Né storicamente premoderna né propriamente moderna, ma ormai “transmoderna”, come l’ha definita Berque, la città giapponese, e Tokyo su ogni altra, ha già prefigurato negli scorsi decenni l’evoluzione che sta rendendo ovunque obsolete alcune millenarie categorie dell’urbanistica occidentale: la gerarchia tra centro e periferia, l’articolazione dello spazio urbano in zone funzionali distinte e specializzate, il paradigma della “città ideale” sottratta all’accidentalità del tempo e dello spazio. Tokyo, la città “al cui centro c’è il vuoto” (Barthes), intorno al quale, fin dai tempi di Edo, si è strutturata una multi-città policentrica e reticolare, può essere già classificata come una “metapolis”, inclusa a sua volta in una “Ecumenopolis” globale, dove, sul modello delle reti neurali ed informatiche, si sono infrante tutte le discontinuità che separavano i confini e le identità territoriali. Un processo consapevolmente teorizzato dai “metabolisti” di Kenzō Tange negli anni ’60 del secolo scorso, ma che affonda le sue radici nelle categorie più profonde della sensibilità spaziale giapponese. Ne possiamo cogliere ulteriori riflessi attraverso l’opera letteraria di Nagai Kafū, dove si rivela fino in fondo la “logica del luogo” che fa di Tokyo stessa un racconto, una trama di continue transizioni, una città delle situazioni irriducibile a qualunque forzata unità prospettica.
L. Ricca, F. Lizzani (2012). Tokyo città aperta, capitale del XXI secolo. Ritratto di una città-racconto. IMOLA : Editrice La Mandragora.
Tokyo città aperta, capitale del XXI secolo. Ritratto di una città-racconto
RICCA, LAURA;
2012
Abstract
Né storicamente premoderna né propriamente moderna, ma ormai “transmoderna”, come l’ha definita Berque, la città giapponese, e Tokyo su ogni altra, ha già prefigurato negli scorsi decenni l’evoluzione che sta rendendo ovunque obsolete alcune millenarie categorie dell’urbanistica occidentale: la gerarchia tra centro e periferia, l’articolazione dello spazio urbano in zone funzionali distinte e specializzate, il paradigma della “città ideale” sottratta all’accidentalità del tempo e dello spazio. Tokyo, la città “al cui centro c’è il vuoto” (Barthes), intorno al quale, fin dai tempi di Edo, si è strutturata una multi-città policentrica e reticolare, può essere già classificata come una “metapolis”, inclusa a sua volta in una “Ecumenopolis” globale, dove, sul modello delle reti neurali ed informatiche, si sono infrante tutte le discontinuità che separavano i confini e le identità territoriali. Un processo consapevolmente teorizzato dai “metabolisti” di Kenzō Tange negli anni ’60 del secolo scorso, ma che affonda le sue radici nelle categorie più profonde della sensibilità spaziale giapponese. Ne possiamo cogliere ulteriori riflessi attraverso l’opera letteraria di Nagai Kafū, dove si rivela fino in fondo la “logica del luogo” che fa di Tokyo stessa un racconto, una trama di continue transizioni, una città delle situazioni irriducibile a qualunque forzata unità prospettica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


