Il problema economico ha accompagnato la storia della civiltà sin da epoche remote. Allora, e tuttora in parte nei paesi in via di sviluppo, era rappresentato dal binomio risorse limitate e bisogni illimitati da soddisfare. Grazie alla produzione in serie e a prezzi più contenuti e, contestualmente, all’utilizzo della moneta come merce di scambio (e comune denominatore dei valori), si è potuto osservare una diversificazione dei bisogni degli individui, con l’aumentare del divario tra risorse a disposizione e bisogni da soddisfare. Inoltre si sono estremizzati comportamenti che oggi, in un diverso contesto culturale, possiamo definire in contrasto con la realizzazione del “bene comune”, con l’etica, quali l’utilizzazione delle risorse e la produzione di beni e servizi senza considerare il danno all’ambiente (per es., l’inquinamento), o senza considerare gli effetti sulla società (per es., lo sfruttamento del lavoro minorile). In sostanza, il problema economico consiste nella capacità di soddisfare i bisogni degli individui producendo beni e servizi che siano considerati i più soddisfacenti rispetto alle risorse disponibili, che per definizione sono limitate, trovando nelle aziende il principale strumento per soddisfarlo. Le aziende utilizzano infatti beni, o risorse/mezzi, che sono definiti “economici”, in quanto limitati e producono i beni e i servizi necessari per soddisfare i bisogni degli individui. “In questa capacità di soddisfare i bisogni degli individui e dunque di dare concreta soluzione al problema economico, è da riconoscere la finalità sociale dell’azienda, in quanto istituzione”. Nell’azienda, in particolare tramite il processo di acquisto-trasformazione-vendita e collocamento, i beni utilizzati perdono la loro utilità. Si può pertanto parlare di utilità consumata, poiché tale utilità non potrà più essere utilizzata nell’ambito di altri processi aziendali. A tale perdita si contrappone l’utilità resa disponibile attraverso la produzione di nuovi beni e/o di servizi. Il fine di tutte le aziende è pertanto quello di creare utilità attraverso lo svolgimento della loro attività, che è economica, poiché impiega beni scarsi. Ad esempio, in un’azienda industriale si consumano diverse tipologie di beni o servizi (beni a fecondità semplice e beni a fecondità ripetuta), che così perdono le loro rispettive utilità, quali il lavoro delle persone, i materiali impiegati, i servizi acquisiti dall’esterno. D’altra parte si producono però nuovi beni e servizi, che hanno una loro specifica utilità, ad essi riconosciuta dal mercato, attraverso il meccanismo della formazione dei prezzi, superiore (come dovrebbe essere) a quella consumata. Anche in una cooperativa si riproduce lo schema appena richiamato, in questo caso l’utilità consegue anche dalla “soddisfazione” ricavata dai produttori attraverso la cessione delle materie prime che loro stessi hanno prodotto, o dai lavoratori, attraverso le loro prestazioni, o dai consumatori attraverso i processi di acquisto ai quali partecipano. In una cooperativa sociale, invece, l’utilità relativa ai servizi prodotti viene direttamente percepita dagli utilizzatori, espressi da collettività predeterminate, molto spesso non solamente sulla base del prezzo pagato. In una pubblica amministrazione il più delle volte non vi è alcuna formazione dei prezzi all’interno di un mercato dei servizi prodotti e l’utilità è direttamente percepita dai cittadini utenti dei servizi rivolti alla soddisfazione dei bisogna della cittadinanza. La creazione di utilità nel lungo termine, che rappresenta la finalità per l’azienda, pur nell’ambito della eterogeneità del fenomeno aziendale, deve però essere considerata, secondo una concezione evoluta, che consegue da un’aggiornata concezione istituzionale che vede l’azienda come cellula della società civile, nel rispetto dell’etica, dei valori sociali e più in generale dello sviluppo sostenibile (SS).

F. Farneti (2012). IL FINALISMO AZIENDALE LETTO ATTRAVERSO L'IMPERATIVO DELLO SVILUPPO SOTENIBILE. PADOVA : CEDAM.

IL FINALISMO AZIENDALE LETTO ATTRAVERSO L'IMPERATIVO DELLO SVILUPPO SOTENIBILE

FARNETI, FEDERICA
2012

Abstract

Il problema economico ha accompagnato la storia della civiltà sin da epoche remote. Allora, e tuttora in parte nei paesi in via di sviluppo, era rappresentato dal binomio risorse limitate e bisogni illimitati da soddisfare. Grazie alla produzione in serie e a prezzi più contenuti e, contestualmente, all’utilizzo della moneta come merce di scambio (e comune denominatore dei valori), si è potuto osservare una diversificazione dei bisogni degli individui, con l’aumentare del divario tra risorse a disposizione e bisogni da soddisfare. Inoltre si sono estremizzati comportamenti che oggi, in un diverso contesto culturale, possiamo definire in contrasto con la realizzazione del “bene comune”, con l’etica, quali l’utilizzazione delle risorse e la produzione di beni e servizi senza considerare il danno all’ambiente (per es., l’inquinamento), o senza considerare gli effetti sulla società (per es., lo sfruttamento del lavoro minorile). In sostanza, il problema economico consiste nella capacità di soddisfare i bisogni degli individui producendo beni e servizi che siano considerati i più soddisfacenti rispetto alle risorse disponibili, che per definizione sono limitate, trovando nelle aziende il principale strumento per soddisfarlo. Le aziende utilizzano infatti beni, o risorse/mezzi, che sono definiti “economici”, in quanto limitati e producono i beni e i servizi necessari per soddisfare i bisogni degli individui. “In questa capacità di soddisfare i bisogni degli individui e dunque di dare concreta soluzione al problema economico, è da riconoscere la finalità sociale dell’azienda, in quanto istituzione”. Nell’azienda, in particolare tramite il processo di acquisto-trasformazione-vendita e collocamento, i beni utilizzati perdono la loro utilità. Si può pertanto parlare di utilità consumata, poiché tale utilità non potrà più essere utilizzata nell’ambito di altri processi aziendali. A tale perdita si contrappone l’utilità resa disponibile attraverso la produzione di nuovi beni e/o di servizi. Il fine di tutte le aziende è pertanto quello di creare utilità attraverso lo svolgimento della loro attività, che è economica, poiché impiega beni scarsi. Ad esempio, in un’azienda industriale si consumano diverse tipologie di beni o servizi (beni a fecondità semplice e beni a fecondità ripetuta), che così perdono le loro rispettive utilità, quali il lavoro delle persone, i materiali impiegati, i servizi acquisiti dall’esterno. D’altra parte si producono però nuovi beni e servizi, che hanno una loro specifica utilità, ad essi riconosciuta dal mercato, attraverso il meccanismo della formazione dei prezzi, superiore (come dovrebbe essere) a quella consumata. Anche in una cooperativa si riproduce lo schema appena richiamato, in questo caso l’utilità consegue anche dalla “soddisfazione” ricavata dai produttori attraverso la cessione delle materie prime che loro stessi hanno prodotto, o dai lavoratori, attraverso le loro prestazioni, o dai consumatori attraverso i processi di acquisto ai quali partecipano. In una cooperativa sociale, invece, l’utilità relativa ai servizi prodotti viene direttamente percepita dagli utilizzatori, espressi da collettività predeterminate, molto spesso non solamente sulla base del prezzo pagato. In una pubblica amministrazione il più delle volte non vi è alcuna formazione dei prezzi all’interno di un mercato dei servizi prodotti e l’utilità è direttamente percepita dai cittadini utenti dei servizi rivolti alla soddisfazione dei bisogna della cittadinanza. La creazione di utilità nel lungo termine, che rappresenta la finalità per l’azienda, pur nell’ambito della eterogeneità del fenomeno aziendale, deve però essere considerata, secondo una concezione evoluta, che consegue da un’aggiornata concezione istituzionale che vede l’azienda come cellula della società civile, nel rispetto dell’etica, dei valori sociali e più in generale dello sviluppo sostenibile (SS).
2012
Studi di diritto dell'economia e dell'impresa in memoria di Antonio Cicognani
187
200
F. Farneti (2012). IL FINALISMO AZIENDALE LETTO ATTRAVERSO L'IMPERATIVO DELLO SVILUPPO SOTENIBILE. PADOVA : CEDAM.
F. Farneti
File in questo prodotto:
Eventuali allegati, non sono esposti

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/129421
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact