Il settore agroalimentare emerge sempre più come potenziale produttore di energia rinnovabile attraverso l’impiego di residui agricoli, che rappresenta una soluzione virtuosa sia per ridurre le inefficienze energetiche, sia per sostituire parte dei consumi fossili delle filiere agroalimentari. L’esigenza di promuovere nuove fonti energetiche rinnovabili, più attente all’ambiente e all’uso delle risorse naturali, pone quindi al centro dell’attenzione l’utilizzo di scarti agricoli in ambito energetico, come opportunità multifunzionale: per lo smaltimento sostenibile e intelligente di residui, per la produzione di energia da fonti rinnovabili, per la creazione di ulteriori fonti di reddito e nuove opportunità lavorative nel settore agricolo. Nel periodo dal 2006 al 2009, la produzione agricola lasciata nei campi (per motivi economici ed estetici) è passata da quasi 1,5 milioni di tonnellate a oltre 1,7 milioni di tonnellate (Segrè, Falasconi,, 2011). Tali prodotti (principalmente frutta e ortaggi) potrebbero essere re-introdotti nella catena alimentare, qualora rispettino gli standard qualitativi richiesti, o rappresentare una potenziale risorsa come biomassa per il settore agro energetico . Da stime ENEA (2011) sulle biomasse residuali, si potrebbero ricavare ca. 300 kTEP dalle 900.000 tonnellate annue di residui dei fruttiferi e ca. 250 kTEP dai a residui dell’olivicoltura stimati in 700.000 tonnellate all’anno. Ulteriori calcoli considerano che, riducendo gli scarti nelle filiere di coltivazioni ortive, si potrà arrivare, nel 2020, a un risparmio energetico di oltre 12.000 TEP per le produzioni in serra e oltre 38.000 TEP per quelle in campo. L’ENEA (2011) quindi valuta che le diverse filiere agro energetiche italiane, tra risparmi energetici e produzione potenziale di energia rinnovabile, sarebbero in grado di garantire almeno 11 Mtep -pari al 56,5% dei consumi del settore agroalimentare. La sezione offre una panoramica su quelli che sono gli scarti di materie prime lasciate nel campo, con particolare focus sulle biomasse utili per la produzione di bioenergie tramite processi di combustione, fermentazione e digestione anaerobica. Sarà offerta un’analisi del valore energetico di tali scarti e del relativo costo economico. Tale indagine permetterà di ipotizzare il piano economico-finanziario relativo a un investimento per un impianto a biomassa e della relativa gestione.

Residui da coltivazioni ed energie rinnovabili

REGOLI, FRANCESCA;VITTUARI, MATTEO
2013

Abstract

Il settore agroalimentare emerge sempre più come potenziale produttore di energia rinnovabile attraverso l’impiego di residui agricoli, che rappresenta una soluzione virtuosa sia per ridurre le inefficienze energetiche, sia per sostituire parte dei consumi fossili delle filiere agroalimentari. L’esigenza di promuovere nuove fonti energetiche rinnovabili, più attente all’ambiente e all’uso delle risorse naturali, pone quindi al centro dell’attenzione l’utilizzo di scarti agricoli in ambito energetico, come opportunità multifunzionale: per lo smaltimento sostenibile e intelligente di residui, per la produzione di energia da fonti rinnovabili, per la creazione di ulteriori fonti di reddito e nuove opportunità lavorative nel settore agricolo. Nel periodo dal 2006 al 2009, la produzione agricola lasciata nei campi (per motivi economici ed estetici) è passata da quasi 1,5 milioni di tonnellate a oltre 1,7 milioni di tonnellate (Segrè, Falasconi,, 2011). Tali prodotti (principalmente frutta e ortaggi) potrebbero essere re-introdotti nella catena alimentare, qualora rispettino gli standard qualitativi richiesti, o rappresentare una potenziale risorsa come biomassa per il settore agro energetico . Da stime ENEA (2011) sulle biomasse residuali, si potrebbero ricavare ca. 300 kTEP dalle 900.000 tonnellate annue di residui dei fruttiferi e ca. 250 kTEP dai a residui dell’olivicoltura stimati in 700.000 tonnellate all’anno. Ulteriori calcoli considerano che, riducendo gli scarti nelle filiere di coltivazioni ortive, si potrà arrivare, nel 2020, a un risparmio energetico di oltre 12.000 TEP per le produzioni in serra e oltre 38.000 TEP per quelle in campo. L’ENEA (2011) quindi valuta che le diverse filiere agro energetiche italiane, tra risparmi energetici e produzione potenziale di energia rinnovabile, sarebbero in grado di garantire almeno 11 Mtep -pari al 56,5% dei consumi del settore agroalimentare. La sezione offre una panoramica su quelli che sono gli scarti di materie prime lasciate nel campo, con particolare focus sulle biomasse utili per la produzione di bioenergie tramite processi di combustione, fermentazione e digestione anaerobica. Sarà offerta un’analisi del valore energetico di tali scarti e del relativo costo economico. Tale indagine permetterà di ipotizzare il piano economico-finanziario relativo a un investimento per un impianto a biomassa e della relativa gestione.
2013
Il libro verde dello spreco in Italia: l'energia
155
162
F Regoli; M Vittuari
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/255091
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