Un santo, una città, un monumento. Non è infrequente, nella nostra Italia, assistere a un’integrazione così forte fra tre differenti ma complementari dimensioni di una dinamica storica.Tuttavia, a uno stato così maturo e profondo – stavo per dire così perfetto – la cosa è, se non unica, certo molto rara. Ed è sintomatico (potremmo chiamare in causa qualche altro esempio: ma non più di quattro o cinque in tutta la penisola) che quando questo stretto rapporto si presenta lo scenario sia sempre quello del cosiddetto “medioevo” (ma, a esser più precisi, dei secoli fra XIII e XV) e il protagonista – o anche, al femminile, la protagonista – qualcuno che ha a che fare con gli Ordini mendicanti. Nel caso di Bologna, c’è qualcosa di più: un “quarto elemento”, che richiama la storia e la funzione dell’Ordo Praedicatorum eppure le precede entrambe di un buon secolo o poco meno. È l’università: il celebre Studium forte dalla metà del XII secolo della lungimirante legittimazione del Barbarossa, e quelli (in origine e in linea di principio qualunque convento, perché in ciascuno di essi si studiava teologia) degli studentes in sacra pagina. Non c’è dubbio che il carattere di città degli studi collegasse indissolubilmente Bologna a Parigi: ed è difatti nelle due città che si esercitò la missione dei membri dei due nuovi Ordini mendicanti chiamati a risolvere la crisi della Chiesa del XII-XIII secolo con il loro nuovo, rivoluzionario carattere. Ma Domenico e i domenicani si sarebbero radicati in modo del tutto speciale a Bologna: e qui un elemento di grande rilievo spetta alla lotta contro l’eresia e al rapporto complesso con i movimenti religioso-popolari. Che i predicatori contrastassero gli eterodossi con i due strumenti complementari della predicazione popolare e dell’inquisizione, è cosa nota: ma è importante sottolineare come, se da una parte è certamente vero che Bologna sia stata non già la città di Domenico bensì “una” delle sue città, è dall’altra non meno vero che il culto patronale a lui dedicato, la devozione per i suoi miracoli, il culto delle sue reliquie raggiunsero qui una profondità e un’intensità non toccate altrove. E ciò non è estraneo al carattere appunto universitario della città, all’incontro fra gli studenti e i frati bianco-neri, al fatto che il loro grande protettore universale sia quel Tommaso che di Domenico fu figlio devotissimo. Il fatto che Bologna possedesse già un prestigioso e amatissimo patrono, se da un lato poté costituire materia di occasionale ambiguità e forse disagio, dall’altro si mutò in una specie di devozione diadica risoltasi in un reciproco arricchimento. D’altronde, un elemento forte e rilevante del culto bolognese di Domenico fu la sua tomba: e il prestigio di essa fu senza dubbio, in modo rilevante se non primario, dovuto alla sua straordinaria qualità estetica che ne fa uno dei monumenti più celebri di tutta l’arte medievale cristiana d’Europa. Il volume è l’esito di anni di ricerca condotti sui documenti d’archivio ed è strutturato in tre capitoli. Il primo affronta il tema delle origini e degli sviluppi dell’Ordine dei Frati Predicatori e della loro sede bolognese; il secondo, si sofferma sulla storia dell’immenso patrimonio storico artistico custodito nel complesso domenicano; il terzo, la storia dei pellegrinaggi e delle reliquie in esso conservate con una comparazione con tutti gli inventari dei sacri pegni giunti a noi (dal XIII secolo alla recente collazione realizzata dall’autrice nel 2012).
B. BORGHI (2012). San Domenico. Un patrimonio secolare di arte, fede e cultura. Un patrimonio secolare di arte, fede e cultura A millenary heritage of art, faith and culture. BOLOGNA : Minerva.
San Domenico. Un patrimonio secolare di arte, fede e cultura. Un patrimonio secolare di arte, fede e cultura A millenary heritage of art, faith and culture
BORGHI, BEATRICE
2012
Abstract
Un santo, una città, un monumento. Non è infrequente, nella nostra Italia, assistere a un’integrazione così forte fra tre differenti ma complementari dimensioni di una dinamica storica.Tuttavia, a uno stato così maturo e profondo – stavo per dire così perfetto – la cosa è, se non unica, certo molto rara. Ed è sintomatico (potremmo chiamare in causa qualche altro esempio: ma non più di quattro o cinque in tutta la penisola) che quando questo stretto rapporto si presenta lo scenario sia sempre quello del cosiddetto “medioevo” (ma, a esser più precisi, dei secoli fra XIII e XV) e il protagonista – o anche, al femminile, la protagonista – qualcuno che ha a che fare con gli Ordini mendicanti. Nel caso di Bologna, c’è qualcosa di più: un “quarto elemento”, che richiama la storia e la funzione dell’Ordo Praedicatorum eppure le precede entrambe di un buon secolo o poco meno. È l’università: il celebre Studium forte dalla metà del XII secolo della lungimirante legittimazione del Barbarossa, e quelli (in origine e in linea di principio qualunque convento, perché in ciascuno di essi si studiava teologia) degli studentes in sacra pagina. Non c’è dubbio che il carattere di città degli studi collegasse indissolubilmente Bologna a Parigi: ed è difatti nelle due città che si esercitò la missione dei membri dei due nuovi Ordini mendicanti chiamati a risolvere la crisi della Chiesa del XII-XIII secolo con il loro nuovo, rivoluzionario carattere. Ma Domenico e i domenicani si sarebbero radicati in modo del tutto speciale a Bologna: e qui un elemento di grande rilievo spetta alla lotta contro l’eresia e al rapporto complesso con i movimenti religioso-popolari. Che i predicatori contrastassero gli eterodossi con i due strumenti complementari della predicazione popolare e dell’inquisizione, è cosa nota: ma è importante sottolineare come, se da una parte è certamente vero che Bologna sia stata non già la città di Domenico bensì “una” delle sue città, è dall’altra non meno vero che il culto patronale a lui dedicato, la devozione per i suoi miracoli, il culto delle sue reliquie raggiunsero qui una profondità e un’intensità non toccate altrove. E ciò non è estraneo al carattere appunto universitario della città, all’incontro fra gli studenti e i frati bianco-neri, al fatto che il loro grande protettore universale sia quel Tommaso che di Domenico fu figlio devotissimo. Il fatto che Bologna possedesse già un prestigioso e amatissimo patrono, se da un lato poté costituire materia di occasionale ambiguità e forse disagio, dall’altro si mutò in una specie di devozione diadica risoltasi in un reciproco arricchimento. D’altronde, un elemento forte e rilevante del culto bolognese di Domenico fu la sua tomba: e il prestigio di essa fu senza dubbio, in modo rilevante se non primario, dovuto alla sua straordinaria qualità estetica che ne fa uno dei monumenti più celebri di tutta l’arte medievale cristiana d’Europa. Il volume è l’esito di anni di ricerca condotti sui documenti d’archivio ed è strutturato in tre capitoli. Il primo affronta il tema delle origini e degli sviluppi dell’Ordine dei Frati Predicatori e della loro sede bolognese; il secondo, si sofferma sulla storia dell’immenso patrimonio storico artistico custodito nel complesso domenicano; il terzo, la storia dei pellegrinaggi e delle reliquie in esso conservate con una comparazione con tutti gli inventari dei sacri pegni giunti a noi (dal XIII secolo alla recente collazione realizzata dall’autrice nel 2012).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.