Gli studi sulla prima età moderna sull’uso della razza come categoria interpretativa delle modalità retoriche legate alla rappresentazione e costruzione della diversità, si sono spesso dovuti confrontare con la scarsa presenza di documenti storici ufficiali che attestassero la presenza effettiva di “stranieri” in comunità, come ci ricorda Imtiaz Habib, ufficialmente riconosciute come bianche e inglesi. La non presenza esplicita di una riconoscibile ideologia razziale legata al termine razza, ha poi condotto alcuni studiosi a ritenere la cultura inglese della prima età moderna pressoché estranea alle problematiche sulla razza e alle teorizzazioni di essa che invece diventano più frequenti con la partecipazione attiva dell’Inghilterra nella tratta degli schiavi a partire dalla seconda metà del Seicento. Inoltre, la frequente associazione della razza con la scienza moderna dell’Ottocento, come mette in luce Kim Hall (1995) ha spesso portato ad ignorare quanto fondamentale sia stato -e sia ancora- il ruolo del linguaggio nello stabilire e nel veicolare differenze e pregiudizi all’interno della formazione di comunità e di organizzazioni sociali. E’ un attento studio del linguaggio, e della sua capacità di produrre significati soggetti a molteplici interpretazioni e appropriazioni, a rivelare come la razza sia in realtà un costrutto sociale più legato a questioni di potere e cultura che all’esistenza di effettive differenze biologiche su cui sono state costruite convinzioni di superiorità e/o inferiorità di una cultura rispetto ad un’altra. Il mio saggio si propone di mostrare alcuni esempi in cui la costruzione della nozione di razza, che occuperà i dibattiti teorici dei secoli futuri, sia in realtà già in atto nella cultura inglese della prima età moderna nell’uso di linguaggi e rappresentazioni culturali che partecipano attivamente al consolidamento e alla canonizzazione della diversità, delineandosi, fin dalla loro apparizione, come inscindibilmente legate alle politiche di classe e di genere in atto nella società inglese del tardo Cinquecento che si apre alla grande esperienza coloniale.
Gilberta Golinelli (2012). La canonizzazione della diversità nella cultura inglese della prima età moderna. Bologna : I Libri di Emil- Odoya.
La canonizzazione della diversità nella cultura inglese della prima età moderna
GOLINELLI, GILBERTA
2012
Abstract
Gli studi sulla prima età moderna sull’uso della razza come categoria interpretativa delle modalità retoriche legate alla rappresentazione e costruzione della diversità, si sono spesso dovuti confrontare con la scarsa presenza di documenti storici ufficiali che attestassero la presenza effettiva di “stranieri” in comunità, come ci ricorda Imtiaz Habib, ufficialmente riconosciute come bianche e inglesi. La non presenza esplicita di una riconoscibile ideologia razziale legata al termine razza, ha poi condotto alcuni studiosi a ritenere la cultura inglese della prima età moderna pressoché estranea alle problematiche sulla razza e alle teorizzazioni di essa che invece diventano più frequenti con la partecipazione attiva dell’Inghilterra nella tratta degli schiavi a partire dalla seconda metà del Seicento. Inoltre, la frequente associazione della razza con la scienza moderna dell’Ottocento, come mette in luce Kim Hall (1995) ha spesso portato ad ignorare quanto fondamentale sia stato -e sia ancora- il ruolo del linguaggio nello stabilire e nel veicolare differenze e pregiudizi all’interno della formazione di comunità e di organizzazioni sociali. E’ un attento studio del linguaggio, e della sua capacità di produrre significati soggetti a molteplici interpretazioni e appropriazioni, a rivelare come la razza sia in realtà un costrutto sociale più legato a questioni di potere e cultura che all’esistenza di effettive differenze biologiche su cui sono state costruite convinzioni di superiorità e/o inferiorità di una cultura rispetto ad un’altra. Il mio saggio si propone di mostrare alcuni esempi in cui la costruzione della nozione di razza, che occuperà i dibattiti teorici dei secoli futuri, sia in realtà già in atto nella cultura inglese della prima età moderna nell’uso di linguaggi e rappresentazioni culturali che partecipano attivamente al consolidamento e alla canonizzazione della diversità, delineandosi, fin dalla loro apparizione, come inscindibilmente legate alle politiche di classe e di genere in atto nella società inglese del tardo Cinquecento che si apre alla grande esperienza coloniale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.