Attraverso l'analisi della giurisprudenza costituzionale sulla libertà di manifestazione di pensiero e di alcuni casi concreti decisi dai giudici ordinari e amministrativi, il volume prova a delineare una teoria costituzionale del discorso pubblico. In particolare, il lavoro si compone di quattro capitoli, idealmente suddivisibili in due parti. La prima, di matrice teorico-generale, tenta di offrire una ricostruzione delle libertà costituzionali che non si arresti al momento strettamente difensivo della “libertà da”, né riduca le situazioni soggettive “codificate” dalla Carta costituzionale a mere istanze di valore, semplici condizioni di legittimità dell’ordinamento democratico. Le libertà costituzionali sono, piuttosto, “istituzioni” in una duplice accezione: per un verso, sono il risultato delle specifiche scelte di valore degli attori istituzionali, non limitate alla semplice delimitazione dogmatica della situazione soggettiva; per un altro, identificano aspettative sociali di comportamento che, nella prassi, acquistano rilievo giuridico nel momento in cui entrano nell’orbita delle procedure organizzate dell’ordinamento. La declinazione di queste premesse nell’ambito della libertà di espressione porta all’enunciazione della teoria del discorso pubblico: il diritto di manifestare il proprio pensiero non è solo una mera libertà negativa che protegge un bene della persona contro gli sconfinamenti autoritari del potere (pubblico, ma anche privato), né può essere considerata un (impalpabile?) valore che colora in senso pluralista la cornice costituzionale, perciò destinato a rimanere sullo sfondo dei processi di integrazione politica. L’ubi consistam della libertà di espressione è dato, invece, dall’interazione tra l’azione di procedure istituzionalizzate e le pretese di riconoscimento emergenti dalla società. Il risultato di questa interazione è, appunto, il discorso pubblico, uno spazio sociale creato da individui e soggetti privati attraverso la libera partecipazione espressiva, che assume rilievo giuridico grazie all’inveramento istituzionale. Questo “sottosistema di comunicazione” consente una reciproca comprensione politica degli individui e, quindi, la creazione di una particolare comunità (la comunità democratica) che fornisce fondamento sostanziale a un’organizzazione costituzionale retta soprattutto da relazioni di tipo procedurale. La teoria del discorso pubblico sprigiona effetti normativi, richiedendo un inveramento istituzionale orientato alla neutralità – rispetto al tipo di opinione espressa – e all’apertura dei canali di accesso alla sfera discorsiva. La seconda parte del lavoro tenta di descrivere l’attuazione istituzionale del discorso pubblico nell’ordinamento italiano. L’approccio metodologico si arricchisce di una ricostruzione induttiva che, attraverso un’indagine essenzialmente casistica, ne individua i “confini” (esterni) e la “struttura” (interna) definiti dall’opera della giurisdizione. La distinzione tra confini e struttura riflette la diversa posizione istituzionale delle Corti rispetto alla delimitazione operata, in prima battuta, dal legislatore: in una Costituzione rigida, infatti, le scelte legislative sono soggette, dall’esterno, al controllo “arbitrale” della Corte costituzionale, che corregge l’azione legislativa delineando, soprattutto, i margini del discorso pubblico rispetto al potere conformativo della legge; al di sotto dello specchio legislativo si muovono gli “altri” giudici, che risolvono casi concreti attraverso il bilanciamento tra interessi in conflitto riconducibili al discorso pubblico o a “sottosistemi” sociali con esso concorrenti.

La libertà di espressione in azione. Contributo a una teoria costituzionale del discorso pubblico

CARUSO, CORRADO
2013

Abstract

Attraverso l'analisi della giurisprudenza costituzionale sulla libertà di manifestazione di pensiero e di alcuni casi concreti decisi dai giudici ordinari e amministrativi, il volume prova a delineare una teoria costituzionale del discorso pubblico. In particolare, il lavoro si compone di quattro capitoli, idealmente suddivisibili in due parti. La prima, di matrice teorico-generale, tenta di offrire una ricostruzione delle libertà costituzionali che non si arresti al momento strettamente difensivo della “libertà da”, né riduca le situazioni soggettive “codificate” dalla Carta costituzionale a mere istanze di valore, semplici condizioni di legittimità dell’ordinamento democratico. Le libertà costituzionali sono, piuttosto, “istituzioni” in una duplice accezione: per un verso, sono il risultato delle specifiche scelte di valore degli attori istituzionali, non limitate alla semplice delimitazione dogmatica della situazione soggettiva; per un altro, identificano aspettative sociali di comportamento che, nella prassi, acquistano rilievo giuridico nel momento in cui entrano nell’orbita delle procedure organizzate dell’ordinamento. La declinazione di queste premesse nell’ambito della libertà di espressione porta all’enunciazione della teoria del discorso pubblico: il diritto di manifestare il proprio pensiero non è solo una mera libertà negativa che protegge un bene della persona contro gli sconfinamenti autoritari del potere (pubblico, ma anche privato), né può essere considerata un (impalpabile?) valore che colora in senso pluralista la cornice costituzionale, perciò destinato a rimanere sullo sfondo dei processi di integrazione politica. L’ubi consistam della libertà di espressione è dato, invece, dall’interazione tra l’azione di procedure istituzionalizzate e le pretese di riconoscimento emergenti dalla società. Il risultato di questa interazione è, appunto, il discorso pubblico, uno spazio sociale creato da individui e soggetti privati attraverso la libera partecipazione espressiva, che assume rilievo giuridico grazie all’inveramento istituzionale. Questo “sottosistema di comunicazione” consente una reciproca comprensione politica degli individui e, quindi, la creazione di una particolare comunità (la comunità democratica) che fornisce fondamento sostanziale a un’organizzazione costituzionale retta soprattutto da relazioni di tipo procedurale. La teoria del discorso pubblico sprigiona effetti normativi, richiedendo un inveramento istituzionale orientato alla neutralità – rispetto al tipo di opinione espressa – e all’apertura dei canali di accesso alla sfera discorsiva. La seconda parte del lavoro tenta di descrivere l’attuazione istituzionale del discorso pubblico nell’ordinamento italiano. L’approccio metodologico si arricchisce di una ricostruzione induttiva che, attraverso un’indagine essenzialmente casistica, ne individua i “confini” (esterni) e la “struttura” (interna) definiti dall’opera della giurisdizione. La distinzione tra confini e struttura riflette la diversa posizione istituzionale delle Corti rispetto alla delimitazione operata, in prima battuta, dal legislatore: in una Costituzione rigida, infatti, le scelte legislative sono soggette, dall’esterno, al controllo “arbitrale” della Corte costituzionale, che corregge l’azione legislativa delineando, soprattutto, i margini del discorso pubblico rispetto al potere conformativo della legge; al di sotto dello specchio legislativo si muovono gli “altri” giudici, che risolvono casi concreti attraverso il bilanciamento tra interessi in conflitto riconducibili al discorso pubblico o a “sottosistemi” sociali con esso concorrenti.
2013
416
9788873958727
Corrado Caruso
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/190936
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