Il saggio indaga sulle ragioni e i modi dell’eccezionale revival della favola di Psiche di Apuleio nei decenni fra Sette e Ottocento. Sebbene la sua fortuna secolare renda manifesta la singolare capacità del testo di intercettare gusto e ‘bisogni’ di epoche molto lontane fra loro, il contributo aspira a definire la specificità dell’interesse cresciuto nell’arte europea (in particolare francese e italiana) in questo periodo. Un percorso attraverso alcune opere chiave fa emergere l’importanza dell’ispirazione derivata da un testo seicentesco, forse inaspettato: Les amours de Cupidon et de Psyché di Jean de la Fontaine (1669), la cui sensibilità nel rinnovare la narrazione apuleiana arricchendola di accenti sentimentali e di nuovi episodi trova riscontri precisi nell’interpretazione della vicenda in immagine. La ricezione del testo di La Fontaine si riscontra precocemente in un importante ciclo di arazzi tessuti per Luigi XV dalla manifattura di Beauvais su disegno di Boucher, e poi matura ed emerge pienamente nell’ottavo e nono decennio del secolo. Allo studio di alcune opere (letterarie: le successive nuove edizioni – sovente di pregio e illustrate da incisioni – dei romanzi di La Fontaine e di Apuleio) e artistiche (dipinti di Jacques-Louis David, François Gérard; sculture di Augustin Pajou e di Canova) si accompagna la riflessione sulla sensibilità filosofica ed estetica emersa durante il XVIII secolo, che ha al proprio centro la figura di Winckelmann e la sua riflessione sull’allegoria, concetto fondamentale per lo studioso e per le arti. Un concetto che viene ripreso, sebbene in termini diversi, anche da Goethe, e mette in rilievo la nuova importanza riconosciuta all’artista, al suo pensiero e alla sua attività intellettuale.

La ripresa del mito in età neoclassica e romantica

CAVICCHIOLI, SONIA
2012

Abstract

Il saggio indaga sulle ragioni e i modi dell’eccezionale revival della favola di Psiche di Apuleio nei decenni fra Sette e Ottocento. Sebbene la sua fortuna secolare renda manifesta la singolare capacità del testo di intercettare gusto e ‘bisogni’ di epoche molto lontane fra loro, il contributo aspira a definire la specificità dell’interesse cresciuto nell’arte europea (in particolare francese e italiana) in questo periodo. Un percorso attraverso alcune opere chiave fa emergere l’importanza dell’ispirazione derivata da un testo seicentesco, forse inaspettato: Les amours de Cupidon et de Psyché di Jean de la Fontaine (1669), la cui sensibilità nel rinnovare la narrazione apuleiana arricchendola di accenti sentimentali e di nuovi episodi trova riscontri precisi nell’interpretazione della vicenda in immagine. La ricezione del testo di La Fontaine si riscontra precocemente in un importante ciclo di arazzi tessuti per Luigi XV dalla manifattura di Beauvais su disegno di Boucher, e poi matura ed emerge pienamente nell’ottavo e nono decennio del secolo. Allo studio di alcune opere (letterarie: le successive nuove edizioni – sovente di pregio e illustrate da incisioni – dei romanzi di La Fontaine e di Apuleio) e artistiche (dipinti di Jacques-Louis David, François Gérard; sculture di Augustin Pajou e di Canova) si accompagna la riflessione sulla sensibilità filosofica ed estetica emersa durante il XVIII secolo, che ha al proprio centro la figura di Winckelmann e la sua riflessione sull’allegoria, concetto fondamentale per lo studioso e per le arti. Un concetto che viene ripreso, sebbene in termini diversi, anche da Goethe, e mette in rilievo la nuova importanza riconosciuta all’artista, al suo pensiero e alla sua attività intellettuale.
2012
La favola di Amore e Psiche. Il mito nell'arte dall'antichità a Canova
97
106
S. Cavicchioli
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