L'auteur affirme que, du concile de Lyon II à celui de Ferrare-Florence, les groupes « anti-unionistes » sont, avec une continuité jamais interrompue, les porte-voix du point de vue authentiquement orthodoxe sur l’union, tandis que leur requête d’un concile œcuménique comporte une inexprimée reconnaissance de l’ecclésialité de la contrepartie latine. Il contributo presenta come un dato già acquisito che, nel periodo compreso tra i due episodi unionistici di Lione e di Ferrara-Firenze, la categoria degli anti-unionisti – nell’ambito della Chiesa greca – è una creazione degli storiografi. In primo luogo in quanto sotto tale denominazione vengono accomunati uomini di Chiesa attivi in momenti diversi e di diversa estrazione, ma soprattutto perché, per la maggior parte, essi non rifiutavano pregiudizialmente una riunificazione con i Latini, ma contestavano le modalità adottate per promuoverla. Li si potrebbe pertanto definire “diversamente unionisti”. Nella prima parte del lavoro (L’ortodossia ecclesiologica) si mette in evidenza la fortissima continuità di pensiero, in una diacronia così estesa, di questi ecclesiastici, che si qualificano come gli autentici portavoce del punto di vista specificamente ortodosso in merito al problema dell’unione delle Chiese. La loro idea di fondo è che porre fine alla divisione tra le Chiese senza risolvere il contenzioso dogmatico (Roma pretendeva infatti prevalentemente una sottomissione giurisdizionale dei Greci al papato, cosiddetta reductio Graecorum), sarebbe un rimedio peggiore del male della divisione, in quanto comporterebbe per la Chiesa greca la perdita dell’integrità dell’ortodossia, il suo valore primario e la sua forza, nella precarietà del contesto geo-politico. Il bene supremo per la comunità dei credenti non è infatti l’unità giuridica, bensì la verità della fede. Per questo, nell’ambito di una concezione tradizionalmente pentarchica dell’autorità dottrinale nella Chiesa, il concilio ecumenico è identificato da questi ecclesiastici greci come l’unico strumento, tradizionale e assolutamente insostituibile, per riunire le Chiese. Nella seconda parte (L’incongruenza dell’Ortodossia) si mette in evidenza come proprio il requisito del concilio, punto fermo della proposta unionistica dei cosiddetti “antiunionisti”, sembra infrangere questa coerenza – comune alla due Chiese nel disconoscimento di ecclesialità alla controparte – e delineare uno scenario in cui il papato viene considerato un partner ecclesiologicamente qualificato, cioè ancora come una parte, sia pure spiritualmente malata, dell’unica grande Chiesa dei sette concili. L’appartenenza alla Chiesa è infatti la condizione previa per la partecipazione ad un legittimo concilio. Due ragioni possono spiegare questa apparente incongruenza. La prima e più immediata potrebbe risiedere nell’assenza di qualsiasi formulazione ufficiale per l’Ortodossia dello statuto eventualmente ereticale dei Latini; la seconda potrebbe consistere nella concezione, tipicamente orientale, del concilio ecumenico come evento carismatico straordinario – in netta antitesi con la prospettiva del conciliarismo occidentale –, per cui l’intrinseca sacralità della dinamica conciliare avrebbe consentito a Dio di illuminare, con lo splendore della verità professata dalla Chiesa d’Oriente, il patriarcato romano renitente. Nella terza parte (Ridurre lo scisma) lo studio osa formulare qualche conclusione propositiva in merito all’oggetto dell’indagine. In particolare, di fronte all’impasse rappresentata dal mancato riconoscimento della reciproca ecclesialità, sarebbe determinante il passaggio da una concezione prevalentemente giuridico-canonica della Chiesa ad una prevalentemente misterica, che consentirebbe di salvaguardare la nota costitutiva dell’unità della Chiesa, riconoscendo al contempo la presenza, appunto “misterica”, nelle due Chiese dell’unica Chiesa confessata nel Simbolo di fede.

L’union vue par les «anti-unionistes». L’orthodoxie ecclésiologique et l’incongruité de l’orthodoxie de Lyon à Ferrare / E. Morini. - STAMPA. - (2013), pp. 13-49.

L’union vue par les «anti-unionistes». L’orthodoxie ecclésiologique et l’incongruité de l’orthodoxie de Lyon à Ferrare

MORINI, ENRICO
2013

Abstract

L'auteur affirme que, du concile de Lyon II à celui de Ferrare-Florence, les groupes « anti-unionistes » sont, avec une continuité jamais interrompue, les porte-voix du point de vue authentiquement orthodoxe sur l’union, tandis que leur requête d’un concile œcuménique comporte une inexprimée reconnaissance de l’ecclésialité de la contrepartie latine. Il contributo presenta come un dato già acquisito che, nel periodo compreso tra i due episodi unionistici di Lione e di Ferrara-Firenze, la categoria degli anti-unionisti – nell’ambito della Chiesa greca – è una creazione degli storiografi. In primo luogo in quanto sotto tale denominazione vengono accomunati uomini di Chiesa attivi in momenti diversi e di diversa estrazione, ma soprattutto perché, per la maggior parte, essi non rifiutavano pregiudizialmente una riunificazione con i Latini, ma contestavano le modalità adottate per promuoverla. Li si potrebbe pertanto definire “diversamente unionisti”. Nella prima parte del lavoro (L’ortodossia ecclesiologica) si mette in evidenza la fortissima continuità di pensiero, in una diacronia così estesa, di questi ecclesiastici, che si qualificano come gli autentici portavoce del punto di vista specificamente ortodosso in merito al problema dell’unione delle Chiese. La loro idea di fondo è che porre fine alla divisione tra le Chiese senza risolvere il contenzioso dogmatico (Roma pretendeva infatti prevalentemente una sottomissione giurisdizionale dei Greci al papato, cosiddetta reductio Graecorum), sarebbe un rimedio peggiore del male della divisione, in quanto comporterebbe per la Chiesa greca la perdita dell’integrità dell’ortodossia, il suo valore primario e la sua forza, nella precarietà del contesto geo-politico. Il bene supremo per la comunità dei credenti non è infatti l’unità giuridica, bensì la verità della fede. Per questo, nell’ambito di una concezione tradizionalmente pentarchica dell’autorità dottrinale nella Chiesa, il concilio ecumenico è identificato da questi ecclesiastici greci come l’unico strumento, tradizionale e assolutamente insostituibile, per riunire le Chiese. Nella seconda parte (L’incongruenza dell’Ortodossia) si mette in evidenza come proprio il requisito del concilio, punto fermo della proposta unionistica dei cosiddetti “antiunionisti”, sembra infrangere questa coerenza – comune alla due Chiese nel disconoscimento di ecclesialità alla controparte – e delineare uno scenario in cui il papato viene considerato un partner ecclesiologicamente qualificato, cioè ancora come una parte, sia pure spiritualmente malata, dell’unica grande Chiesa dei sette concili. L’appartenenza alla Chiesa è infatti la condizione previa per la partecipazione ad un legittimo concilio. Due ragioni possono spiegare questa apparente incongruenza. La prima e più immediata potrebbe risiedere nell’assenza di qualsiasi formulazione ufficiale per l’Ortodossia dello statuto eventualmente ereticale dei Latini; la seconda potrebbe consistere nella concezione, tipicamente orientale, del concilio ecumenico come evento carismatico straordinario – in netta antitesi con la prospettiva del conciliarismo occidentale –, per cui l’intrinseca sacralità della dinamica conciliare avrebbe consentito a Dio di illuminare, con lo splendore della verità professata dalla Chiesa d’Oriente, il patriarcato romano renitente. Nella terza parte (Ridurre lo scisma) lo studio osa formulare qualche conclusione propositiva in merito all’oggetto dell’indagine. In particolare, di fronte all’impasse rappresentata dal mancato riconoscimento della reciproca ecclesialità, sarebbe determinante il passaggio da una concezione prevalentemente giuridico-canonica della Chiesa ad una prevalentemente misterica, che consentirebbe di salvaguardare la nota costitutiva dell’unità della Chiesa, riconoscendo al contempo la presenza, appunto “misterica”, nelle due Chiese dell’unica Chiesa confessata nel Simbolo di fede.
2013
Réduire le schisme? Ecclésiologies et politiques de l’Union entre Orient et Occident (XIIIe-XVIIIe siècles)
13
49
L’union vue par les «anti-unionistes». L’orthodoxie ecclésiologique et l’incongruité de l’orthodoxie de Lyon à Ferrare / E. Morini. - STAMPA. - (2013), pp. 13-49.
E. Morini
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/124943
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