Inque dies magis in montem succedere silvas cogebant infraque locum concedere cultis, prata, lacus, rivos, segetes vinetaque laeta collibus et campis ut haberent, atque olearum caerula distinguens inter plaga currere posset per tumulos et convallis camposque profusa; ut nunc esse vides vario distincta lepore omnia, quae pomis intersita dulcibus ornant arbustisque tenent felicibus ospita circum. Titus Lucretius Carus De Rerum Natura, Liber V, 1370-1378 Le acque dei torrenti Zena, Idice, Sillaro e dei loro affluenti scorrono in una stretta fascia di territorio compresa tra il crinale tosco-emiliano e l’antico tratto del Po di Primaro, ora utilizzato dal corso terminale del fiume Reno; in essa, in poco più di una settantina di chilometri dalla pianura alla montagna, sono racchiuse emergenze fisiche, storiche e culturali di inestimabile valore. Acque libere lungo i pendii delle montagne che giunte alla pianura divagavano in flessuosi meandri e spesso esondavano dai loro alvei naturali inondando vaste plaghe di territorio, e vi ristagnavano non trovando un facile accesso al mare Adriatico: “Da valli impervie scorron impetuose e nei flutti grigi dell’Eridano mare, di confluìr veloci son desiderose; si tormentano invece per il divagare lento tra paludì chiuse e caliginose”. Le grandi opere di bonifica idraulica, succedutesi nei secoli e culminate negli ultimi centanni, hanno cercato di regolamentare la libertà delle acque con canali e briglie, ma spesso a quelle costrizioni l’elemento si divincola, s’impenna e salta gli ostacoli posti dall’uomo.. Altre acque bagnano i suoli e divengono disponibili come risorsa di vita ai boschi, ai prati, alla vegetazione naturale e a quella coltivata; altre ancora si avventurano in profondità ed al contatto con rocce solubili costruiscono con la pazienza del tempo un affascinante mondo sotterraneo fatto di grotte, inghiottitoi e rii sotterranei, e talvolta riappaiono in superficie dopo percorsi conosciuti od ancora misteriosi. L’ecosistema di questi territori ha certamente affascinato le popolazioni dei primi insediamenti giunte dagli Appennini o dal mare; fatto certo è che tra le valli di Zena, Idice, Quaderna, Gaiana, Sillaro e Sellustra corrono antiche strade di crinale che collegando gli spartiacque tosco-emiliani con la pianura padana, hanno permesso alle popolazioni appenniniche di venire a contatto con quelle etrusche fondendo abitudini, cultura, arti, quali esempi mirabili di integrazione multietnica “.. e dalle sommità più elevate ai luoghi della costa era abitudine comunicare con segnali di fuoco nella notte e di luce durante il giorno; così di cima in cima, di torre in torre un dialogo silenzioso, come rintocchi di campane mute, dava l’allarme di pericoli latenti, chiamava a raduno per le festività imminenti”. Certamente quella stessa viabilità è stata poi percorsa dai Romani cui “Isex et Silarum flumina” rappresentavano un importante riferimento geografico indicato dalle antiche mappe; i Romani prediligevano i territori di pianura come testimoniato dall’imponente opera di sistemazione fondiaria e di riassetto idrogeologico che ha portato alla fondazione dei molti centri storici allineati lungo la Via Emilia o collocati subito a nord della stessa. L’equilibrio tra pianura-montagna ed il rapporto città-campagna mutarono poi nei secoli; quando per lunghi periodi del medioevo e dell’età moderna il delicato sistema della pianura degrada per incuria e abbandono, l’uomo riscopre la montagna e attiva collegamenti trasversali dalle valli ai crinali evitando l’ambiente malsano della pianura. Gli ultimi secoli portano alla consapevolezza, talvolta presuntuosa, di poter controllare gli elementi naturali e l’uomo si avventura lungo i fondo valle, costruendo strade ed insediamenti moderni; ed infine l’immediato futuro fatto di mezzi che ad alta velocità attraverseranno il nostro Appennino grazie alla costruzione di gallerie profonde e di considerevole lunghezza, ch...

Valli di Zena, Idice e Sillaro: percorsi nel tempo tra storia e realtà

VIANELLO, GILMO
2005

Abstract

Inque dies magis in montem succedere silvas cogebant infraque locum concedere cultis, prata, lacus, rivos, segetes vinetaque laeta collibus et campis ut haberent, atque olearum caerula distinguens inter plaga currere posset per tumulos et convallis camposque profusa; ut nunc esse vides vario distincta lepore omnia, quae pomis intersita dulcibus ornant arbustisque tenent felicibus ospita circum. Titus Lucretius Carus De Rerum Natura, Liber V, 1370-1378 Le acque dei torrenti Zena, Idice, Sillaro e dei loro affluenti scorrono in una stretta fascia di territorio compresa tra il crinale tosco-emiliano e l’antico tratto del Po di Primaro, ora utilizzato dal corso terminale del fiume Reno; in essa, in poco più di una settantina di chilometri dalla pianura alla montagna, sono racchiuse emergenze fisiche, storiche e culturali di inestimabile valore. Acque libere lungo i pendii delle montagne che giunte alla pianura divagavano in flessuosi meandri e spesso esondavano dai loro alvei naturali inondando vaste plaghe di territorio, e vi ristagnavano non trovando un facile accesso al mare Adriatico: “Da valli impervie scorron impetuose e nei flutti grigi dell’Eridano mare, di confluìr veloci son desiderose; si tormentano invece per il divagare lento tra paludì chiuse e caliginose”. Le grandi opere di bonifica idraulica, succedutesi nei secoli e culminate negli ultimi centanni, hanno cercato di regolamentare la libertà delle acque con canali e briglie, ma spesso a quelle costrizioni l’elemento si divincola, s’impenna e salta gli ostacoli posti dall’uomo.. Altre acque bagnano i suoli e divengono disponibili come risorsa di vita ai boschi, ai prati, alla vegetazione naturale e a quella coltivata; altre ancora si avventurano in profondità ed al contatto con rocce solubili costruiscono con la pazienza del tempo un affascinante mondo sotterraneo fatto di grotte, inghiottitoi e rii sotterranei, e talvolta riappaiono in superficie dopo percorsi conosciuti od ancora misteriosi. L’ecosistema di questi territori ha certamente affascinato le popolazioni dei primi insediamenti giunte dagli Appennini o dal mare; fatto certo è che tra le valli di Zena, Idice, Quaderna, Gaiana, Sillaro e Sellustra corrono antiche strade di crinale che collegando gli spartiacque tosco-emiliani con la pianura padana, hanno permesso alle popolazioni appenniniche di venire a contatto con quelle etrusche fondendo abitudini, cultura, arti, quali esempi mirabili di integrazione multietnica “.. e dalle sommità più elevate ai luoghi della costa era abitudine comunicare con segnali di fuoco nella notte e di luce durante il giorno; così di cima in cima, di torre in torre un dialogo silenzioso, come rintocchi di campane mute, dava l’allarme di pericoli latenti, chiamava a raduno per le festività imminenti”. Certamente quella stessa viabilità è stata poi percorsa dai Romani cui “Isex et Silarum flumina” rappresentavano un importante riferimento geografico indicato dalle antiche mappe; i Romani prediligevano i territori di pianura come testimoniato dall’imponente opera di sistemazione fondiaria e di riassetto idrogeologico che ha portato alla fondazione dei molti centri storici allineati lungo la Via Emilia o collocati subito a nord della stessa. L’equilibrio tra pianura-montagna ed il rapporto città-campagna mutarono poi nei secoli; quando per lunghi periodi del medioevo e dell’età moderna il delicato sistema della pianura degrada per incuria e abbandono, l’uomo riscopre la montagna e attiva collegamenti trasversali dalle valli ai crinali evitando l’ambiente malsano della pianura. Gli ultimi secoli portano alla consapevolezza, talvolta presuntuosa, di poter controllare gli elementi naturali e l’uomo si avventura lungo i fondo valle, costruendo strade ed insediamenti moderni; ed infine l’immediato futuro fatto di mezzi che ad alta velocità attraverseranno il nostro Appennino grazie alla costruzione di gallerie profonde e di considerevole lunghezza, ch...
2005
352
8890126191
9788890126192
Vianello G.
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