Gli strumenti con i quali il lavoro culturale critico di Bonavita affronta il nodo complesso del razzismo e dell'antisemitismo in letteratura si vanno costruendo entro questo testo all'interno di un panorama critico non ancora definito nell'anno di pubblicazione del volume. Non esisteva, di fatto, una tradizione di studio del «razzismo» italiano. Al pregiudizio antimeridionale ¶era stata dedicata qualche inchiesta sociologica, ma esso non era ancora divenuto oggetto di un’adeguata attenzione storiografica; il razzismo coloniale era stato del tutto dimenticato, anche le pagine più scabrose del ventennio fascista, come i campi di concentramento libici, l’uso dei gas e l’apartheid in Etiopia; l’antisemitismo era considerato alla stregua di un «errore» finale del regime. Pur con alcune importanti eccezioni, i lavori esistenti generalmente non si misuravano a fondo con le prospettive teoriche maturate negli Stati Uniti o in Francia, e neppure con gli studi tedeschi o inglesi. Le stesse tradizioni sociologiche e antropologiche di analisi e interpretazione del razzismo erano poco conosciute e ciò contribuiva a rendere inimmaginabile valersi di suggestioni multiculturali o postcoloniali per leggere la vicenda dell’intellettualità e della cultura italiane. In particolare per quel che riguarda la letteratura, per molti ancora il più nobile fra gli oggetti culturali, cuore della formazione delle élite e dei cittadini, serbatoio dell’identità nazionale, pareva impensabile applicarle strumenti di analisi che ne evidenziassero le compromissioni con i razzismi. Del ridotto interesse della ricerca e del mercato editoriale italiani per il razzismo è testimone la bibliografia del catalogo: per restare ai volumi, i lavori generali sul razzismo erano quelli di Bauman, Jesi, Lewis, Mosse, Poliakov, Taguieff e Todorov; sul caso italiano le opere di riferimento erano opera di De Felice, Del Boca, Gallini, Michaelis e Picciotto Fargion, Pichetto, Sarfatti, Valabrega e Voigt; quanto alla letteratura Bonavita citava Mayer e Mosse, Eco e una raccolta sull’esotismo e, per l’Italia, i lavori di Tomasello, Cavaglion e Isnenghi. Al tempo, in italiano, non si disponeva di molto altro. Per questo il libro può essere considerato un sagnavia, come la postfazione cerca di mostrare, soffermandosi anche sugli sviluppi più recenti del dibattito su questi temi, che negli ultimi anni hanno dato prove sempre più interessanti e numerose.
G. Benvenuti, C. Facchini, M. Nani (2010). Postfazione. BOLOGNA : il mulino.
Postfazione
BENVENUTI, GIULIANA;FACCHINI, CRISTIANA;
2010
Abstract
Gli strumenti con i quali il lavoro culturale critico di Bonavita affronta il nodo complesso del razzismo e dell'antisemitismo in letteratura si vanno costruendo entro questo testo all'interno di un panorama critico non ancora definito nell'anno di pubblicazione del volume. Non esisteva, di fatto, una tradizione di studio del «razzismo» italiano. Al pregiudizio antimeridionale ¶era stata dedicata qualche inchiesta sociologica, ma esso non era ancora divenuto oggetto di un’adeguata attenzione storiografica; il razzismo coloniale era stato del tutto dimenticato, anche le pagine più scabrose del ventennio fascista, come i campi di concentramento libici, l’uso dei gas e l’apartheid in Etiopia; l’antisemitismo era considerato alla stregua di un «errore» finale del regime. Pur con alcune importanti eccezioni, i lavori esistenti generalmente non si misuravano a fondo con le prospettive teoriche maturate negli Stati Uniti o in Francia, e neppure con gli studi tedeschi o inglesi. Le stesse tradizioni sociologiche e antropologiche di analisi e interpretazione del razzismo erano poco conosciute e ciò contribuiva a rendere inimmaginabile valersi di suggestioni multiculturali o postcoloniali per leggere la vicenda dell’intellettualità e della cultura italiane. In particolare per quel che riguarda la letteratura, per molti ancora il più nobile fra gli oggetti culturali, cuore della formazione delle élite e dei cittadini, serbatoio dell’identità nazionale, pareva impensabile applicarle strumenti di analisi che ne evidenziassero le compromissioni con i razzismi. Del ridotto interesse della ricerca e del mercato editoriale italiani per il razzismo è testimone la bibliografia del catalogo: per restare ai volumi, i lavori generali sul razzismo erano quelli di Bauman, Jesi, Lewis, Mosse, Poliakov, Taguieff e Todorov; sul caso italiano le opere di riferimento erano opera di De Felice, Del Boca, Gallini, Michaelis e Picciotto Fargion, Pichetto, Sarfatti, Valabrega e Voigt; quanto alla letteratura Bonavita citava Mayer e Mosse, Eco e una raccolta sull’esotismo e, per l’Italia, i lavori di Tomasello, Cavaglion e Isnenghi. Al tempo, in italiano, non si disponeva di molto altro. Per questo il libro può essere considerato un sagnavia, come la postfazione cerca di mostrare, soffermandosi anche sugli sviluppi più recenti del dibattito su questi temi, che negli ultimi anni hanno dato prove sempre più interessanti e numerose.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.