Il Citomegalovirus (CMV) è la principale causa di infezione congenita nei paesi sviluppati. L’infezione in utero è conseguenza per lo più di un’infezione materna primaria con un rischio di trasmissione materno-fetale che si attesta intorno al 30-40%, mentre la trasmissione da gravide già sieropositive è riportata solo nello 0.5-2.2% dei casi. Tra i feti che si infettano in utero il 10-15% presenta sintomi alla nascita di varia gravità ( sindromi polivisceritiche con ittero, porpora trombocitopenica, epatosplenomegalia, polmoniti ed encefaliti; ritardo di crescita intrauterino con basso peso alla nascita;.anomalie specie a carico del sistema nervoso centrale) ed importanti sequele neurologiche nella maggior parte di quanti sopravvivono. Inoltre anche il 5-15% dei nati asintomatici non è esente da sequele a distanza consistenti prevalentemente in ritardo mentale e sordità. Poiché nel soggetto immunocompetente l’infezione decorre solitamente in maniera asintomatica, le gravide vengono sottoposte a test di screening, basati sulla ricerca nel siero di immunoglobuline M anti-CMV che tuttavia forniscono spesso risultati imprecisi o di difficile interpretazione. In molti di questi casi, non essendo disponibile una terapia specifica utilizzabile in epoca prenatale per prevenire o contenere le gravose conseguenze dell’infezione acquisita in utero, non è infrequente il ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza. Indagini di laboratorio avanzate di recente introduzione consentono però di chiarire i dubbi dello screening definendo con precisione l’infezione nella gravida e nel feto. Scopo del presente lavoro è quello di valutare se l’esecuzione di indagini diagnostiche di approfondimento, eseguite presso un laboratorio di riferimento, e l’interpretazione dei risultati da parte di medici esperti siano in grado di influenzare la percentuale di interruzioni di gravidanza nelle donne positive alle indagini di screening. METODI E’ stato condotto uno studio di coorte retrospettivo su 1857 gravide sottoposte ad indagini diagnostiche di approfondimento (test di avidità delle IgG anti-CMV, Western Blotting per conferma delle IgM, ricerca del virus e del genoma virale nel liquido amniotico mediante isolamento virale e PCR quantitativa su liquido amniotico) per il riscontro di IgM anti-CMV al test di screening. Le pazienti con follow up pre- e postatale disponibile (1650) sono state suddivise in due gruppi sulla base del risultato delle indagini di approfondimento: gravide ad alto rischio di trasmettere l’infezione al proprio feto ovvero con profilo immunologico indicativo di infezione primaria (gruppo 1) e gravide a basso rischio di trasmissione verticale ovvero con diagnosi di infezione non primaria o pregressa al concepimento (gruppo 2). Sono state calcolate il numero di interruzioni di gravidanza attese e la percentuale di interruzioni di gravidanza evitate, mediante l’equazione di Rothman. Tramite tale equazione è possibile calcolare la percentuale di aborti prevenuta (AP) in base all’esecuzione di test di secondo livello (AP= AT-AE/AT dove AT sono gli aborti totali e AE sono gli aborti eseguiti). Per il confronto tra le proporzioni è stato utilizzato lo z test; si è considerato come significativo un p
G. Simonazzi, B. Guerra, T. Lazzarotto, A. Farina, A. Banfi, C. Puccetti, et al. (2005). IMPATTO DELLE INDAGINI DIAGNOSTICHE DI APPROFONDIMENTO E DEL COUNSELLING SULLA PERCENTUALE DI INTERRUZIONI VOLONTARIE DI GRAVIDANZA NELLE DONNE CON RISCONTRO DI IMMUNOGLOBULINE M ANTI-CITOMEGALOVIRUS AL TEST DI SCREENING. s.l : s.n.
IMPATTO DELLE INDAGINI DIAGNOSTICHE DI APPROFONDIMENTO E DEL COUNSELLING SULLA PERCENTUALE DI INTERRUZIONI VOLONTARIE DI GRAVIDANZA NELLE DONNE CON RISCONTRO DI IMMUNOGLOBULINE M ANTI-CITOMEGALOVIRUS AL TEST DI SCREENING
SIMONAZZI, GIULIANA;GUERRA, BRUNELLA;LAZZAROTTO, TIZIANA;FARINA, ANTONIO;BANFI, ALESSANDRA;PUCCETTI, CHIARA;LANARI, MARCELLO;LANDINI, MARIA PAOLA;RIZZO, NICOLA
2005
Abstract
Il Citomegalovirus (CMV) è la principale causa di infezione congenita nei paesi sviluppati. L’infezione in utero è conseguenza per lo più di un’infezione materna primaria con un rischio di trasmissione materno-fetale che si attesta intorno al 30-40%, mentre la trasmissione da gravide già sieropositive è riportata solo nello 0.5-2.2% dei casi. Tra i feti che si infettano in utero il 10-15% presenta sintomi alla nascita di varia gravità ( sindromi polivisceritiche con ittero, porpora trombocitopenica, epatosplenomegalia, polmoniti ed encefaliti; ritardo di crescita intrauterino con basso peso alla nascita;.anomalie specie a carico del sistema nervoso centrale) ed importanti sequele neurologiche nella maggior parte di quanti sopravvivono. Inoltre anche il 5-15% dei nati asintomatici non è esente da sequele a distanza consistenti prevalentemente in ritardo mentale e sordità. Poiché nel soggetto immunocompetente l’infezione decorre solitamente in maniera asintomatica, le gravide vengono sottoposte a test di screening, basati sulla ricerca nel siero di immunoglobuline M anti-CMV che tuttavia forniscono spesso risultati imprecisi o di difficile interpretazione. In molti di questi casi, non essendo disponibile una terapia specifica utilizzabile in epoca prenatale per prevenire o contenere le gravose conseguenze dell’infezione acquisita in utero, non è infrequente il ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza. Indagini di laboratorio avanzate di recente introduzione consentono però di chiarire i dubbi dello screening definendo con precisione l’infezione nella gravida e nel feto. Scopo del presente lavoro è quello di valutare se l’esecuzione di indagini diagnostiche di approfondimento, eseguite presso un laboratorio di riferimento, e l’interpretazione dei risultati da parte di medici esperti siano in grado di influenzare la percentuale di interruzioni di gravidanza nelle donne positive alle indagini di screening. METODI E’ stato condotto uno studio di coorte retrospettivo su 1857 gravide sottoposte ad indagini diagnostiche di approfondimento (test di avidità delle IgG anti-CMV, Western Blotting per conferma delle IgM, ricerca del virus e del genoma virale nel liquido amniotico mediante isolamento virale e PCR quantitativa su liquido amniotico) per il riscontro di IgM anti-CMV al test di screening. Le pazienti con follow up pre- e postatale disponibile (1650) sono state suddivise in due gruppi sulla base del risultato delle indagini di approfondimento: gravide ad alto rischio di trasmettere l’infezione al proprio feto ovvero con profilo immunologico indicativo di infezione primaria (gruppo 1) e gravide a basso rischio di trasmissione verticale ovvero con diagnosi di infezione non primaria o pregressa al concepimento (gruppo 2). Sono state calcolate il numero di interruzioni di gravidanza attese e la percentuale di interruzioni di gravidanza evitate, mediante l’equazione di Rothman. Tramite tale equazione è possibile calcolare la percentuale di aborti prevenuta (AP) in base all’esecuzione di test di secondo livello (AP= AT-AE/AT dove AT sono gli aborti totali e AE sono gli aborti eseguiti). Per il confronto tra le proporzioni è stato utilizzato lo z test; si è considerato come significativo un pI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.