Un racconto per parole e per immagini. Il pellegrinaggio, tema tuttora caratterizzante il Giubileo, oltre che devozionale peregrinatio poenitentialis, può essere percorso di conoscenza, può sollecitare noi peregrini, cittadini dei cieli stranieri su questa terra, alla osservazione degli aspetti geografici, naturalistici, artistici, ci immette in tradizioni e abitudini sociali diverse. Talvolta la singolarità di alcune esperienze supplisce alla limitatezza culturale degli ambienti frequentati in patria e allora il viaggio non è solo il distacco momentaneo dalla vita quotidiana, è in realtà una evasione. E’ accaduto che gli artisti stessi abbiano scritto delle loro esperienze di viaggio, esperienze reali o metaforiche affidate alla letteratura e al disegno con pari consapevolezza. Alla fine del secolo XVI si potevano contare ormai numerosi i tentativi di informazione e di aggiornamento culturale, oltre che tecnico e scientifico, compiuti dagli interpreti della figurazione con sempre maggior energia nel corso dell’intero Rinascimento per la nobilitazione della loro attività, per separarsi sia dalla qualifica di artigiani, sia dal ruolo di cortigiani. Non possiamo eludere due realtà: che nel corso del Seicento scrivere ha rappresentato una forte tentazione per chiunque fosse in grado di farlo; che invece diminuisce il numero degli artisti scrittori d’arte. Però coloro che ricorrono alla scrittura si rivelano informati dei risvolti giuridici della loro attività, attenti alle risultanze economiche e talora con capacità imprenditoriali, culturalmente aggiornati, consapevolmente interpreti dell’arte come linguaggio . Non è difficile trasportare queste ultime constatazioni nella Bologna dei primi anni del Seicento. La città è animata dalle esperienze scientifiche dello Studio, dalle testimonianze pittoriche dei Carracci, da una economia mercantile non più effervescente ma ancora dinamica e vogliosa di rappresentatività. Francesco Cavazzoni, scrittore e pittore orgoglioso di dichiararsi bolognese, nel rivolgere il suo Trattato del santo viaggio a Gierusalemme al giovane Roderico Pepoli e ai devoti lettori suoi amici, oltre che di consapevolezza letteraria, dà prova di una captatio benevolentiae tuttaltro che occasionale o eccezionale. Ai Pepoli, e a Roderico in particolare lo legava una consuetudine letteraria più che decennale. La possiamo provare con testimonianze sicure dal 1603, allorché in Pitture e sculture, la sua ricognizione delle testimonianze d’arte cittadina, egli rivolge la sua dedica a Romeo Pepoli, fratello maggiore di Roderico e a questi rivolge nel 1612 l’Essemplario della nobile arte del dissegno per quelli che si dilettano delle virtù.

Trattato del santo viaggio di Gierusalemme, 2000 / M.Pigozzi. - STAMPA. - (2004), pp. 1-251.

Trattato del santo viaggio di Gierusalemme, 2000

PIGOZZI, MARINELLA
2004

Abstract

Un racconto per parole e per immagini. Il pellegrinaggio, tema tuttora caratterizzante il Giubileo, oltre che devozionale peregrinatio poenitentialis, può essere percorso di conoscenza, può sollecitare noi peregrini, cittadini dei cieli stranieri su questa terra, alla osservazione degli aspetti geografici, naturalistici, artistici, ci immette in tradizioni e abitudini sociali diverse. Talvolta la singolarità di alcune esperienze supplisce alla limitatezza culturale degli ambienti frequentati in patria e allora il viaggio non è solo il distacco momentaneo dalla vita quotidiana, è in realtà una evasione. E’ accaduto che gli artisti stessi abbiano scritto delle loro esperienze di viaggio, esperienze reali o metaforiche affidate alla letteratura e al disegno con pari consapevolezza. Alla fine del secolo XVI si potevano contare ormai numerosi i tentativi di informazione e di aggiornamento culturale, oltre che tecnico e scientifico, compiuti dagli interpreti della figurazione con sempre maggior energia nel corso dell’intero Rinascimento per la nobilitazione della loro attività, per separarsi sia dalla qualifica di artigiani, sia dal ruolo di cortigiani. Non possiamo eludere due realtà: che nel corso del Seicento scrivere ha rappresentato una forte tentazione per chiunque fosse in grado di farlo; che invece diminuisce il numero degli artisti scrittori d’arte. Però coloro che ricorrono alla scrittura si rivelano informati dei risvolti giuridici della loro attività, attenti alle risultanze economiche e talora con capacità imprenditoriali, culturalmente aggiornati, consapevolmente interpreti dell’arte come linguaggio . Non è difficile trasportare queste ultime constatazioni nella Bologna dei primi anni del Seicento. La città è animata dalle esperienze scientifiche dello Studio, dalle testimonianze pittoriche dei Carracci, da una economia mercantile non più effervescente ma ancora dinamica e vogliosa di rappresentatività. Francesco Cavazzoni, scrittore e pittore orgoglioso di dichiararsi bolognese, nel rivolgere il suo Trattato del santo viaggio a Gierusalemme al giovane Roderico Pepoli e ai devoti lettori suoi amici, oltre che di consapevolezza letteraria, dà prova di una captatio benevolentiae tuttaltro che occasionale o eccezionale. Ai Pepoli, e a Roderico in particolare lo legava una consuetudine letteraria più che decennale. La possiamo provare con testimonianze sicure dal 1603, allorché in Pitture e sculture, la sua ricognizione delle testimonianze d’arte cittadina, egli rivolge la sua dedica a Romeo Pepoli, fratello maggiore di Roderico e a questi rivolge nel 1612 l’Essemplario della nobile arte del dissegno per quelli che si dilettano delle virtù.
2004
251
Trattato del santo viaggio di Gierusalemme, 2000 / M.Pigozzi. - STAMPA. - (2004), pp. 1-251.
M.Pigozzi
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