno di loro, dotato di uno specifico codice linguistico interpretativo, cercherà, nell’elaborato grafico, le informazioni a lui dirette e per lui elaborate. Ciò che si è tentato di fare nel laboratorio didattico è stata, invece, una specie di narrazione grafica dell’architettura2, non rivolta ad uno degli utenti specifici prima descritti, bensì ad un osservatore più interessato ad una lettura complessiva dell’opera, da realizzare attraverso sequenze di disegni non necessariamente correlate. L’osservatore deve pur sempre avere, però, una formazione culturale e tecnica adeguata dato che “un boscimane australiano non sarebbe capace di riconoscere il soggetto di un’Ultima Cena; in lui evocherebbe solo l’idea di un pranzo movimentato”3. Come in letteratura si commentano le grandi opere attraverso note e glosse, e si danno interpretazioni non sempre univoche a seconda della traduzione, così anche nell’architettura si possono spiegare gli edifici attraverso notazioni grafiche, si può tradurre il sapere tecnologico mediante il linguaggio iconico, si può rappresentare la poetica architettonica tramite l’individuazione degli elementi strutturanti, si possono trasmettere suggestioni con la semplice messa a fuoco di un particolare della costruzione, con l’ingrandimento di un dettaglio significativo. In questo tipo di operazione è evidente il limite che caratterizza il disegno: la non sempre precisa rispondenza alle convenzioni grafiche specifiche e la possibilità di accentuare la lettura del brano edilizio trascurandone aspetti anche importanti, ma non perseguiti in quel momento. Vi è anche il rischio che, dato che a volte “ciò che vediamo non risiede…in ciò che diciamo”4, e che quindi ciò che vediamo non risiede in ciò che disegniamo, le immagini, concepite per comunicare, non ci dicano, invece, nulla; o per lo meno che il lettore debba a sua volta improvvisarsi iconografo ed ermeneuta e fornire una sua ulteriore interpretazione. L’obbiettivo, in sintesi, è stato quello di creare elaborazioni grafiche che, a seconda delle caratteristiche dell’edificio, ne dessero un’interpretazione che privilegiasse a volte l’aspetto tecnologico, oppure l’apparato decorativo, la sezione rappresentativa, il dettaglio costruttivo, la composizione degli elementi architettonici

A. Marata (2004). Il disegno come narrazione dell'architettura. CESENA : Il Vicolo.

Il disegno come narrazione dell'architettura

MARATA, ALESSANDRO
2004

Abstract

Siamo certamente abituati a raccontare la vita di un edificio attraverso scritti, documenti storici, materiali iconografici ed iconologici, immagini fotografiche. Certamente meno usuale è la narrazione dell’architettura attraverso il disegno, che pure è lo strumento principe per comunicare questa disciplina, scientifica ed umanistica al tempo stesso. In genere il disegno di una architettura esistente viene realizzato con finalità specifiche che possono essere quelle del rilievo metrico, del quadro diagnostico dei materiali, della percezione poetica, della rappresentazione strutturale e tecnologica, oltre che, naturalmente, della progettazione nell’accezione più ampia del termine e della più generale divulgazione dell’immagine della costruzione. Tutti questi disegni, quindi, vengono elaborati per un lettore specifico; lo studente, l’ingegnere strutturista, il tecnico impiantista, l’architetto, lo storico. Ognuno di loro, dotato di uno specifico codice linguistico interpretativo, cercherà, nell’elaborato grafico, le informazioni a lui dirette e per lui elaborate. Ciò che si è tentato di fare nel laboratorio didattico è stata, invece, una specie di narrazione grafica dell’architettura2, non rivolta ad uno degli utenti specifici prima descritti, bensì ad un osservatore più interessato ad una lettura complessiva dell’opera, da realizzare attraverso sequenze di disegni non necessariamente correlate. L’osservatore deve pur sempre avere, però, una formazione culturale e tecnica adeguata dato che “un boscimane australiano non sarebbe capace di riconoscere il soggetto di un’Ultima Cena; in lui evocherebbe solo l’idea di un pranzo movimentato”3. Come in letteratura si commentano le grandi opere attraverso note e glosse, e si danno interpretazioni non sempre univoche a seconda della traduzione, così anche nell’architettura si possono spiegare gli edifici attraverso notazioni grafiche, si può tradurre il sapere tecnologico mediante il linguaggio iconico, si può rappresentare la poetica architettonica tramite l’individuazione degli elementi strutturanti, si possono trasmettere suggestioni con la semplice messa a fuoco di un particolare della costruzione, con l’ingrandimento di un dettaglio significativo. In questo tipo di operazione è evidente il limite che caratterizza il disegno: la non sempre precisa rispondenza alle convenzioni grafiche specifiche e la possibilità di accentuare la lettura del brano edilizio trascurandone aspetti anche importanti, ma non perseguiti in quel momento. Vi è anche il rischio che, dato che a volte “ciò che vediamo non risiede…in ciò che diciamo”4, e che quindi ciò che vediamo non risiede in ciò che disegniamo, le immagini, concepite per comunicare, non ci dicano, invece, nulla; o per lo meno che il lettore debba a sua volta improvvisarsi iconografo ed ermeneuta e fornire una sua ulteriore interpretazione. L’obbiettivo, in sintesi, è stato quello di creare elaborazioni grafiche che, a seconda delle caratteristiche dell’edificio, ne dessero un’interpretazione che privilegiasse a volte l’aspetto tecnologico, oppure l’apparato decorativo, la sezione rappresentativa, il dettaglio costruttivo, la composizione degli elementi architettonici
2004
Architettura 11
154
171
A. Marata (2004). Il disegno come narrazione dell'architettura. CESENA : Il Vicolo.
A. Marata
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