Le sette fashion mass icons indagate in questo volume sembrano esemplificare alcuni punti chiave dell’estetica del Modernismo e insieme le prime attestazioni vestimentarie o comportamentali di idee della moda che ancor oggi tornano ciclicamente. L’icona e Cléo de Mérode, la ballerina francese che sperimenta in modo aurorale cosa significa essere uno stereotipo visivo popolare di massa imprigionato in un cliché da riprodurre come merce. La poesia e Charles Baudelaire, l’interprete speciale della monocromia luttuosa del nero, il soggetto tra i più celebri dell’obiettivo fotografico dell’amico Nadar che sfida il pubblico futuro indossando tragiche maschere ironiche. La danza e Vaslav Nijinsky, l’angelo volante dei Balletti Russi immortalato da sir Adolph De Meyer nella sua tuta da fauno, un condensato esplosivo di trasgressione erotica ed esotica, il sogno dell’evasione proibita e della diversità sensuale che si fa album e manifesto pubblicitario. Il post-colonialismo e Nancy Cunard, la scrittrice ribelle e anticonformista che porta nell’arte e nella vita il credo dei negrophiles, e che per imporlo e solidificarlo anche visivamente si fa fotografare da Man Ray con i bracciali-feticcio africani che le ricoprono le lunghe e magre braccia. Il gender-crossing di Annemarie Schwarzenbach, la piccola svizzera che tramite la fotografia di reportage cerca un posto nel mondo, ma che sa anche usare la fotografia per concedersi in immagini indimenticabilmente chic, finalizzate alla costruzione di un’identità non convenzionale e alla diffusione di un abbigliamento androgino che è una dichiarazione e una scelta di genere. Il conformismo e d’Annunzio, lo scrittore e poeta che combatte con versi e imprese la mediocrità borghese e la banalità del normale, che crea vesti magiche e immaginifiche per le sue ospiti notturne, ma che nel suo personale guardaroba del Vittoriale non rinuncia all’eleganza snob dettata dalla moda delle élite cui vuole appartenere, paradossale perché insopprimibile necessità, per il cantore del monito all’audere semper, di omologarsi ai cliché dello stile del potere.
F. Muzzarelli (2013). Moderne icone di moda. La costruzione fotografica del mito. Torino : EINAUDI.
Moderne icone di moda. La costruzione fotografica del mito
MUZZARELLI, FEDERICA
2013
Abstract
Le sette fashion mass icons indagate in questo volume sembrano esemplificare alcuni punti chiave dell’estetica del Modernismo e insieme le prime attestazioni vestimentarie o comportamentali di idee della moda che ancor oggi tornano ciclicamente. L’icona e Cléo de Mérode, la ballerina francese che sperimenta in modo aurorale cosa significa essere uno stereotipo visivo popolare di massa imprigionato in un cliché da riprodurre come merce. La poesia e Charles Baudelaire, l’interprete speciale della monocromia luttuosa del nero, il soggetto tra i più celebri dell’obiettivo fotografico dell’amico Nadar che sfida il pubblico futuro indossando tragiche maschere ironiche. La danza e Vaslav Nijinsky, l’angelo volante dei Balletti Russi immortalato da sir Adolph De Meyer nella sua tuta da fauno, un condensato esplosivo di trasgressione erotica ed esotica, il sogno dell’evasione proibita e della diversità sensuale che si fa album e manifesto pubblicitario. Il post-colonialismo e Nancy Cunard, la scrittrice ribelle e anticonformista che porta nell’arte e nella vita il credo dei negrophiles, e che per imporlo e solidificarlo anche visivamente si fa fotografare da Man Ray con i bracciali-feticcio africani che le ricoprono le lunghe e magre braccia. Il gender-crossing di Annemarie Schwarzenbach, la piccola svizzera che tramite la fotografia di reportage cerca un posto nel mondo, ma che sa anche usare la fotografia per concedersi in immagini indimenticabilmente chic, finalizzate alla costruzione di un’identità non convenzionale e alla diffusione di un abbigliamento androgino che è una dichiarazione e una scelta di genere. Il conformismo e d’Annunzio, lo scrittore e poeta che combatte con versi e imprese la mediocrità borghese e la banalità del normale, che crea vesti magiche e immaginifiche per le sue ospiti notturne, ma che nel suo personale guardaroba del Vittoriale non rinuncia all’eleganza snob dettata dalla moda delle élite cui vuole appartenere, paradossale perché insopprimibile necessità, per il cantore del monito all’audere semper, di omologarsi ai cliché dello stile del potere.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.