Nabokov può essere considerato come un esempio perfetto di artista caratterizzato dallo sconfinamento e dall’incrocio delle culture. Si cimentò come traduttore di testi altrui e propri dall’inglese al russo e viceversa. Si mettono qui a confronto due modalità traduttive diverse: la prima nella traduzione dall’inglese in russo di un testo altrui (Alice in Wonderland tradotto come Anja v strane čudes). La seconda consiste nell’auto-traduzione di Lolita dall’inglese in russo. Nel primo caso osserviamo una grande ricchezza di soluzioni innovative e originali volte ad avvicinare il testo alla cultura di arrivo. Nel caso di Lolita invece si nota un atteggiamento diverso, che peraltro contrasta con la prassi auto-traduttiva (dal russo all’ingese) adottata dall’autore stesso in altri casi, caratterizzata dalla tendenza a rielaborare e addirittura a riscrivere passi interi o a rimaneggiare anche i personaggi. Nella versione russa di Lolita l’autore decide di non rielaborare in modo sostanziale il suo romanzo, cercando di rimanere quanto più possibile aderente alla lettera dell’originale, come aveva in precedenza fatto ad esempio con l’Evgenij Onegin. In questo caso di autotraduzione Nabokov sembra animato dall’intento di salvaguardare e tutelare il proprio romanzo da fraintendimenti e manomissioni altrui, fornendone una versione russa ufficiale per il pubblico russofono, all’epoca decisamente virtuale. Tuttavia questo lavoro di traduzione gli lasciò un sentimento di profonda insoddisfazione, egli infatti definisce la “storia di questa traduzione come la storia di una delusione”. Pur convinto della superiorità stilistica delle sue opere scritte in russo rispetto a quelle in inglese, Nabokov constata come la lingua materna risuonasse ormai come “arrugginita” dopo i tanti anni in cui si era dedicato a scrivere la sua prosa in inglese. Lo scontento dell’autore nei confronti di questa autotraduzione è mitigato dall’orgoglio per la propria “ferrea” autodisciplina che gli ha impedito di operare tagli o aggiunte. Le difficoltà incontrate sono legate principalmente alla traduzione dei realia che appaiono a volte goffe a fronte invece dell’eleganza delle soluzioni traduttive trovate per contenuti relativi alla cultura letteraria e artistica, per le quali si attinge spesso alla tradizione poetica dell’epoca d’argento della letteratura russa.

Gabriella Elina Imposti (2013). Nabokov bifronte: l’(auto)traduzione da e verso il russo. Firenze : FUP-Firenze University Press.

Nabokov bifronte: l’(auto)traduzione da e verso il russo

IMPOSTI, GABRIELLA ELINA
2013

Abstract

Nabokov può essere considerato come un esempio perfetto di artista caratterizzato dallo sconfinamento e dall’incrocio delle culture. Si cimentò come traduttore di testi altrui e propri dall’inglese al russo e viceversa. Si mettono qui a confronto due modalità traduttive diverse: la prima nella traduzione dall’inglese in russo di un testo altrui (Alice in Wonderland tradotto come Anja v strane čudes). La seconda consiste nell’auto-traduzione di Lolita dall’inglese in russo. Nel primo caso osserviamo una grande ricchezza di soluzioni innovative e originali volte ad avvicinare il testo alla cultura di arrivo. Nel caso di Lolita invece si nota un atteggiamento diverso, che peraltro contrasta con la prassi auto-traduttiva (dal russo all’ingese) adottata dall’autore stesso in altri casi, caratterizzata dalla tendenza a rielaborare e addirittura a riscrivere passi interi o a rimaneggiare anche i personaggi. Nella versione russa di Lolita l’autore decide di non rielaborare in modo sostanziale il suo romanzo, cercando di rimanere quanto più possibile aderente alla lettera dell’originale, come aveva in precedenza fatto ad esempio con l’Evgenij Onegin. In questo caso di autotraduzione Nabokov sembra animato dall’intento di salvaguardare e tutelare il proprio romanzo da fraintendimenti e manomissioni altrui, fornendone una versione russa ufficiale per il pubblico russofono, all’epoca decisamente virtuale. Tuttavia questo lavoro di traduzione gli lasciò un sentimento di profonda insoddisfazione, egli infatti definisce la “storia di questa traduzione come la storia di una delusione”. Pur convinto della superiorità stilistica delle sue opere scritte in russo rispetto a quelle in inglese, Nabokov constata come la lingua materna risuonasse ormai come “arrugginita” dopo i tanti anni in cui si era dedicato a scrivere la sua prosa in inglese. Lo scontento dell’autore nei confronti di questa autotraduzione è mitigato dall’orgoglio per la propria “ferrea” autodisciplina che gli ha impedito di operare tagli o aggiunte. Le difficoltà incontrate sono legate principalmente alla traduzione dei realia che appaiono a volte goffe a fronte invece dell’eleganza delle soluzioni traduttive trovate per contenuti relativi alla cultura letteraria e artistica, per le quali si attinge spesso alla tradizione poetica dell’epoca d’argento della letteratura russa.
2013
Linee di confine. Separazioni e processi di integrazione nello spazio culturale slavo
247
260
Gabriella Elina Imposti (2013). Nabokov bifronte: l’(auto)traduzione da e verso il russo. Firenze : FUP-Firenze University Press.
Gabriella Elina Imposti
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