Partendo da “Do you love me?”, un racconto pubblicato nei tardi anni Settanta del Novecento dall’australiano Peter Carey, ambientato in un mondo immaginario retto dalla tremenda e potentissima casta dei cartografi, l’intervento si propone di esaminare la funzione spesso disorientante che mappe e carte geografiche acquistano nella narrativa postmoderna e postcoloniale. Dall’atlante liquido descritto da Ermanno Cavazzoni nel Poema dei lunatici alla Map of Glass della canadese Jane Urqhuart, proliferano mappe di sostanze incongrue, la cui utilità è messa in discussione dallo stesso materiale di cui sono composte. La volontà ordinatrice e razionalizzante dei cartografi si scontra con la liquidità, la fragilità o la porosità dei materiali utilizzati. Le uniche carte che riescono a mantenere la loro funzione, sino a enfatizzarla paradossalmente, sono quelle che mettono in discussione l’elemento visivo: le mappe tattili per non vedenti confezionate nel romanzo di Urqhuart o la carte geografiche che una delle protagoniste di Alva & Irva dell’inglese Edward Carey si fa tatuare sul corpo, fino a coprirlo interamente, ma che, poi, a sua volta nasconde sotto strati di vestiti. Anche quando vere carte geografiche sono riprodotte in testi apparentemente non narrativi – travelogues, memoirs – la loro funzione documentaristica è messa in discussione attraverso commenti che problematizzano sia la veridicità delle carte sia la natura documentaristica dei testi stessi. E’ questo il caso di due atipici libri di viaggio apparsi a metà degli anni Ottanta: Running in the Family di Michael Ondaatje e The Jaguar Smile di Salman Rushdie. A chiusura del cerchio, si tornerà all’autore da cui si è partiti, Peter Carey, prendendo in considerazione, però, un suo testo del 2010, Parrot and Oliver in America, a dimostrazione di come, a distanza di più di trent’anni, il dialogo con carte geografiche (e cartografi) resti ancora aperto per gli autori postcoloniali.

S. Albertazzi (2013). Perché nessuno ama i cartografi? Le mappe disorientanti della narrativa postmoderna. Macerata : QUODLIBET.

Perché nessuno ama i cartografi? Le mappe disorientanti della narrativa postmoderna

ALBERTAZZI, SILVIA
2013

Abstract

Partendo da “Do you love me?”, un racconto pubblicato nei tardi anni Settanta del Novecento dall’australiano Peter Carey, ambientato in un mondo immaginario retto dalla tremenda e potentissima casta dei cartografi, l’intervento si propone di esaminare la funzione spesso disorientante che mappe e carte geografiche acquistano nella narrativa postmoderna e postcoloniale. Dall’atlante liquido descritto da Ermanno Cavazzoni nel Poema dei lunatici alla Map of Glass della canadese Jane Urqhuart, proliferano mappe di sostanze incongrue, la cui utilità è messa in discussione dallo stesso materiale di cui sono composte. La volontà ordinatrice e razionalizzante dei cartografi si scontra con la liquidità, la fragilità o la porosità dei materiali utilizzati. Le uniche carte che riescono a mantenere la loro funzione, sino a enfatizzarla paradossalmente, sono quelle che mettono in discussione l’elemento visivo: le mappe tattili per non vedenti confezionate nel romanzo di Urqhuart o la carte geografiche che una delle protagoniste di Alva & Irva dell’inglese Edward Carey si fa tatuare sul corpo, fino a coprirlo interamente, ma che, poi, a sua volta nasconde sotto strati di vestiti. Anche quando vere carte geografiche sono riprodotte in testi apparentemente non narrativi – travelogues, memoirs – la loro funzione documentaristica è messa in discussione attraverso commenti che problematizzano sia la veridicità delle carte sia la natura documentaristica dei testi stessi. E’ questo il caso di due atipici libri di viaggio apparsi a metà degli anni Ottanta: Running in the Family di Michael Ondaatje e The Jaguar Smile di Salman Rushdie. A chiusura del cerchio, si tornerà all’autore da cui si è partiti, Peter Carey, prendendo in considerazione, però, un suo testo del 2010, Parrot and Oliver in America, a dimostrazione di come, a distanza di più di trent’anni, il dialogo con carte geografiche (e cartografi) resti ancora aperto per gli autori postcoloniali.
2013
Piani sul mondo. Le mappe nell'immaginazione letteraria
167
180
S. Albertazzi (2013). Perché nessuno ama i cartografi? Le mappe disorientanti della narrativa postmoderna. Macerata : QUODLIBET.
S. Albertazzi
File in questo prodotto:
Eventuali allegati, non sono esposti

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/139026
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact