Nella letteratura su Bolzano si è soliti indicare in lui il più grande logi-co nel periodo che va da Leibniz alla metà dell’Ottocento. Tuttavia, Bol-zano non fu solo un logico, né il suo confronto con la tradizione filosofica è limitato alle teorie logiche. Come per ogni grande filosofo, anche per Bolzano il rapporto con la tradizione si configura lungo almeno tre diret-trici: (i) la sua lettura di alcune figure e momenti importanti del passato; (ii) la sua collocazione nella storia della filosofia; (iii) la sua ricezione da parte di quei filosofi che ne hanno raccolto l’eredità o ne hanno sviluppa-to ulteriormente alcune teorie. In questa prospettiva, ci è parso necessario individuare, da una parte, le fonti speculative della filosofia bolzaniana e, dall’altra, i “luoghi notevo-li” del suo pensiero – in particolare riguardo alla logica, alla filosofia del linguaggio, alla metafisica e alla matematica – che hanno maggiormente contribuito a gettare le basi per la riflessione contemporanea in tali ambi-ti. Il rapporto di Bolzano con la tradizione filosofica si segnala così per ciò che egli ha raccolto, trasmesso e rielaborato, fornendo a quelli che defini-remmo suoi topoi – ad esempio, oltre al proposizionalismo, l’impiego di enunciati a carattere metalogico, la distinzione tra deduzione e relazione di fondazione, la ricerca della pura e semplice probabilità in luogo della prova fornita dal sillogismo apodittico, la nozione di funzione proposizio-nale e l’inqua¬dramento matematico-formale della nozione di “infinito in atto” – un minuzioso apparato concettuale, tale da rendere il suo capola-voro, la Wissenschaftslehre (1837), un autentico compendio storico dei concetti della filosofia, rilevante anche per l’apparato di “note” che ac-compagna la trattazione sistematica dei più importanti problemi logici e scientifici, come la verità, il giudizio, la rappresentazione, l’argomenta¬zione e l’espressione. Bolzano viene sovente letto come un antikantiano, un assiomaticista o il padre della filosofia analitica, ma in realtà egli è pienamente immerso nel suo tempo – come risulta anche dall’attenzione che rivolge a filosofie, come quella hegeliana e schellingiana, pur lontane dal suo modo di pensa-re – e accoglie per intero, se non nella tematica quantomeno nella pro-blematica, l’eredità “critica” del kantismo, così come l’interesse, del tutto illuministico, per le diverse forme dell’esperienza conoscitiva. In partico-lare, il centro della sua logica filosofica – forse non il suo aspetto più ori-ginale, ma certamente il più noto – vale a dire quella nozione dell’«in sé» che, con un’attenta indagine semantica, egli estende alle verità, alle rap-presentazioni e alle proposizioni, gli consente, per così dire, di fissare in senso formale la realtà senza ricadere nella mitologia empiristica del “da-to” e, d’altra parte, di mantenersi distante da qualsiasi tentazione di reifi-care le strutture logiche in cui le forme oggettuali trovano espressione, proponendo anzi tali strutture come compagini significative di carattere ideale. L’azzeramento logico-formale della “coscienza” e dell’“essere”, cioè dei due poli entro cui, tradizionalmente, si muoveva l’indagine filoso-fico-metafisica, conduce infatti Bolzano all’apertura di uno spazio seman-tico inedito che, nel riguardare gli “oggetti” ovvero i “contenuti oggettivi” dei segni logici, accoglie – senza peraltro mai riprodurre passivamente – istanze realistiche, innestandole al contempo sul tronco di quel rigore me-todologico che gli proveniva dall’eredità leibniziana. Infine, se – sullo sfondo di una profonda consapevolezza logica e ana-litica – il carattere sincretico e non certo meramente eclettico della filoso-fia bolzaniana permette di contemperare aspetti realistico-aristo¬telici con istanze idealistico-platoniche, così come di conciliare l’impo¬sta¬zione ra-zionalistica leibniziana con conclusioni marcatamente empiriche di deri-vazione lockeana, d’altra parte esso consente anche, proprio attraverso la sua eredità, di porsi al di qua di rigide contrapposizioni come quella tra costruttivismo e formalismo. Il contenuto della proposizione in sé – ossia il nucleo di tutta la teoria logica bolzaniana – è infatti certamente ideale e formale, ma il senso che esso esprime (con un chiaro richiamo al lekton stoico) non può essere inteso altrimenti che attraverso l’operazione dell’as¬serzione, cioè a dire mediante quella particolare attenzione ai fatti dell’espe¬rienza che, nel commercio quotidiano delle parole, consentono di stabilire – in una direzione tutt’altro che formalistica – i limiti del discorso umano sul mondo.

Bernard Bolzano e la tradizione filosofica

BESOLI, STEFANO;GUIDETTI, LUCA;
2011

Abstract

Nella letteratura su Bolzano si è soliti indicare in lui il più grande logi-co nel periodo che va da Leibniz alla metà dell’Ottocento. Tuttavia, Bol-zano non fu solo un logico, né il suo confronto con la tradizione filosofica è limitato alle teorie logiche. Come per ogni grande filosofo, anche per Bolzano il rapporto con la tradizione si configura lungo almeno tre diret-trici: (i) la sua lettura di alcune figure e momenti importanti del passato; (ii) la sua collocazione nella storia della filosofia; (iii) la sua ricezione da parte di quei filosofi che ne hanno raccolto l’eredità o ne hanno sviluppa-to ulteriormente alcune teorie. In questa prospettiva, ci è parso necessario individuare, da una parte, le fonti speculative della filosofia bolzaniana e, dall’altra, i “luoghi notevo-li” del suo pensiero – in particolare riguardo alla logica, alla filosofia del linguaggio, alla metafisica e alla matematica – che hanno maggiormente contribuito a gettare le basi per la riflessione contemporanea in tali ambi-ti. Il rapporto di Bolzano con la tradizione filosofica si segnala così per ciò che egli ha raccolto, trasmesso e rielaborato, fornendo a quelli che defini-remmo suoi topoi – ad esempio, oltre al proposizionalismo, l’impiego di enunciati a carattere metalogico, la distinzione tra deduzione e relazione di fondazione, la ricerca della pura e semplice probabilità in luogo della prova fornita dal sillogismo apodittico, la nozione di funzione proposizio-nale e l’inqua¬dramento matematico-formale della nozione di “infinito in atto” – un minuzioso apparato concettuale, tale da rendere il suo capola-voro, la Wissenschaftslehre (1837), un autentico compendio storico dei concetti della filosofia, rilevante anche per l’apparato di “note” che ac-compagna la trattazione sistematica dei più importanti problemi logici e scientifici, come la verità, il giudizio, la rappresentazione, l’argomenta¬zione e l’espressione. Bolzano viene sovente letto come un antikantiano, un assiomaticista o il padre della filosofia analitica, ma in realtà egli è pienamente immerso nel suo tempo – come risulta anche dall’attenzione che rivolge a filosofie, come quella hegeliana e schellingiana, pur lontane dal suo modo di pensa-re – e accoglie per intero, se non nella tematica quantomeno nella pro-blematica, l’eredità “critica” del kantismo, così come l’interesse, del tutto illuministico, per le diverse forme dell’esperienza conoscitiva. In partico-lare, il centro della sua logica filosofica – forse non il suo aspetto più ori-ginale, ma certamente il più noto – vale a dire quella nozione dell’«in sé» che, con un’attenta indagine semantica, egli estende alle verità, alle rap-presentazioni e alle proposizioni, gli consente, per così dire, di fissare in senso formale la realtà senza ricadere nella mitologia empiristica del “da-to” e, d’altra parte, di mantenersi distante da qualsiasi tentazione di reifi-care le strutture logiche in cui le forme oggettuali trovano espressione, proponendo anzi tali strutture come compagini significative di carattere ideale. L’azzeramento logico-formale della “coscienza” e dell’“essere”, cioè dei due poli entro cui, tradizionalmente, si muoveva l’indagine filoso-fico-metafisica, conduce infatti Bolzano all’apertura di uno spazio seman-tico inedito che, nel riguardare gli “oggetti” ovvero i “contenuti oggettivi” dei segni logici, accoglie – senza peraltro mai riprodurre passivamente – istanze realistiche, innestandole al contempo sul tronco di quel rigore me-todologico che gli proveniva dall’eredità leibniziana. Infine, se – sullo sfondo di una profonda consapevolezza logica e ana-litica – il carattere sincretico e non certo meramente eclettico della filoso-fia bolzaniana permette di contemperare aspetti realistico-aristo¬telici con istanze idealistico-platoniche, così come di conciliare l’impo¬sta¬zione ra-zionalistica leibniziana con conclusioni marcatamente empiriche di deri-vazione lockeana, d’altra parte esso consente anche, proprio attraverso la sua eredità, di porsi al di qua di rigide contrapposizioni come quella tra costruttivismo e formalismo. Il contenuto della proposizione in sé – ossia il nucleo di tutta la teoria logica bolzaniana – è infatti certamente ideale e formale, ma il senso che esso esprime (con un chiaro richiamo al lekton stoico) non può essere inteso altrimenti che attraverso l’operazione dell’as¬serzione, cioè a dire mediante quella particolare attenzione ai fatti dell’espe¬rienza che, nel commercio quotidiano delle parole, consentono di stabilire – in una direzione tutt’altro che formalistica – i limiti del discorso umano sul mondo.
2011
352
9788874624362
S. Besoli; L. Guidetti; V. Raspa
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