Il rapido evolvere del mercato, nazionale e internazionale, bancario, specie a seguito della grave crisi finanziaria che così significativamente ne ha ridisegnato i contorni operativi e strutturali, pone, ancora una volta, il credito cooperativo italiano dinanzi ad importanti interrogativi circa il modello organizzativo e operativo da adottare per gli anni a venire. Ed invero, le banche di credito cooperativo - che, per finalità, natura e condiviso vincolo istituzionale, hanno conservato dimensioni strutturali e operative enormemente più piccole dei grandi e medi operatori bancari nazionali e internazionali – rischiano per questa ragione non solo di essere esposte ad una gara concorrenziale non ad armi pari ma anche di trovarsi non adeguatamente pronte a rispondere ai rischi di liquidità e stabilità micro e macroprudenziale (un rischio tanto più grave una volta resosi manifesto che l’incremento degli impieghi di sistema riscontrato negli ultimi anni è stato spesso più il frutto avvelenato di processi di selezione avversa che non il premio di una pretesa maggiore efficacia competitiva). Il rischio di medio periodo – ove non venissero adottate misure “di sistema” di reazione adeguate e tempestive – è, inevitabilmente (tenuto anche conto della concorrenza, essa pure non ad armi pari, di Bancoposta), quello della marginalizzazione, della progressiva ma ineluttabile erosione del radicamento territoriale e della autonomia locale per effetto di processi di fusione interni al sistema (ma che, ove generalizzati, vi è da ritenere che finirebbero per modificare profondamente i lineamenti di fondo del credito cooperativo) e quello dell’esposizione del sistema a crescenti rischi, di liquidità e stabilità. Si rischierebbe in tal modo di perdere una fondamentale rete diffusa di credito a servizio dell’economia locale, che costituisce non solo un patrimonio ereditato da una gloriosa storia più che centenaria ma anche (pur a dispetto dei crescenti effetti di selezione avversa) uno dei pochi “motori” virtuosi ancora attivi nel contesto economico nazionale a servizio dell’impresa piccola e media, dei distretti, della comunità civile. In questo contesto, si richiedono dunque al credito cooperativo nuove azioni e la capacità di trovare nuovi strumenti che sappiano fare utilmente convivere esigenze mutualistiche e sociali, efficienza produttiva e allocativa e adeguato presidio della stabilità; il tutto, naturalmente, con piena tutela e promozione della concorrenza. Pur consapevole di come risulti assai difficile,in poche pagine di sintesi, illustrare temi obiettivamente multiformi e complessi, si proverà qui di seguito a descrivere le linee fondamentali dell’attuale organizzazione operativa del credito cooperativo e il suo “statuto” antitrust e quelle che, in una prospettiva di tutela della concorrenza e del mercato paiono sfide “vecchie” e “nuove” ormai ineludibili se non si vuole costringere il credito cooperativo entro “una camicia di forza” che ne decreti il definitivo tramonto.
Marco Lamandini (2012). banche di credito cooperative e disciplina antitrust. "Vecchie" e "nuove" questioni dopo la crisi finanziaria. Bologna : Il Mulino.
banche di credito cooperative e disciplina antitrust. "Vecchie" e "nuove" questioni dopo la crisi finanziaria
LAMANDINI, MARCO
2012
Abstract
Il rapido evolvere del mercato, nazionale e internazionale, bancario, specie a seguito della grave crisi finanziaria che così significativamente ne ha ridisegnato i contorni operativi e strutturali, pone, ancora una volta, il credito cooperativo italiano dinanzi ad importanti interrogativi circa il modello organizzativo e operativo da adottare per gli anni a venire. Ed invero, le banche di credito cooperativo - che, per finalità, natura e condiviso vincolo istituzionale, hanno conservato dimensioni strutturali e operative enormemente più piccole dei grandi e medi operatori bancari nazionali e internazionali – rischiano per questa ragione non solo di essere esposte ad una gara concorrenziale non ad armi pari ma anche di trovarsi non adeguatamente pronte a rispondere ai rischi di liquidità e stabilità micro e macroprudenziale (un rischio tanto più grave una volta resosi manifesto che l’incremento degli impieghi di sistema riscontrato negli ultimi anni è stato spesso più il frutto avvelenato di processi di selezione avversa che non il premio di una pretesa maggiore efficacia competitiva). Il rischio di medio periodo – ove non venissero adottate misure “di sistema” di reazione adeguate e tempestive – è, inevitabilmente (tenuto anche conto della concorrenza, essa pure non ad armi pari, di Bancoposta), quello della marginalizzazione, della progressiva ma ineluttabile erosione del radicamento territoriale e della autonomia locale per effetto di processi di fusione interni al sistema (ma che, ove generalizzati, vi è da ritenere che finirebbero per modificare profondamente i lineamenti di fondo del credito cooperativo) e quello dell’esposizione del sistema a crescenti rischi, di liquidità e stabilità. Si rischierebbe in tal modo di perdere una fondamentale rete diffusa di credito a servizio dell’economia locale, che costituisce non solo un patrimonio ereditato da una gloriosa storia più che centenaria ma anche (pur a dispetto dei crescenti effetti di selezione avversa) uno dei pochi “motori” virtuosi ancora attivi nel contesto economico nazionale a servizio dell’impresa piccola e media, dei distretti, della comunità civile. In questo contesto, si richiedono dunque al credito cooperativo nuove azioni e la capacità di trovare nuovi strumenti che sappiano fare utilmente convivere esigenze mutualistiche e sociali, efficienza produttiva e allocativa e adeguato presidio della stabilità; il tutto, naturalmente, con piena tutela e promozione della concorrenza. Pur consapevole di come risulti assai difficile,in poche pagine di sintesi, illustrare temi obiettivamente multiformi e complessi, si proverà qui di seguito a descrivere le linee fondamentali dell’attuale organizzazione operativa del credito cooperativo e il suo “statuto” antitrust e quelle che, in una prospettiva di tutela della concorrenza e del mercato paiono sfide “vecchie” e “nuove” ormai ineludibili se non si vuole costringere il credito cooperativo entro “una camicia di forza” che ne decreti il definitivo tramonto.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.