In un’intervista rilasciata al settimanale tedesco Der Spiegel in agosto, il presidente del consiglio italiano Mario Monti dichiarò: «ogni governo ha il dovere di guidare il proprio parlamento»; «se gli esecutivi seguissero esclusivamente le decisioni dei Parlamenti, la disintegrazione dell’Europa sarebbe più probabile della sua integrazione» . Pur non volendo essere né un invito a limitare la sovranità dei parlamenti nazionali, né una critica, rivolta da un «tecnocrate», ai meccanismi e agli equilibri istituzionali della democrazia parlamentare, quelle dichiarazioni provocarono reazioni risentite da parte della classe politica italiana e tedesca. Nelle parole di Monti, tuttavia, è evidente il riflesso della particolare situazione in cui il parlamento italiano si è trovato nei suoi rapporti con un governo non-partitico. Dopo tutto, Monti era diventato primo ministro proprio per supplire con la competenza tecnica del proprio governo alle carenze evidenziate dalla politica rappresentativa di fronte all’emergenza economico-finanziaria e, dunque, per «guidare» il parlamento verso decisioni difficili . Sul ruolo e sul funzionamento del parlamento italiano nell’anno del governo tecnico osservatori e protagonisti hanno fornito interpretazioni spesso contrastanti. Alcuni hanno parlato di «partiti in quarantena» e di «suicidio» o «digiuno programmato» del parlamento e dei partiti . L’ex-premier Silvio Berlusconi ha lamentato perfino la «sospensione della democrazia», arrivando ad ipotizzare, in caso di vittoria alle elezioni di febbraio 2013, la creazione di una commissione parlamentare d’inchiesta sulla formazione del governo Monti. Per altri, invece, la presenza del governo tecnico non ha impedito al parlamento e ai partiti di restare protagonisti. Visti i poteri di veto detenuti da ognuno dei partiti della maggioranza, al governo Monti è stata attribuita «la più ampia opposizione mai vista» , mentre Giovanni Sartori ha parlato di un «sistema anfibio», in cui l’esecutivo governa in condominio con il parlamento . Quel che è certo è che i partiti sono stati determinanti sia per consentire la nascita del governo Monti, sia per decretarne la fine e ciò è sufficiente per affermare che le relazioni tra il parlamento e l’esecutivo dei tecnici sono state caratterizzate da dinamiche ben più complesse di quanto generalmente osservato da commentatori e analisti.

L’attività del Parlamento nell’anno del governo tecnico

PEDRAZZANI, ANDREA;PINTO, LUCA
2013

Abstract

In un’intervista rilasciata al settimanale tedesco Der Spiegel in agosto, il presidente del consiglio italiano Mario Monti dichiarò: «ogni governo ha il dovere di guidare il proprio parlamento»; «se gli esecutivi seguissero esclusivamente le decisioni dei Parlamenti, la disintegrazione dell’Europa sarebbe più probabile della sua integrazione» . Pur non volendo essere né un invito a limitare la sovranità dei parlamenti nazionali, né una critica, rivolta da un «tecnocrate», ai meccanismi e agli equilibri istituzionali della democrazia parlamentare, quelle dichiarazioni provocarono reazioni risentite da parte della classe politica italiana e tedesca. Nelle parole di Monti, tuttavia, è evidente il riflesso della particolare situazione in cui il parlamento italiano si è trovato nei suoi rapporti con un governo non-partitico. Dopo tutto, Monti era diventato primo ministro proprio per supplire con la competenza tecnica del proprio governo alle carenze evidenziate dalla politica rappresentativa di fronte all’emergenza economico-finanziaria e, dunque, per «guidare» il parlamento verso decisioni difficili . Sul ruolo e sul funzionamento del parlamento italiano nell’anno del governo tecnico osservatori e protagonisti hanno fornito interpretazioni spesso contrastanti. Alcuni hanno parlato di «partiti in quarantena» e di «suicidio» o «digiuno programmato» del parlamento e dei partiti . L’ex-premier Silvio Berlusconi ha lamentato perfino la «sospensione della democrazia», arrivando ad ipotizzare, in caso di vittoria alle elezioni di febbraio 2013, la creazione di una commissione parlamentare d’inchiesta sulla formazione del governo Monti. Per altri, invece, la presenza del governo tecnico non ha impedito al parlamento e ai partiti di restare protagonisti. Visti i poteri di veto detenuti da ognuno dei partiti della maggioranza, al governo Monti è stata attribuita «la più ampia opposizione mai vista» , mentre Giovanni Sartori ha parlato di un «sistema anfibio», in cui l’esecutivo governa in condominio con il parlamento . Quel che è certo è che i partiti sono stati determinanti sia per consentire la nascita del governo Monti, sia per decretarne la fine e ciò è sufficiente per affermare che le relazioni tra il parlamento e l’esecutivo dei tecnici sono state caratterizzate da dinamiche ben più complesse di quanto generalmente osservato da commentatori e analisti.
2013
Politica in Italia. I fatti dell'anno e le interpretazioni. Edizione 2013
161
179
A. Pedrazzani; L. Pinto
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