La trasformazione delle democrazie occidentali in società multietniche, più o meno marcata e recente, costituisce ormai un dato di fatto. Tuttavia è sempre più evidente e diffusa la consapevolezza della distanza che separa un concetto descrittivo come quello di ‘multietnicità’ dal carattere prescrittivo di un termine come ‘multiculturalismo’. Un osservatorio per certi versi privilegiato dei codici e delle pratiche di inclusione/esclusione che si realizzano entro un Paese è costituito dall’area dell’esecuzione penale, in cui trovano un epilogo molto spesso definitivo e disillusorio le traiettorie di immigrazione per una quota di stranieri proporzionalmente rilevante rispetto alla presenza complessiva sul territorio, segnalando così la rottura più vistosa nel percorso possibile ‘arrivo-accoglienza-integrazione’. A questo livello le politiche sociali si trovano a fare i conti con situazioni fortemente compromesse e vincolate anche a strutture normativo-organizzative piuttosto rigide e scarsamente permeabili a logiche concettualmente disomogenee, come l’apparato legislativo che regolamenta i flussi migratori e il sistema penal-penitenziario. Il sistema penale non può essere osservato separatamente dal tessuto sociale ed economico del quale è, in ultima analisi, espressione e ‘strumento’. Per certi versi esso appare come una forma estrema di politica sociale, in cui si accentuano fortemente le esigenze di controllo delle dinamiche demografiche e socio-economiche. Nel corso del tempo, del resto, secondo alcuni si è verificata una progressiva compenetrazione tra funzione penal-repressiva ed agenzie assistenziali dello stato sociale. Un aspetto della reazione del sistema politico-istituzionale e sociale ai flussi migratori assume i connotati di una gestione di parte del fenomeno per via giudiziario-penitenziaria. L’affacciarsi di dinamiche di prison-care per gli stranieri accentua alcuni lati paradossali del carcere, già caratteristici del suo funzionamento. Entro questa cornice si muovono le politiche sociali di livello nazionale e locale che cercano di ripristinare percorsi di accesso alla cittadinanza, di reinserimento e di tutela dei diritti assumendo, talvolta, una funzione di innovazione socio-istituzionale. L’analisi del caso dello sportello informativo aperto presso la Casa Circondariale di Bologna e la sua estensione all’intera regione Emilia-Romagna, nonché la constatazione dei tanti intrecci quotidiani di tipo operativo, professionale, amministrativo tra diverse organizzazioni pubbliche, tra pubblico e privato, tra istituzioni e società civile nella realizzazione di politiche di intervento sull’area dell’esecuzione penale e post-penitenziaria permettono di apprezzare l’importanza di culture e pratiche di livello locale, in grado di connotare in maniera forte un quadro caratterizzato da molte variabili macro attraverso vocazioni, schemi e risorse territorialmente situate. L’adozione di una prospettiva di questo tipo, sommata ad un’interpretazione generale che riconosce la forza di cornici e logiche istituzionali, si inscrive saldamente entro un’affermazione del radicamento socio-culturale del welfare.
A. Martelli (2004). Cittadini stranieri, devianza e contesto locale: analisi di un’iniziativa di politica sociale in ambito penitenziario. MILANO : Franco Angeli.
Cittadini stranieri, devianza e contesto locale: analisi di un’iniziativa di politica sociale in ambito penitenziario
MARTELLI, ALESSANDRO
2004
Abstract
La trasformazione delle democrazie occidentali in società multietniche, più o meno marcata e recente, costituisce ormai un dato di fatto. Tuttavia è sempre più evidente e diffusa la consapevolezza della distanza che separa un concetto descrittivo come quello di ‘multietnicità’ dal carattere prescrittivo di un termine come ‘multiculturalismo’. Un osservatorio per certi versi privilegiato dei codici e delle pratiche di inclusione/esclusione che si realizzano entro un Paese è costituito dall’area dell’esecuzione penale, in cui trovano un epilogo molto spesso definitivo e disillusorio le traiettorie di immigrazione per una quota di stranieri proporzionalmente rilevante rispetto alla presenza complessiva sul territorio, segnalando così la rottura più vistosa nel percorso possibile ‘arrivo-accoglienza-integrazione’. A questo livello le politiche sociali si trovano a fare i conti con situazioni fortemente compromesse e vincolate anche a strutture normativo-organizzative piuttosto rigide e scarsamente permeabili a logiche concettualmente disomogenee, come l’apparato legislativo che regolamenta i flussi migratori e il sistema penal-penitenziario. Il sistema penale non può essere osservato separatamente dal tessuto sociale ed economico del quale è, in ultima analisi, espressione e ‘strumento’. Per certi versi esso appare come una forma estrema di politica sociale, in cui si accentuano fortemente le esigenze di controllo delle dinamiche demografiche e socio-economiche. Nel corso del tempo, del resto, secondo alcuni si è verificata una progressiva compenetrazione tra funzione penal-repressiva ed agenzie assistenziali dello stato sociale. Un aspetto della reazione del sistema politico-istituzionale e sociale ai flussi migratori assume i connotati di una gestione di parte del fenomeno per via giudiziario-penitenziaria. L’affacciarsi di dinamiche di prison-care per gli stranieri accentua alcuni lati paradossali del carcere, già caratteristici del suo funzionamento. Entro questa cornice si muovono le politiche sociali di livello nazionale e locale che cercano di ripristinare percorsi di accesso alla cittadinanza, di reinserimento e di tutela dei diritti assumendo, talvolta, una funzione di innovazione socio-istituzionale. L’analisi del caso dello sportello informativo aperto presso la Casa Circondariale di Bologna e la sua estensione all’intera regione Emilia-Romagna, nonché la constatazione dei tanti intrecci quotidiani di tipo operativo, professionale, amministrativo tra diverse organizzazioni pubbliche, tra pubblico e privato, tra istituzioni e società civile nella realizzazione di politiche di intervento sull’area dell’esecuzione penale e post-penitenziaria permettono di apprezzare l’importanza di culture e pratiche di livello locale, in grado di connotare in maniera forte un quadro caratterizzato da molte variabili macro attraverso vocazioni, schemi e risorse territorialmente situate. L’adozione di una prospettiva di questo tipo, sommata ad un’interpretazione generale che riconosce la forza di cornici e logiche istituzionali, si inscrive saldamente entro un’affermazione del radicamento socio-culturale del welfare.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.