Bologna a metà degli anni Settanta è considerata, in Italia e all’estero, la vetrina del Partito comunista italiano, caratterizzata da un’amministrazione attenta alle scelte sociali e da un diffuso benessere. Nonostante la sua connotazione rosso – comunista, un giudizio diffuso fra diversi studiosi occidentali l’accredita come la città più vivibile del mondo. La città riesce a rimanere complessivamente indenne dall'ondata di vioenza urbana dei primi anni Settanta anche per la minore presenza dello squadrismo neofascista (molto forte invece a Milano) e per la capacità del Pci locale di "controllare" la piazza e i movimenti. Quello che invece sfugge al Pci è il controllo dei movimenti di estrema sinistra di cui Bologna diventa una fucina. L'uccsione dello studente Francesco Lorusso avvenuta per mano di un carabiniere l'11 marzo 1977 nel corso di una manifestazione scatena violenti tumulti urbani che mai si erano visti in città. Non soltanto: questa uccisione fa detonare altre situazioni a Torino e Roma. All'interno dell'autonomia bolognese c'è chi opera per soluzioni violente, di tipo terroristico. Dall'area bolognese escono varie figure di spicco dell'organizzazione terroristica Prima Linea, la seconda per pericolosità e numero di azioni dopo le Brigate rosse. Ancora a fine anni Settanta, vari episodi mostrano che il terrorismo in città gode anche di un consenso sociale dentro ad alcune arer dei movimenti che si evidenzia anche in pubbliche manifestazioni. La fine degli anni Settanta coincide in Italia e a Bologna con un duro attacco del terrorismo rosso alla carta stampata, ai suoi uomini e alle sue istituzioni, con ferimenti alla gambe e uccsioni (i casi più noti sono quelli legati alle uccsioni di Carlo Casalegno, vicedirettore de "La Stampa" e di Walter Tobagi del "Corriere della Sera"
M. Dondi (2013). L’eversione rossa nel contesto nazionale e l'attacco ai giornalisti. BOLOGNA : Pendragon.
L’eversione rossa nel contesto nazionale e l'attacco ai giornalisti
DONDI, MIRCO
2013
Abstract
Bologna a metà degli anni Settanta è considerata, in Italia e all’estero, la vetrina del Partito comunista italiano, caratterizzata da un’amministrazione attenta alle scelte sociali e da un diffuso benessere. Nonostante la sua connotazione rosso – comunista, un giudizio diffuso fra diversi studiosi occidentali l’accredita come la città più vivibile del mondo. La città riesce a rimanere complessivamente indenne dall'ondata di vioenza urbana dei primi anni Settanta anche per la minore presenza dello squadrismo neofascista (molto forte invece a Milano) e per la capacità del Pci locale di "controllare" la piazza e i movimenti. Quello che invece sfugge al Pci è il controllo dei movimenti di estrema sinistra di cui Bologna diventa una fucina. L'uccsione dello studente Francesco Lorusso avvenuta per mano di un carabiniere l'11 marzo 1977 nel corso di una manifestazione scatena violenti tumulti urbani che mai si erano visti in città. Non soltanto: questa uccisione fa detonare altre situazioni a Torino e Roma. All'interno dell'autonomia bolognese c'è chi opera per soluzioni violente, di tipo terroristico. Dall'area bolognese escono varie figure di spicco dell'organizzazione terroristica Prima Linea, la seconda per pericolosità e numero di azioni dopo le Brigate rosse. Ancora a fine anni Settanta, vari episodi mostrano che il terrorismo in città gode anche di un consenso sociale dentro ad alcune arer dei movimenti che si evidenzia anche in pubbliche manifestazioni. La fine degli anni Settanta coincide in Italia e a Bologna con un duro attacco del terrorismo rosso alla carta stampata, ai suoi uomini e alle sue istituzioni, con ferimenti alla gambe e uccsioni (i casi più noti sono quelli legati alle uccsioni di Carlo Casalegno, vicedirettore de "La Stampa" e di Walter Tobagi del "Corriere della Sera"I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


