I più recenti processi di policy making in ambito sociale, previdenziale e del lavoro a livello europeo (Ferrera, Giuliani, 2008), sono stati influenzati da orientamenti ideologici e parole-chiave che hanno assunto un crescente peso nell’ agenda setting dei governi. Ci riferiamo in modo particolare alla fortuna riscossa da concetti e termini quali capitale umano e occupabilità, che hanno fornito una base di consenso a idee e interpretazioni dei fenomeni economici e sociali che hanno sostenuto la definizione di dispositivi di intervento calibrati sul paradigma delle politiche di attivazione (Van Berkel, Moller, 2002; Gallie, 2004; Bonvin, Favarque, 2005; Barbier, 2008). Sul piano delle policies sono presenti alcune tendenze fondamentali: innanzitutto è individuato uno stretto legame tra protezione sociale e partecipazione al mercato del lavoro, vincolando la possibilità di accedere a benefici monetari e sussidi, all’impegno nella ricerca attiva del lavoro, secondo il principio “work first”. E’ incentivata l’espansione degli impieghi a basso salario, riducendo il loro carico contributivo e fiscale al fine di favorire l’uscita dalla disoccupazione e dall’assistenza. Ciò comporta una seconda tendenza di policy, vale a dire la messa a punto di programmi finalizzati ad accrescere l’efficienza dei processi di matching tra domanda e offerta di lavoro, aprendo da un lato alla concorrenza tra servizi pubblici e privati, e dall’altro operando una profonda riorganizzazione dei servizi pubblici di assistenza alla ricerca del lavoro. Infine, le politiche pubbliche si caratterizzano per un terzo orientamento: quello relativo alla liberalizzazione delle norme che regolano il mercato del lavoro, prevedendo l’espansione di rapporti di impiego part time e temporanei, rivolti soprattutto a giovani, donne e lavoratori a bassa qualificazione – i cosiddetti outsider del mercato del lavoro – con l’effetto di una notevole riduzione delle protezioni normative e di welfare che obbligano questi soggetti alla necessità di ritrovare un impiego il più presto possibile. Tali provvedimenti mostrano un evidente ripensamento delle forme organizzative, ma anche dei valori e degli scopi del welfare state. Essi promuovono l’affermazione di un vero e proprio paradigm shift a livello internazionale , incarnato per l’appunto dalle politiche di attivazione, che insiste sull’identificazione di un legame tra protezione sociale, politiche del mercato del lavoro e politiche fiscali. E’ proposta una nuova concezione della giustizia sociale che da obiettivi di eguaglianza e sicurezza del reddito, persegue intenti legati all’innalzamento dell’occupazione in contesti economici ad elevata competitività. Si afferma così un nuovo paradigma discorsivo che determina una riconcettualizzazione del rapporto tra lavoro e welfare, ritenendo che le politiche pubbliche debbano organizzare i propri interventi mutando le priorità: da lotta alla disoccupazione a promozione dell’occupabilità; da protezione sociale ad attivazione delle persone per un rapido reinserimento nel mercato del lavoro; da lotta contro povertà e disuguaglianze ad inclusione (nel mercato del lavoro). In altri termini, da welfare a “welfare to work”. La condizione per l’affermazione di una tale interpretazione è la mutata concezione delle modalità di socializzazione dei rischi. Mentre nel welfare moderno il rischio era considerato una caratteristica esterna al soggetto e al di fuori del suo controllo (disoccupazione, infortunio, malattia etc), nella rinnovata versione, i rischi sociali sono internalizzati e il loro fronteggiamento dipende dalle attitudini individuali: ossia il rischio consiste nella impossibilità o nella difficoltà dell’individuo singolo di essere attivato. Nel primo modello, i sistemi fiscali e di protezione sociale si rivolgono alla collettività ed hanno intenti redistributivi; nel secondo sono concepiti come un insieme di incentivi e disincentivi che si preoccupano del comportamento attivo...
Rizza R. (2012). Il “discorso” delle politiche di attivazione e della de-regolazione del mercato del lavoro. BOLOGNA : Odoya.
Il “discorso” delle politiche di attivazione e della de-regolazione del mercato del lavoro
RIZZA, ROBERTO
2012
Abstract
I più recenti processi di policy making in ambito sociale, previdenziale e del lavoro a livello europeo (Ferrera, Giuliani, 2008), sono stati influenzati da orientamenti ideologici e parole-chiave che hanno assunto un crescente peso nell’ agenda setting dei governi. Ci riferiamo in modo particolare alla fortuna riscossa da concetti e termini quali capitale umano e occupabilità, che hanno fornito una base di consenso a idee e interpretazioni dei fenomeni economici e sociali che hanno sostenuto la definizione di dispositivi di intervento calibrati sul paradigma delle politiche di attivazione (Van Berkel, Moller, 2002; Gallie, 2004; Bonvin, Favarque, 2005; Barbier, 2008). Sul piano delle policies sono presenti alcune tendenze fondamentali: innanzitutto è individuato uno stretto legame tra protezione sociale e partecipazione al mercato del lavoro, vincolando la possibilità di accedere a benefici monetari e sussidi, all’impegno nella ricerca attiva del lavoro, secondo il principio “work first”. E’ incentivata l’espansione degli impieghi a basso salario, riducendo il loro carico contributivo e fiscale al fine di favorire l’uscita dalla disoccupazione e dall’assistenza. Ciò comporta una seconda tendenza di policy, vale a dire la messa a punto di programmi finalizzati ad accrescere l’efficienza dei processi di matching tra domanda e offerta di lavoro, aprendo da un lato alla concorrenza tra servizi pubblici e privati, e dall’altro operando una profonda riorganizzazione dei servizi pubblici di assistenza alla ricerca del lavoro. Infine, le politiche pubbliche si caratterizzano per un terzo orientamento: quello relativo alla liberalizzazione delle norme che regolano il mercato del lavoro, prevedendo l’espansione di rapporti di impiego part time e temporanei, rivolti soprattutto a giovani, donne e lavoratori a bassa qualificazione – i cosiddetti outsider del mercato del lavoro – con l’effetto di una notevole riduzione delle protezioni normative e di welfare che obbligano questi soggetti alla necessità di ritrovare un impiego il più presto possibile. Tali provvedimenti mostrano un evidente ripensamento delle forme organizzative, ma anche dei valori e degli scopi del welfare state. Essi promuovono l’affermazione di un vero e proprio paradigm shift a livello internazionale , incarnato per l’appunto dalle politiche di attivazione, che insiste sull’identificazione di un legame tra protezione sociale, politiche del mercato del lavoro e politiche fiscali. E’ proposta una nuova concezione della giustizia sociale che da obiettivi di eguaglianza e sicurezza del reddito, persegue intenti legati all’innalzamento dell’occupazione in contesti economici ad elevata competitività. Si afferma così un nuovo paradigma discorsivo che determina una riconcettualizzazione del rapporto tra lavoro e welfare, ritenendo che le politiche pubbliche debbano organizzare i propri interventi mutando le priorità: da lotta alla disoccupazione a promozione dell’occupabilità; da protezione sociale ad attivazione delle persone per un rapido reinserimento nel mercato del lavoro; da lotta contro povertà e disuguaglianze ad inclusione (nel mercato del lavoro). In altri termini, da welfare a “welfare to work”. La condizione per l’affermazione di una tale interpretazione è la mutata concezione delle modalità di socializzazione dei rischi. Mentre nel welfare moderno il rischio era considerato una caratteristica esterna al soggetto e al di fuori del suo controllo (disoccupazione, infortunio, malattia etc), nella rinnovata versione, i rischi sociali sono internalizzati e il loro fronteggiamento dipende dalle attitudini individuali: ossia il rischio consiste nella impossibilità o nella difficoltà dell’individuo singolo di essere attivato. Nel primo modello, i sistemi fiscali e di protezione sociale si rivolgono alla collettività ed hanno intenti redistributivi; nel secondo sono concepiti come un insieme di incentivi e disincentivi che si preoccupano del comportamento attivo...I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


