L’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è in procinto di cambiare. Infatti, la spinta federalista impressa dalla l. 3/2003, modificando il titolo V della Costituzione, rende inevitabile un lavoro di adeguamento del Testo Unico degli Enti Locali al nuovo equilibrio tra enti territoriali delineato nell’art. 117 della nostra carta fondamentale. L’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, oltre a ciò, indubbiamente soffre di un contesto che, negli ultimi dieci anni, è radicalmente mutato anche sul piano sostanziale. Gli enti locali, dal 1995 ad oggi, sono molto cambiati e, senza dubbio, sono stati interessati da un processo – di cui il D.Lgs. 77/95 è stato parte integrante – che li ha resi più maturi e più attenti alle esigenze del cittadino. Di questo comuni e province sono consapevoli e pertanto a ragione richiedono una crescente autonomia e un adeguamento della normativa che li riguarda. L’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è stato per anni un esempio per i legislatori degli altri paesi europei, alcuni dei quali solo oggi stanno realizzando normative non dissimili da quella in vigore in Italia da un decennio. Resta il fatto però che anche a livello comunitario sta crescendo la consapevolezza che un salto di qualità deve essere fatto per quanto riguarda la regolamentazione contabile delle pubbliche amministrazioni e che, come è accaduto in altri settori, questo andrà attuato in modo coerente al più generale contesto dell’Unione Europea. Una riforma è dunque necessaria ed è quindi un bene che oggi si sia in procinto di realizzarla. Quello che si auspica, però, è che il legislatore eviti di ripetere gli errori in cui troppo spesso incorre quando si tratta di normare in materia di pubbliche amministrazioni. E gli errori, tra loro correlati, sono essenzialmente riconducibili a: 1. considerare «addetti ai lavori» solo i cultori delle materie giuridiche. Ormai non può più essere così, in un ambito in cui gli economisti aziendali hanno da tempo dimostrato di avere molto da dire. L’ottica giuridica, pure importante, non può essere quella esclusiva, a meno che non si considerino soddisfacenti gli attuali standard di efficacia, efficienza ed economicità del settore pubblico; 2. ignorare cosa succede nel resto del mondo, illudendosi di avere una propria «autonomia normativa». Al contrario, la crescente armonizzazione a livello europeo e perfino globale, non permette più agli stati nazionali di conservare «riserve indiane», neppure quando si tratta di pubblica amministrazione. Fare oggi una riforma ignorando cosa accade nel resto del mondo significa, con ogni probabilità, vedersi presto costretti a doverla modificare dietro l’impulso della Unione Europea, così come è già accaduto per il settore dei servizi pubblici locali; 3. cercare di evitare il dibattito. In questo momento, negli uffici di più di un Ministero, si sta lavorando alla Riforma, la quale, una volta redatta, sarà sottoposta all’attenzione delle associazioni interessate, degli operatori e degli studiosi della materia, che potranno proporre solo ritocchi minimi. È da sempre così, certo, ma non si capisce per quale ragione la modifica di una normativa che riguarda 9.000 amministrazioni locali e la totalità dei cittadini non debba essere prima discussa e poi realizzata, in modo da arrivare ad un quadro di riferimento condiviso, intorno a cui fare poi lavorare i materiali estensori della norma.

Introduzione

FARNETI, GIUSEPPE;
2005

Abstract

L’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è in procinto di cambiare. Infatti, la spinta federalista impressa dalla l. 3/2003, modificando il titolo V della Costituzione, rende inevitabile un lavoro di adeguamento del Testo Unico degli Enti Locali al nuovo equilibrio tra enti territoriali delineato nell’art. 117 della nostra carta fondamentale. L’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, oltre a ciò, indubbiamente soffre di un contesto che, negli ultimi dieci anni, è radicalmente mutato anche sul piano sostanziale. Gli enti locali, dal 1995 ad oggi, sono molto cambiati e, senza dubbio, sono stati interessati da un processo – di cui il D.Lgs. 77/95 è stato parte integrante – che li ha resi più maturi e più attenti alle esigenze del cittadino. Di questo comuni e province sono consapevoli e pertanto a ragione richiedono una crescente autonomia e un adeguamento della normativa che li riguarda. L’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è stato per anni un esempio per i legislatori degli altri paesi europei, alcuni dei quali solo oggi stanno realizzando normative non dissimili da quella in vigore in Italia da un decennio. Resta il fatto però che anche a livello comunitario sta crescendo la consapevolezza che un salto di qualità deve essere fatto per quanto riguarda la regolamentazione contabile delle pubbliche amministrazioni e che, come è accaduto in altri settori, questo andrà attuato in modo coerente al più generale contesto dell’Unione Europea. Una riforma è dunque necessaria ed è quindi un bene che oggi si sia in procinto di realizzarla. Quello che si auspica, però, è che il legislatore eviti di ripetere gli errori in cui troppo spesso incorre quando si tratta di normare in materia di pubbliche amministrazioni. E gli errori, tra loro correlati, sono essenzialmente riconducibili a: 1. considerare «addetti ai lavori» solo i cultori delle materie giuridiche. Ormai non può più essere così, in un ambito in cui gli economisti aziendali hanno da tempo dimostrato di avere molto da dire. L’ottica giuridica, pure importante, non può essere quella esclusiva, a meno che non si considerino soddisfacenti gli attuali standard di efficacia, efficienza ed economicità del settore pubblico; 2. ignorare cosa succede nel resto del mondo, illudendosi di avere una propria «autonomia normativa». Al contrario, la crescente armonizzazione a livello europeo e perfino globale, non permette più agli stati nazionali di conservare «riserve indiane», neppure quando si tratta di pubblica amministrazione. Fare oggi una riforma ignorando cosa accade nel resto del mondo significa, con ogni probabilità, vedersi presto costretti a doverla modificare dietro l’impulso della Unione Europea, così come è già accaduto per il settore dei servizi pubblici locali; 3. cercare di evitare il dibattito. In questo momento, negli uffici di più di un Ministero, si sta lavorando alla Riforma, la quale, una volta redatta, sarà sottoposta all’attenzione delle associazioni interessate, degli operatori e degli studiosi della materia, che potranno proporre solo ritocchi minimi. È da sempre così, certo, ma non si capisce per quale ragione la modifica di una normativa che riguarda 9.000 amministrazioni locali e la totalità dei cittadini non debba essere prima discussa e poi realizzata, in modo da arrivare ad un quadro di riferimento condiviso, intorno a cui fare poi lavorare i materiali estensori della norma.
2005
Principi e sistemi contabili negli enti locali
XV
XVI
Farneti G.; Pozzoli S.
File in questo prodotto:
Eventuali allegati, non sono esposti

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/23608
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact