"I Paradossi per pratticare la prospettiva senza saperla", editi nel 1672 a Bologna, con incisività testimoniano gli intenti didattici del suo ideatore, Giulio Troili, detto Paradosso, ed evidenziano il carattere sia scientifico sia pratico dei suoi insegnamenti. Egli vi ha esemplificato con chiarezza ed efficacia accanto alle regole teoriche le applicazioni e la tolleranza della prospettiva nel campo delle arti. Come già avevano fatto Guidubaldo Bourbon del Monte, umanista e studioso di geometria, matematico e ingegnere, nei suoi Perspectivae libri sex (1600), e Nicola Sabbatini nella sua Pratica di fabbricar scene e machine ne’ teatri (1637), Troili non si è limitato alla sola raffigurazione dei corpi regolari. Si è interessato all’applicazione della prospettiva all’architettura dipinta e alla scenografia teatrale, preoccupandosi di risolvere i problemi procurati dai fenomeni di aberrazione che si manifestano allorché la figurazione esce dal cono ottico ideale dell’osservatore. Ha inteso la prospettiva quale scienza della rappresentazione e ha scrutato il mondo del pensiero e del visibile con gli stessi occhi indagatori. Nel 1653 aveva curato, per i tipi di Giacomo Monti e con dedica a Ercole Marescotti, la riedizione della Prattica del parallelogrammo da disegnare del P. Christophoro Scheiner della Compagnia di Gesù. Vi si spiega il pantografo ideato da Scheiner in Germania nel 1603 per la riproduzione dei disegni secondo varie scale di grandezza e per facilitare il trasferimento su un muro o su una volta della prospettiva di case, logge, figure. Troili, in Paradossi, ha intrecciato un rapporto inscindibile tra ricerca matematica, rappresentazione e comunicazione. Vi ha mostrato la nuova sua “macchina”, il suo prospettografo, un velo nero trasparente applicato a un telaio mobile per disegnare con correttezza prospettica architetture e figure. Lo aiuta nel dialogo fra reale e virtuale, e contribuisce a rendere seducente l’immagine. L’artista ha applicato il suo stratagemma sia alle quinte oblique in diagonale sul palcoscenico dei teatri per abolire le occasioni di disturbo prospettico nelle scene, sia ai passetti graduati trasferiti sul palcoscenico con fondali architettonici, sia al far quadratura suo proprio. Fiducioso nella capacità mimetica della pittura affinata dagli inganni dell’illusionismo, ha esteso la decorazione coordinata di una seconda realtà ricca d’illusorie architetture e delle relative ombre dalle pareti al soffitto, alle volte. Convinto che le arti ottengono dalle scienze matematiche disciplina e regola nelle loro realizzazioni, Troili ci prende per mano nel passaggio da un livello metaforico di ricerca a un livello metalinguistico; lo spazio illusivo, dipinto o in trasformazione scenica, e lo spazio reale tornano a dialogare fra loro per giungere a una descrizione più oggettiva della realtà. Trasferisce nelle sue tavole di quadratura una soda architettura. Ha preso quali modelli gli interventi di Vignola a Bologna e per i Farnese, le opere teoriche dell’architetto e quelle pittoriche di Tibaldi e di Laureti. Sembra conoscere anche le precedenti proposte di Benvenuto Tisi, detto il Garofalo, nel Seminario della vicina Ferrara, commissionate nel 1519 dalla famiglia parmense dei Sacrati, e quelle di Amico Aspertini per gli Isolani a Minerbio. Queste strutture erano state studiate sin dagli anni ottanta del secolo XVI dai Carracci, discusse con gli allievi della loro Accademia. Dal primo Seicento avevano improntato la didattica di Francesco Brizio e la produzione bolognese di Girolamo Curti, detto il Dentone. L’uno, operando in Palazzo Dall’Armi Marescalchi e aprendo scuola in casa Sampieri, volle «insegnando i principii del disegno, e la prospettiva, far conoscere al mondo quanto più de’ suddetti, e d’ogn’altro i fondamenti dell’arte ei possedesse» . L’altro, maestro al nostro Troili, in città e nelle ville dei Malvasia a Trebbo di Reno, dei Paleotti a San Marino, dei Malvezzi a Bagnarola, era stato l’ani...

Giulio Troili, il Paradosso / M.Pigozzi. - STAMPA. - (2012), pp. 249-260.

Giulio Troili, il Paradosso

PIGOZZI, MARINELLA
2012

Abstract

"I Paradossi per pratticare la prospettiva senza saperla", editi nel 1672 a Bologna, con incisività testimoniano gli intenti didattici del suo ideatore, Giulio Troili, detto Paradosso, ed evidenziano il carattere sia scientifico sia pratico dei suoi insegnamenti. Egli vi ha esemplificato con chiarezza ed efficacia accanto alle regole teoriche le applicazioni e la tolleranza della prospettiva nel campo delle arti. Come già avevano fatto Guidubaldo Bourbon del Monte, umanista e studioso di geometria, matematico e ingegnere, nei suoi Perspectivae libri sex (1600), e Nicola Sabbatini nella sua Pratica di fabbricar scene e machine ne’ teatri (1637), Troili non si è limitato alla sola raffigurazione dei corpi regolari. Si è interessato all’applicazione della prospettiva all’architettura dipinta e alla scenografia teatrale, preoccupandosi di risolvere i problemi procurati dai fenomeni di aberrazione che si manifestano allorché la figurazione esce dal cono ottico ideale dell’osservatore. Ha inteso la prospettiva quale scienza della rappresentazione e ha scrutato il mondo del pensiero e del visibile con gli stessi occhi indagatori. Nel 1653 aveva curato, per i tipi di Giacomo Monti e con dedica a Ercole Marescotti, la riedizione della Prattica del parallelogrammo da disegnare del P. Christophoro Scheiner della Compagnia di Gesù. Vi si spiega il pantografo ideato da Scheiner in Germania nel 1603 per la riproduzione dei disegni secondo varie scale di grandezza e per facilitare il trasferimento su un muro o su una volta della prospettiva di case, logge, figure. Troili, in Paradossi, ha intrecciato un rapporto inscindibile tra ricerca matematica, rappresentazione e comunicazione. Vi ha mostrato la nuova sua “macchina”, il suo prospettografo, un velo nero trasparente applicato a un telaio mobile per disegnare con correttezza prospettica architetture e figure. Lo aiuta nel dialogo fra reale e virtuale, e contribuisce a rendere seducente l’immagine. L’artista ha applicato il suo stratagemma sia alle quinte oblique in diagonale sul palcoscenico dei teatri per abolire le occasioni di disturbo prospettico nelle scene, sia ai passetti graduati trasferiti sul palcoscenico con fondali architettonici, sia al far quadratura suo proprio. Fiducioso nella capacità mimetica della pittura affinata dagli inganni dell’illusionismo, ha esteso la decorazione coordinata di una seconda realtà ricca d’illusorie architetture e delle relative ombre dalle pareti al soffitto, alle volte. Convinto che le arti ottengono dalle scienze matematiche disciplina e regola nelle loro realizzazioni, Troili ci prende per mano nel passaggio da un livello metaforico di ricerca a un livello metalinguistico; lo spazio illusivo, dipinto o in trasformazione scenica, e lo spazio reale tornano a dialogare fra loro per giungere a una descrizione più oggettiva della realtà. Trasferisce nelle sue tavole di quadratura una soda architettura. Ha preso quali modelli gli interventi di Vignola a Bologna e per i Farnese, le opere teoriche dell’architetto e quelle pittoriche di Tibaldi e di Laureti. Sembra conoscere anche le precedenti proposte di Benvenuto Tisi, detto il Garofalo, nel Seminario della vicina Ferrara, commissionate nel 1519 dalla famiglia parmense dei Sacrati, e quelle di Amico Aspertini per gli Isolani a Minerbio. Queste strutture erano state studiate sin dagli anni ottanta del secolo XVI dai Carracci, discusse con gli allievi della loro Accademia. Dal primo Seicento avevano improntato la didattica di Francesco Brizio e la produzione bolognese di Girolamo Curti, detto il Dentone. L’uno, operando in Palazzo Dall’Armi Marescalchi e aprendo scuola in casa Sampieri, volle «insegnando i principii del disegno, e la prospettiva, far conoscere al mondo quanto più de’ suddetti, e d’ogn’altro i fondamenti dell’arte ei possedesse» . L’altro, maestro al nostro Troili, in città e nelle ville dei Malvasia a Trebbo di Reno, dei Paleotti a San Marino, dei Malvezzi a Bagnarola, era stato l’ani...
2012
Mosaico. Temi e metodi d'arte e critica per Gianni Carlo Sciolla
249
260
Giulio Troili, il Paradosso / M.Pigozzi. - STAMPA. - (2012), pp. 249-260.
M.Pigozzi
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